Cass. civ., sez. I, sentenza 17/10/2005, n. 20101

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Qualora, tramite un'operazione di giroconto, la somma erogata in via di anticipazione da una banca su un conto corrente di corrispondenza, a fronte della rimessa di effetti salvo buon fine da parte del cliente, venga riaccreditata su altro conto corrente scoperto del medesimo cliente, l'operazione non assume natura puramente contabile, ma funzione satisfattoria, venendo l'accreditamento utilizzato ad estinzione dello scoperto, con la conseguenza che la rimessa è soggetta a revocatoria fallimentare, senza che possa sostenersi, in senso contrario, che l'estinzione del pregresso debito è frutto di lecita compensazione tra i saldi attivi e passivi di più conti - sottratta come tale alla revocatoria - non essendosi al cospetto di una compensazione in senso tecnico giuridico, ma di mera operazione di conguaglio, e non potendo comunque la compensazione avvenire tramite utilizzazione di introiti da anticipazioni bancarie concesse al medesimo debitore, ossia costituendo corrispondente passività su altro conto.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 17/10/2005, n. 20101
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20101
Data del deposito : 17 ottobre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ca mbuto unificato ORIGINALE $ REPUBBLICA ITALIANA 20 10 1/05 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Oggetto FALL MOUNT SEZIONE PRIMA CIVILE

REVOCATORIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: R.G.N. 26947/02Dott. A CO Presidente - Dott. U R P - Consigliere Cron. 20101 - Consigliere Rep. 4362 Dott. M R MI Dott. G M BI - Consigliere Ud.12/07/05 Rel. Consigliere Dott. M C G - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: INTESABCI GESTIONE CREDITI S.P.A., in persona del Funzionario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. .G.

BELLI

39, presso l'avvocato MARCO ANNECCHINO, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente contro persona del CURATELA FALLIMENTO G.D.V. S.R.L., in Curatore Avv. S F, elettivamente

CELIMONTANA

38, presso 2005 domiciliata in ROMA VIA rappresentata e difesa 2949 l'avvocato B P, -1- き dall'avvocato V M, giusta mandato a margine del controricorso; controricorrente avverso la sentenza n. 482/02 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 10/06/02; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/07/2005 dal Consigliere Dott. Maria Cristina GIANCOLA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. V G che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso; assorbiti i restanti. - -2- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza n. 635 dell'11-20/IV/2000, il Tribunale di Trani, in parziale accoglimento della domanda proposta, con atto di citazione notificato il 7/IV/1995, dalla Curatela del Fallimento della società G.D.V. s.r.l., revocava, a norma dell'art. 67, secondo comma, L.F., i pagamenti, per il complessivo importo di £ 305.170.942, pari a £ 414.800.000 in valuta attuale, effettuati (sino al 22/V/1990) nell'anno antecedente il fallimento, dichiarato il 7/V/1991, sul conto corrente bancario n.01.801.00495.45, intrattenuto dalla società fallita con la 1 Caripuglia S.p.A.. Condannava, conseguentemente, la Banca Intesa S.p.A (già Caripuglia S.p.A) a corrispondere alla curatela la suddetta somma rivalutata, maggiorata degli interessi legali a far tempo dal 14/V/1995. س لا Con sentenza del 9/IV-10/VI/2002, la Corte di appello di Bari م accoglieva per quanto di ragione sia l'appello principale proposto dalla Intesa Gestione Crediti S.p.A, in qualità di procuratore di Banca Intesa S.p.A, che l'appello incidentale del Fallimento della G.D.V. s.r.l. e, in riforma della impugnata sentenza del Tribunale di Trani, ± dichiarava inefficaci, sempre a norma dell'art. 67, secondo comma, L.F., i versamenti, a suo tempo eseguiti dalla fallita in favore della Caripuglia S.p.A, per il complessivo importo di £ 367.772.539, pari ad euro 189.938,67;
condannava, quindi, la Banca Intesa S.p.A, quale società incorporante come sopra rappresentata, a pagare alla curatela il suddetto importo (£ 305.170.942+ £ 62.601.597), non rivalutato, con gli interessi legali dal 14/V/1995. La Corte territoriale riteneva, fra l'altro, : 1 - a) - : che infondato fosse il primo motivo dell'appello principale, in quanto era stata in effetti raggiunta in via presuntiva la prova della scientia decoctionis da parte dell'istituto bancario e ciò in ragione dell'andamento del rapporto di conto corrente ancora prima che iniziasse a decorrere il periodo sospetto (avente inizio dal 7/V/1990), poiché in data 26/II/1990 la Caripuglia aveva concesso alla GVD un ulteriore fido di £ 400.000.000, con scadenza al 30/IV/1990, eufemisticamente definito "transitorio", in aggiunta a quello di £ 650.000.000, già in precedenza (ossia il 26/II/1985 per £ 550.000.000 ed il 27/XII/1988 aumentato di £ 100.000.000) accordato, e ciò pure se l'impresa da diverso tempo fosse esposta per quasi il doppio, il che appariva oggettivamente indicativo della piena consapevolezza da parte della banca che la società già da tale epoca non era in grado di fare fronte alla sua notevole esposizione, confermata dalla proroga fino a data non meglio precisata, intervenuta il 3 maggio 1990, dell'aumento del limite del fido, scaduto il 30/IV/1990, di nuovo espressiva del carattere ormai irreversibile della difficoltà in cui versava l'impresa e della sua incapacità di ricostituire la provvista, ma anche indicativa della acquisita consapevolezza di ciò da parte della Caripuglia;
al riguardo osservando anche che alla data del 7/V/1990 d'inizio del periodo sospetto l'esposizione della società aveva raggiunto la ragguardevole somma di £ 1.214.410.608 b) che nell'ottica della scientia decoctionis la condotta della banca volta prima "a rendere debitore un conto ampiamente scoperto" attraverso affidamenti transitori più volte prorogati e poi concretizzatasi nel tollerare il superamento anche dell'ultimo affidamento accordato non poteva che apprezzarsi come un segno oggettivo, evidente ed inequivoco della piena consapevolezza che l'istituto di credito aveva avuto della incapacità della G.V.D. di ripristinare una provvista da tempo venuta meno in conseguenza del suo stato di impotenza funzionale e della irreversibilità di tale situazione, a causa del suo protrarsi nel tempo; c) dell'ulteriore conferma che si traeva dal contegno successivo della Caripuglia la quale il 1°/VI/1990, e quindi pochi giorni dopo la proroga dell'elevazione del limite dell'affidamento, intervenuta il 3/V/1990, aveva revocato il fido e poi chiesto al Tribunale di Trani, con ricorso del 6/VI/1990, un decreto ingiuntivo per £ 1.660.588.352, iniziativa che non poteva essere stata assunta in maniera improvvisa ed incauta in ' rapporto anche alla sicura conoscenza da parte della banca dei protesti di titoli a carico della società correntista risalenti al 17/V/1990; che dovesse essere disatteso anche il secondo motivo dell'appello principale in quanto l'esistenza di operazioni bancarie c.d. bilanciate non poteva essere desunta per "facta concludentia" in ragione di quanto disposto dall'art. 7 delle N.B.U per l'ipotesi di conto scoperto, secondo il quale in tale caso le rimesse hanno la funzione (solutoria) di diminuire ed estinguere l'esposizione debitoria del correntista (Cass. 1999/686), e stante l'assenza per ciascuna delle 25 operazioni considerate di specifiche e contrarie disposizioni del cliente accettate dalla banca, e quindi di pattuizioni derogatorie di tale regola generale, posto anche che il rigore del principio precludeva di considerare idonea e sufficiente la prova presuntiva e meno che mai di utilizzare a tali fini la correlazione e la consequenzialità tra le rimesse e l'esecuzione dei diversi pagamenti disposti dalla società correntista, che, peraltro, nella specie nemmeno ricorrevano, come evidenziato dal contenuto delle difese della stessa banca e dalle osservazioni del CTU, secondo il quale anche le ricevute di му versamento non dimostravano alcun collegamento alle operazioni di addebito; che invece dovesse essere accolto il terzo motivo del ricorso principale concernente la rivalutazione del credito, erroneamente disposta dai giudici di merito;
che l'appello incidentale della curatela, volto all'ampliamento 4 dei pagamenti revocabili, dovesse essere accolto limitatamente alla rimessa di £ 62.601.597 a mezzo effetti s.b.f., risalente al 10/V/1990, in quanto la banca aveva usufruito di tale disponibilità diminuendo per pari importo lo scoperto di c/c della società fallita, senza possibilità alcuna per la banca di opporre in compensazione lo scoperto così ripianato. Avverso questa sentenza, la Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A. (già Intesa Gestione Crediti S.p.A.) in qualità di procuratore di "Banca Intesa Banca Commerciale Italiana S.p.A." ha proposto, nei confronti del Fallimento della G.D.V. s.r.l., ricorso per Cassazione fondato su tre motivi e depositato memoria. Il Fallimento intimato ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso la società Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A. denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 67 LF, 2697 e 2729 c.c. ex art. 360 n.3 c.p.c. -omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. му Contesta che si potesse ritenere raggiunta la prova della conoscenza da parte della banca dello stato d'insolvenza dell'imprenditore, sostenendo, in sintesi, che sul punto la sentenza si fonda non già su presunzioni gravi, precise e concordanti, ma su evanescenti congetture, argomentate in maniera illogica e contraddittoria, supportate da un'arbitraria lettura della disciplina positiva. Deduce anche che i giudici di merito hanno inammissibilmente desunto la 21 prova della scientia decoctionis : da una singola circostanza ossia lo sconfinamento della - società correntista oltre i limiti degli affidamenti concessi - correlata a due arbitrarie congetture (pubblicità dei protesti e revoca degli affidamenti intervenuti dopo l'ultimo versamento solutorio), e quindi pure in difetto della pluralità degli elementi indiziari ed avvalendosi illegittimamente di presuntiones de presumpto; attribuendo valore in tale senso indiziario a circostanze quali " lo sconfinamento dall'affidamento e l'innalzamento del pregresso limite di quest'ultimo inidonee a documentare alcunché e suscettibili di contrarie conclusioni, pure considerando che erano stati autorizzati numerosissimi addebiti contrapposti ai pretesi versamenti solutori e che, avuta conoscenza della levata del primo protesto, levato il 15/V/1990, la banca aveva immediatamente, ossia il 1°/VI/1990, proceduto a revocare gli affidamenti ed a M richiedere, il 6/VI/1990, il provvedimento monitorio. Il motivo in entrambi i prospettati profili non è fondato. Giova premettere che in tema di presunzioni semplici vige il criterio secondo cui le circostanze sulle quali la presunzione si fonda devono essere tali da lasciare apparire l'esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione fra i fatti accertati e quelli ignoti secondo regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità e che il relativo accertamento non è censurabile in cassazione se sorretto da motivazione immune da vizi logici (tra le altre Cass.2004/13169). Nella specie i dati (e non il dato) apprezzati dalla Corte territoriale come fondanti nei confronti dell'istituto bancario la presunzione della scientia decoctionis in riferimento al periodo sospetto, decorrente dal # 7/V/1990, ed ai pagamenti effettuati da tale data sino al 22/V/1990 appaiono così riassumibili: esistenza al 26/2/1990, e quindi in data anteriore alla concessione del c.d. fido transitorio ed alla relativa proroga, di uno sconfinamento pari a quasi il doppio del limite dell'apertura di credito per complessive £ 650.000.000, già accordata in più riprese alla società;
concessione in data 26/2/1990 alla medesima società di un fido "transitorio” di £ 400.000.000, con scadenza al 30/IV/1990;
conferma in data 3/V/1990 del fido "transitorio", ormai scaduto e relativa proroga a tempo indeterminato; persistenza della notevole esposizione debitoria, mantenutasi sempre al di sopra del fido accordato;
entità, pari a £ 1.214.410.608 dell'esposizione debitoria alla data del 7/V/1990, d'inizio del periodo sospetto;
protesti di titoli in danno della società risalenti al 17/V/1990;
revoca del fido in data 1°/VI/1990; - richiesta, in data 6/VI/1990, di decreto ingiuntivo per £ - 1.660.588.352; arco temporale (26/2/1990-6/VI/1990) in cui i fatti si erano svolti ed erano pervenuti all'epilogo finale, con la revoca degli affidamenti e la richiesta di decreto ingiuntivo nei confronti della cliente. Rivisitando il percorso logico seguito dalla Corte territoriale emerge che, valutati il complesso di detti dati e le specifiche modalità evolutive del rapporto, ivi compreso il ristretto periodo di avvicendamento degli eventi ed il relativo coordinamento con il periodo sospetto, come detto decorrente dal 7/V/1990, i giudici di merito hanno irreprensibilmente ritenuto che ai sintomi oggettivi del dissesto, quali il pregresso, elevato e perdurante, sin dal febbraio del 1990, indebitamento da sconfinamento dal limite dell'affidamento seguito, con inizio dal 17/V/1990, dal protesto di titoli, si fossero accompagnati contegni dell'istituto bancario che, lungi dall'evidenziare negligenze, inerzie o fiducia nella ripresa economica della cliente, dimostravano nel loro insieme l'apprezzamento della situazione in cui versava la società nel 州 periodo considerato e specificamente dalla data d'inizio del suddetto periodo sospetto, come ormai di dissesto. Ciò sostanzialmente perché anche le iniziative inizialmente adottate dalla banca, ossia l'innalzamento del limite del fido, contenuto al di sotto del pregresso sconfinamento, e le successive conferme e proroga a tempo indeterminato del beneficio, pure in presenza della pregressa e perdurante grave esposizione - non altrimenti giustificate da emerse circostanze legittimanti una prognosi favorevole-, avevano avuto l'effetto di dare una diversa collocazione alla quasi totalità dell'indebitamento, divenuta posta passiva del conto corrente, non più immediatamente esigibile, e si erano sostanzialmente risolte in contenimento e tolleranza della situazione debitoria della cliente, senza creazione di nuova liquidità liberamente usufruibile per la sua ripresa economica. 2 Sempre ad irreprensibile parere della Corte, l'esistenza di protesti risalenti al 17/V/1990, pubblicati sul relativo bollettino, e la successiva revoca degli affidamenti seguita dall'adozione da parte dell'istituto bancario delle iniziative giudiziarie di recupero dell'elevato credito vantato nei confronti della cliente, oltre a legittimare la conclusione circa la conoscenza del dissesto in cui versava la medesima cliente nel periodo ad esse successivo, non smentivano ed anzi corroboravano l'analogo apprezzamento espresso per il periodo precedente;
si ponevano anche, infatti, come immediatamente successive all'ampliamento del fido ed in tempi così ravvicinati da essere tecnicamente compatibili solo con ли una valutazione negativa già antecedentemente maturata, i cui riflessi sul rapporto bancario non erano evidentemente più apparsi dominabili e contenibili secondo le iniziali determinazioni, Quanto poi a quest'ultime, ben avrebbero potuto essere ritenute, in alternativa con la chiusura immediata del conto con elevato passivo, ragionevoli ed all'epoca più adeguate anche agli interessi della stessa banca, considerando, nel contesto ed in prospettiva, l'entità del passivo, i rischi assunti ed i vantaggi connessi al possibile ingresso di introiti, accompagnato dal mantenimento di condizioni atte al controllo della situazione. Ed in tal senso- con ciò anche esaminando successivi rilievi della ricorrente non può che deporre pure la sostenuta tesi della limitazione degli addebiti successivamente programmata autorizzabili a quelli di entità non superiore a nuovi ed anteriori accrediti, denunciando anche tale successivo contegno, oltre alla ! avvertita persistenza della difficoltà della cliente di rientrare e mantenersi nei limiti dell'affidamento nonostante prevedibili introiti, l'adozione di cautele frutto di valutazioni ponderate della situazione. Conclusivamente i giudici di merito si sono legittimamente avvalsi della prova presuntiva utilizzando la pluralità dei dati emersi durante tutto il periodo considerato, avente inizio anteriore a quello del periodo sospetto, dati ritenuti, con logica e compiuta argomentazione, nel loro complesso ed anche per le м relative modalità di concatenazione, sintomatici della scientia decoctionis, senza fare indebito ricorso, come sostenuto dalla ricorrente, a presuntiones de presunto, ma limitandosi ad assumere i dati successivi quale ulteriore conforto di deduzioni logicamente tratte dalle precedenti acquisizioni. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 67 LF, 2697 E 2729 c.c. ex art. 360 n.3 c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c.. - Censura il mancato accoglimento del motivo d'impugnazione afferente la contestazione della natura solutoria degli accrediti asseritamente "eseguiti nel contesto di c.d. operazioni bilanciate". Sostiene in sintesi che la Corte ha violato i principi in tema di prova sia nel ritenere che la banca non avesse documentato l'esistenza dell'accordo in deroga alla funzione solutoria dei pagamenti, sia nell'escludere l'idoneità e la sufficienza di una prova presuntiva in siffatta materia e sia ancora nel non attribuire rilevanza probatoria ai documenti prodotti ed agli elementi indiziari emersi circa l'utilizzo programmato e concordato delle rimesse;
ciò posto anche che, a suo parere, la Corte stessa aveva puntualmente rilevato che i pagamenti della correntista non erano stati finalizzati né avevano comportato la riduzione dell'esposizione debitoria, che l'istituto non aveva tratto alcun vantaggio in danno del ceto creditorio essendo rimasto immutato il passivo, che era ammissibile la prova presuntiva in ordine alla convenzione intervenuta per la destinazione delle rimesse a My costituzione della provvista necessaria alle contestuali operazioni di addebito di importo corrispondente, e quindi senza la concessione di ulteriori finanziamenti, che illogici apparivano i rilievi sulla assenza di bilanciamento fra le operazioni, e sottolineando infine che la decisione configgeva con considerazioni d'ordine equitativo e che la negazione della ricorrenza di operazioni c.d. bilanciate si sarebbe anche logicamente risolta nella dimostrazione dell'inscentia decoctionis. Anche tale censura è insuscettibile di favorevole apprezzamento. La Corte territoriale, premesso anche che permaneva l'indebitamento da sconfinamento dai limiti dell'affidamento e che la banca rispetto alla regola della imputazione degli accrediti al relativo ripianamento, avrebbe dovuto fornire per ciascuna delle numerose operazioni attive poi revocate la prova del "diverso accordo" previsto dall'art. 7 delle N.B.U., recepito nel contratto bancario, ossia di specifiche e contrarie disposizioni della cliente, da lei accettate, ha escluso che tale dimostrazione fosse stata fornita sia direttamente in via documentale e sia indirettamente in via presuntiva, osservando a tale ultimo riguardo anche che nell'ipotesi di conto scoperto le c.d. operazioni bilanciate non potevano essere desunte da "facta concludentia", che il rigore del principio non consentiva di accedere alla tesi difensiva di parte appellante sulla sufficienza ed idoneità di una prova presuntiva in siffatta materia e meno che mai di utilizzare, a tali fini, la correlazione e la consequenzialità asseritamente esistenti tra accrediti ed addebiti in conto, che peraltro non лы sussisteva per nulla. Se da un canto i giudici di merito non risultano avere condotto la valutazione delle emerse risultanze istruttorie secondo principi di rigore formale e conseguenti limitazioni alla ammissibilità delle prove anche presuntive, ma con libero apprezzamento delle medesime risultanze, all'epoca consentito, dall'altro appaiono essere pervenuti alla censurata conclusione in base al rilievo dell'inesistenza della prova documentale del "..diverso accordo", della inutilizzabilità già in linea teorica, ai medesimi fini probatori, dei dati desumibili dal documentato complessivo andamento del rapporto, nonché dell'assenza totale di riscontro degli asseriti collegamenti fra le nuove operazioni attive e passive compiute nel periodo sospetto. A tale ultimo riguardo hanno richiamato, oltre al tenore testuale delle deduzioni difensive svolte dall'istituto per le quali anche non ricorrevano perfette coincidenze fra le contrapposte operazioni, l'esito delle indagini compiute dal consulente tecnico d'ufficio, evidenzianti la completa assenza di peculiari correlazioni fra le operazioni contrapposte. Ciò premesso, la censura per un verso non indica i documenti che sarebbero stati trascurati nonostante l'asserita loro idoneità a dimostrare in via diretta e non solo logica gli accordi in questione, e per altro verso, con riferimento alla rilevata inesistenza di dati attestanti il dedotto bilanciamento fra le contrapposte operazioni, confortata dalle conformi conclusioni raggiunte dal CTU, si risolve nel generico ed inconferente richiamo di principi ли giurisprudenziali che comunque presuppongono coincidenze fra dette operazioni, nella specie escluse, principi, quindi, la cui verifica di pertinenza avrebbe richiesto l'indicazione, invece mancata, delle specifiche correlazioni asseritamente emerse ma non apprezzate. D'altra parte, qualora, come nella specie, il rapporto bancario evidenzi uno scoperto da ripianare e quindi un credito della banca immediatamente esigibile, la previsione convenzionale secondo cui i successivi accrediti del medesimo correntista vanno imputati ad estinzione totale o parziale del debito, determina la qualificazione degli introiti in termini di pagamenti solutori. Tale effetto è suscettibile di essere impedito o da sopravvenuti accordi che privino il credito da scoperto del connotato dell'esigibilità, evidentemente non desumibili in via induttiva dall'andamento contabile di un conto corrente in essere che, qualsiasi siano le correlazioni fra poste attive e passive, continui a presentarsi come debitore, ovvero da obblighi di specifica destinazione degli introiti assunti dalla banca, cui consegua la mera occasionalità del transito dei versamenti sul conto scoperto. In tale caso, peraltro, la prova dell'occasionalità delle rimesse non può in effetti emergere in via presuntiva dal mero andamento generale del conto corrente scoperto. Quand'anche infatti il conto riassuntivamente evidenzi corrispondenze contabili fra entrate ed uscite successive alla creazione del debito, il rilievo lascerebbe in ogni caso irrisolta la questione giuridica circa la utilizzazione delle singole poste attive, ininfluente sul riscontro. La prova in argomento potrebbe, invece, desumersi dalle connotazioni in concreto assunte da ciascuna delle attuate operazioni di segno opposto, qualora si risolvessero in elementi pregnanti e significativi del reciproco collegamento, tali da consentire di ricondurre le operazioni stesse ad un proprio e comune fondamento causale, idoneo a qualificare la funzione della rimessa come diversa da quella solutoria ordinaria. Ma anche di tale evenienza la Corte territoriale - con statuizione per quanto in precedenza esposto non efficacemente contrastata ha nella specie escluso la ricorrenza, in ragione della ritenuta assenza di specifici riscontri d'indole pure documentale. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 56 e 67 LF, 1853 c.c., 112, 342, e 434 - omessa, insufficiente e c.p.c. ex art. 360 n.3 c.p.c. contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c.. In primo luogo si duole in rito del difetto di pronuncia sulla sua eccezione di inammissibilità per difetto di specificità del motivo di appello incidentale concernente l'esclusione dal novero dei pagamenti revocabili della rimessa di £ 62.601.597, attuata dal giudice di primo grado. Tale primo profilo di censura è privo di pregio. Premesso che l'inammissibilità dell'appello per difetto di specificità sarebbe stata anche rilevabile d'ufficio, nella specie la Corte territoriale ha valutato favorevolmente nel merito le ragioni poste a base del motivo d'impugnazione incidentale, così implicitamente disattendendo l'eccezione in argomento (da ultimo cfr.Cass.2005/649). Né appare errata la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte. Secondo, infatti, l'orientamento di questa Corte (Cass.2003/15936) <
In tema di giudizio di appello, la ricorrenza della specificità dei motivi non può essere definita in via generale ed assoluta, ma va correlata con la motivazione della sentenza impugnata e deve ritenersi sussistente quando alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengono contrapposte quelle dell'appellato in modo da incrinare il fondamento logico - giuridico delle prime, come nell'ipotesi in cui, con riferimento ad un autonomo capo di sentenza, l'appellante, pur non procedendo all'esplicito esame dei passaggi argomentativi della sentenza, svolga il motivo di appello in modo incompatibile con la complessiva argomentazione della decisione impugnata sul punto, posto che l'esame dei singoli passaggi della stessa è inutile, una volta che l'appellante abbia esposto argomentazioni incompatibili con le stesse premesse del ragionamento della sentenza impugnata>>. Dall'esame degli atti, ivi compreso il motivo di appello incidentale in questione (pag. 13 della comparsa) -consentito dalla natura processuale del vizio denunciato si evincono con " più che sufficiente specificità sia la statuizione censurata che le ragioni di dissenso, non genericamente e sinteticamente riferite alle discordi conclusioni assunte dal consulente tecnico d'ufficio, ma esaustivamente illustrate mediante anche la trascrizione dei contrastanti rilievi dell'esperto. In via subordinata, e per mero scrupolo difensivo, la società ricorrente censura l'accoglimento nel merito di tale motivo. Sostiene che la Corte territoriale ha reso una motivazione non attinente né con le eccezioni svolte dalla banca né con la ratio decidendi espressa dal giudice di primo grado, che nella specie aveva ravvisato un'operazione di giroconto. Ribadisce riassuntivamente che la rimessa in rassegna ha implicato una lecita operazione di compensazione tra i saldi attivi e passivi di più conti (conto ordinario e conto anticipi) come tale sottratta alla revocatoria fallimentare, che l'accredito è stato legittimamente compensato, e che è comunque suscettibile di compensazione - anche ai sensi dell'art. 56 L.F.- con il credito della banca costituito dal saldo passivo di c/c, e che al riguardo non rileva che uno dei conti (quello attivo) fosse indisponibile. Anche tale ulteriore profilo di doglianza deve essere disatteso. La Corte territoriale ha ineccepibilmente osservato che, tramite un'ordinaria operazione di giroconto dal conto indisponibile s.b.f al c/c di corrispondenza ordinario, la somma erogata in via di anticipazione era stata riaccreditata nel conto scoperto e che tale operazione non aveva assunto una configurazione meramente contabile, ma aveva avuto funzione satisfattoria, essendo stato l'accreditamento- seppure frutto di giroconto- utilizzato e specificamente imputato a parziale estinzione dello scoperto, secondo le regole ordinarie. Ha poi aggiunto che la banca non aveva alcuna possibilità di opporre in compensazione lo scoperto così ripianato, nel senso che l'estinzione del pregresso debito non poteva considerarsi frutto di compensazione in senso tecnico giuridico, e ciò in ossequio all'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (in termini Cass. 1978/5836), secondo cui si tratta di mere operazioni di conguaglio, oltre che in coerenza con il rilievo che la compensazione non può comunque logicamente avvenire utilizzando introiti da anticipazioni bancarie concesse al : medesimo debitore, ossia costituendo corrispondente passività su altro conto (Cass. 1994/93079). Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna della soccombente Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A.al rimborso delle spese della presente fase in favore del Fallimento della G.D.V. s.r.l., liquidate come in dispositivo.

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