Cass. civ., sez. I, sentenza 28/01/2015, n. 1625
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
Il contratto di sale and lease back è nullo, per illiceità della causa in concreto, ove violi il divieto di patto commissorio, salvo che le parti, con apposita clausola (cd. patto marciano), abbiano preventivamente convenuto che al termine del rapporto - effettuata la stima del bene con tempi certi e modalità definite, tali da assicurare una valutazione imparziale ancorata a parametri oggettivi ed autonomi ad opera di un terzo - il creditore debba, per acquisire il bene, pagare l'importo eccedente l'entità del suo credito, sì da ristabilire l'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni e da evitare che il debitore subisca una lesione dal trasferimento del bene in garanzia. Resta peraltro ammissibile la previsione di differenti modalità di stima del bene, per come emerse nella pratica degli affari, purché dalla struttura del patto marciano in ogni caso risulti, anticipatamente, che il debitore perderà la proprietà del bene ad un giusto prezzo, determinato al momento dell'inadempimento, con restituzione della differenza rispetto al maggior valore, mentre non costituisce requisito necessario che il trasferimento della proprietà sia subordinato al suddetto pagamento, potendosi articolare la clausola marciana nel senso di ancorare il passaggio della proprietà sia al solo inadempimento, sia alla corresponsione della differenza di valore.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R R - Presidente -
Dott. D A S - Consigliere -
Dott. D A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. N L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19929-2011 proposto da:
UNICREDIT LEASING S.P.A. (C.F. 03648050015), e per essa la mandataria UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso l'avvocato F M, che la rappresenta e difende, giusta Procura in calce all'atto di costituzione;
- ricorrente -
contro
FALLIMENTO MORETTONI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore dott. M C, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso l'avvocato G B, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati VALDINA PIER FRANCESCO, RODOLFO VALDINA, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso il decreto del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato il 31/05/2011, n. 7372/09 R.G.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/11/2014 dal Consigliere Dott. L NAZZICONE;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato F M che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato VALDINA RODOLFO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Unicredit Leasing s.p.a., già Locat s.p.a., propone, sulla base di quattro motivi, ricorso per la cassazione del decreto del Tribunale di Perugia del 31 maggio 2011, che ha respinto l'opposizione allo stato passivo del Fallimento Morettoni s.p.a. proposta dalla società concedente, la quale lamentava la mancata ammissione delle domande di pagamento dei canoni e restituzione di un immobile ad uso industriale, oggetto di un contratto sale and laese back, nonché l'avvenuta ammissione al passivo dei crediti da essa vantati in relazione ad altro leasing, avente ad oggetto beni mobili, solo per la parte relativa ai canoni scaduti.
Il tribunale ha ritenuto fondata l'eccezione del fallimento circa la conclusione del primo contratto in violazione del divieto di patto commissorio, con conseguente nullità per frode alla legge, sia perché, all'epoca della conclusione del contratto, la Morettoni s.p.a. era insolvente sulla base degli indici finanziari risultanti dai bilanci, sia per la sproporzione tra il valore del bene e il prezzo (superiore al primo del 30%) e per l'utilizzazione del corrispettivo al fine di estinguere i debiti d'impresa sussistenti in buona parte verso lo stesso gruppo bancario cui la concedente apparteneva.
Quanto ai contratti di leasing di beni mobili, il tribunale ha ritenuto - esclusa l'applicazione della L. Fall., art. 72 quater, in quanto risolti prima del fallimento, ed incontestata la natura traslativa del leasing - che dovesse farsi applicazione analogica dell'art. 1526 c.c., norma imperativa disciplinante la risoluzione del rapporto: con conseguente insussistenza del credito per il periodo posteriore al fallimento ed esclusione di quello per gli interessi convenzionali e le penali, non applicandosi l'art. 1458 c.c. sulla irretroattività nei contratti a prestazione continuata;
mentre la concedente non aveva formulato alcuna domanda di equo compenso e di risarcimento del danno.
Resiste il fallimento con controricorso.
La ricorrente ha depositato alcuni documenti ex art. 372 c.p.c., afferenti il conferimento di mandato con procura, anche per la rappresentanza sostanziale del rapporto, alla Unicredit Credit Management Bank s.p.a., che si è all'uopo costituita in giudizio. Entrambe le parti hanno depositato la memoria di cui all'art. 378 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. - Con il primo motivo, la ricorrente denuncia vizi di motivazione, sotto ogni profilo, in ordine alle pretese anomalie del contratto di lease back immobiliare, da cui il tribunale ha dedotto l'assimilabilità ad un patto commissorio vietato, sostenendo che il sale and lease back è diffuso contratto d'impresa, socialmente tipico, nonché implicitamente riconosciuto nel nostro ordinamento all'art. 2425 bis c.c.. La stessa giurisprudenza di legittimità ha individuato, per distinguere il leasing puro da quello anomalo in quanto confliggente con il divieto di patto commissorio, tre essenziali criteri:
l'esistenza di una situazione debitoria in capo all'impresa utilizzatrice verso la concedente, le difficoltà economiche della prima e la sproporzione tra corrispettivo e valore del bene: ma tali indici mancherebbero nella vicenda in esame.
Il tribunale, infatti, nell'assunto della ricorrente, si è limitato a copiare la difese avverse e la consulenza tecnica del fallimento, mentre non ha esaminato le difese della creditrice, omettendo di considerare, in particolare, che non sono decisivi i soli indici di bilancio, i quali vanno invece contestualizzati nel mercato di riferimento (settore vinicolo), mentre la consulenza disposta dalla curatela ha svolto calcoli matematici del tutto opinabili;
ne' il tribunale ha tenuto conto del fatto che la società non ha protesti e che gli ultimi quattro bilanci riportano utili, avendo la consulenza avversa letto in modo parziale le relazioni sulla gestione. Circa la sproporzione di valore, il tribunale ha accolto le conclusioni della consulenza del fallimento, in contrasto con quella redatta per conto della concedente, senza però spiegare le ragioni di questa preferenza, laddove l'immobile era stato assicurato per un valore esattamente pari al prezzo pagato (Euro 3,5 milioni). Infine, il prezzo non è stato affatto impiegato in modo anomalo, ma in parte per estinguere un mutuo ipotecario con la B.N.L. s.p.a., in parte per pagare il primo maxi-canone o per versamenti su conti correnti, all'esito dei medesimi risultanti ampiamente attivi, ed infine per la costituzione di un deposito a risparmio presso la Banca di Roma s.p.a.
Evidenzia ancora la ricorrente che il contratto, come tutti quelli da essa redatti, contiene il c.d. patto marciano, garanzia di legittimità dell'operazione, posto che, in forza di esso, il creditore in presenza di un inadempimento deve dedurre, dalle somme dovutegli per canoni scaduti, interessi, spese ed un importo per canoni non scaduti, quanto il concedente abbia conseguito dalla vendita o dalla rilocazione del bene, da indennizzi assicurativi o da risarcimenti. E la circostanza è stata sbrigativamente liquidata dal tribunale reputandola "di marginale rilievo".
1.2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce l'omessa pronuncia del tribunale sulla domanda subordinata, introdotta con la memoria del 26 luglio 2010, di ammissione al passivo per l'importo di Euro 5.589.492,26, pari alla somma versata a titolo di corrispettivo per l'acquisto dell'immobile poi concesso in leasing allo stesso venditore, oltre al corrispettivo per l'esecuzione dei lavori di ampliamento dell'immobile medesimo ed ai relativi interessi. 1.3. - Con il terzo motivo, censura vizi di motivazione in ordine all'ammissione solo parziale dei crediti vantati con riguardo ai contratti di leasing mobiliare, posto che il contratto - da applicare in pieno, attesa la risoluzione avvenuta prima del fallimento - prevede il pagamento dei canoni scaduti, di una penale pari ai canoni a scadere attualizzati, oltre agli interessi ed alle spese, il tutto alla data di risoluzione dei contratti: mentre il giudice delegato ha operato il calcolo dei canoni non scaduti sino alla data del fallimento ed ha negato la penale "in quanto pendente la riallocazione dei beni", espressione che fa chiaro riferimento alla L. Fall., art. 72-quater, comma 3, tuttavia inapplicabile nella specie, non essendo il contratto pendente al momento dell'apertura del fallimento. Quanto all'obbligo della concedente di portare in detrazione il corrispettivo ricavato dalla vendita del bene, si tratta di obbligo successivo ed eventuale, per contratto non assumendo affatto la concedente a suo carico il rischio di una mancata nuova allocazione.
1.4. - Con il quarto motivo, si duole della falsa applicazione dell'art. 1526 c.c., operata dal tribunale senza che la norma fosse mai stata considerata neppure dal giudice delegato, essendo invero alla vicenda inapplicabile, posto che anche i contratti di leasing mobiliare prevedevano espressamente l'accredito, in favore dell'utilizzatore, di quanto ricavato dalla vendita del bene restituito, così contemperando i