Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/02/2016, n. 3727
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In tema di danno non patrimoniale derivante da reato, la fattispecie criminosa di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale di cui all'art. 684 c.p. integra un reato monoffensivo, tutelando solo l'amministrazione della giustizia e non anche la reputazione e la riservatezza del soggetto sottoposto a procedimento penale posto che obiettivo della norma, prima della conclusione delle indagini preliminari, è quello di non compromettere il buon andamento delle stesse e, dopo tale momento, quello di salvaguardare i principi propri del processo accusatorio, sicché nessuna autonoma pretesa risarcitoria può essere avanzata dalla parte coinvolta nel processo per la sola violazione dell'art. 684 c.p., salvo che dal fatto non sia derivata la lesione di beni della persona autonomamente tutelabili in base ad altre norme dell'ordinamento.
In tema di danno non patrimoniale derivante dal reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale di cui all'art. 684 c.p. commesso dopo la conclusione delle indagini preliminari (ossia quando, in base all'art. 114, comma 7, c.p.p., gli atti non sono più segreti ma ne è vietata la pubblicazione testuale), la portata della violazione, sotto il profilo della limitatezza e della marginalità della riproduzione testuale di un atto processuale, va apprezzata dal giudice di merito, in applicazione del principio penalistico di necessaria offensività della concreta condotta ascritta all'autore, nonché, sul piano civilistico, di quello della irrisarcibilità del danno non patrimoniale di lieve entità, espressione del principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. di tolleranza della lesione minima; la relativa valutazione è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata.
Sul provvedimento
Testo completo
3727/1 6 H Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Pubblicazione arbitraria LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di atto di un SIONI UNITE CIVILI procedimento penale- Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: -tutela entità del Dott. US SALME' Primo Pres.te f.f. danno - rilevanze Presidente Sezione Dott. GIOVANNI AMOROSO - R.G.N. 20022/2011 Dott. VITTORIO RAGONESI Consigliere R.G.N. 8977/2012 Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI Cron. 3727 Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE Rep. Dott. ROBERTA VIVALDI Consigliere Ud. 17/11/2015 - Rel. Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA PU Consigliere CI. Dott. ANTONINO DI BLASI Dott. PASQUALE D'ASCOLA Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 20022-2011 proposto da: MEDIASET S.P.A., in persona del legale rappresentante 2015 pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA 466 CICERONE 60, presso lo studio degli avvocati STEFANO PREVITI, CARLA PREVITI, che la rappresentano e difendono, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente
contro
L'ESPRESSO S.P.A., in persona del GRUPPO EDITORIALE legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI CAPRETTARI 70, presso lo studio degli avvocati VIRGINIA RIPA DI MEANA, MAURIZIO MARTINETTI, per delega a margine del controricorso;
controricorrente - nonchè
contro
D'VA US, RO IO;
intimati sul ricorso 8977-2012 proposto da: MEDIASET S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 60, presso lo studio dell'avvocato STEFANO PREVITI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati FABIO LEPRI, SALVATORE PINO, per delega a margine del controricorso;
- ricorrente 1 BARBACETTO GI BA, GRUPPO EDITORIALE IL SAGGIATORE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DI MONSERRATO 34, presso lo studio dell'avvocato SILVIA GOLINO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato GILBERTO VITALE, per procure speciali della dott.ssa Monica De Paoli di Milano, rep. 9147 e 9151 del 04/05/2012, in atti;
- ricorrenti incidentali 956/2011 avverso le sentenze nn. depositata il 07/03/2011 (per il ricorso r.g. n. 20022/11) della depositata il CORTE D'APPELLO DI ROMA e n. 2436/11 26/8/2011 (per il ricorso r.g. n. 8977/2012) della CORTE D'APPELLO DI MILANO;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/2015 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;
uditi gli avvocati Stefano PREVITI, Gilberto VITALE, Fabio LEPRI, Maurizio MARTINETTI, Ivan FRIONI per delega dell'avvocato Salvatore Pino;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE, che ha concluso per il rigetto deiUMBERTO ricorsi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Il 23 marzo 2005 il quotidiano La Repubblica pubblicò un articolo dal titolo "Ora il dovere della chiarezza". L'elaborato, a firma di Giuseppe D'Avanzo, traeva spunto dall'avviso di conclusione delle indagini effettuate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in ordine alla presunta frode fiscale nella compravendita di diritti televisivi, commessa da parte dei vertici di ET, azienda fondata dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La società ET s.p.a. convenne allora in giudizio il Gruppo Editoriale L'Espresso s.p.a., società editrice del giornale, EZ RO, direttore responsabile dello stesso, e Giuseppe D'Avanzo, per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni patiti a seguito della diffamatoria e illecita pubblicazione, segnatamente deducendo, al riguardo, che essa violava sia l'art. 684 cod. pen. che le norme a tutela della privacy. Resistettero i convenuti. Con sentenza n. 1403 del 2008 il Tribunale di Roma dichiarò la carenza di и legittimazione ed interesse ad agire della società attrice in riferimento all'asserita violazione dell'art. 684 cod. pen., mentre respinse la domanda risarcitoria per violazione della privacy e per diffamazione a mezzo stampa. Proposto gravame dalla società soccombente, la Corte d'appello, con la sentenza ora impugnata, depositata in data 7 marzo 2011, lo ha accolto solo in punto di regolamentazione delle spese di lite, confermando nel resto la pronuncia di prime cure. La Corte territoriale, pur reputando sussistente la legittimazione attiva e ad causam della società appellante in relazione alla dedotta violazione dell'art. 684 cod. pen., ha escluso che tale violazione si fosse, in concreto, consumata, posto che, nell'ambito di una sintesi critica dell'inchiesta svolta dai pubblici ministeri milanesi e delle dichiarazioni agli stessi rilasciate dall'avvocato MI, la pubblicazione pretesamente arbitraria si esauriva nella riproduzione "letterale di due frasi, marginali e minime, riprese dall'interrogatorio del predetto legale, riguardanti il Presidente Berlusconi" e, segnatamente, "fatti storici non particolarmente significativi per la società ... appellante, se non addirittura pacifici per il pubblico dei lettori". Quanto poi alla dedotta violazione della normativa in materia di privacy (d.lgs. n. 196 del 2003), la Corte di appello ne ha negato la sussistenza 1 osservando, tra l'altro, che, una volta esclusa la fattispecie criminosa di cui all'art. 684 cod. pen., veniva meno la possibilità di configurare un imprescindibile collegamento tra la stessa e la lesione della riservatezza sui dati sensibili di ET s.p.a., dovendosi dare atto, per contro, che questi ultimi erano stati legittimamente acquisiti. Ha rilevato infine il decidente che neppure poteva ravvisarsi la natura diffamatoria dell'articolo in contestazione, essendo applicabili, nella specie, le "scriminanti della critica e della cronaca giudiziaria". Il ricorso di ET s.p.a. è affidato a quattro motivi. Hanno resistito, con congiunto controricorso, il Gruppo Editoriale L'Espresso s.p.a. ed EZ RO, mentre non ha svolto attività difensiva Giuseppe D'Avanzo. Con ordinanza interlocutoria n. 6428 del 30 marzo 2015 la Corte, rilevata la sussistenza di orientamenti giurisprudenziali non sempre armonici e collimanti in ordine all'interpretazione del combinato disposto degli artt. 684 и cod. pen. e 114 cod. proc. pen., nonché la natura di massima di particolare importanza della relativa questione, ha disposto la trasmissione della causa al Primo Presidente ai sensi dell'art. 374 cod. proc. civ., per l'eventuale rimessione alle sezioni unite civili. Al ricorso n. 20022 del 2011, già chiamato innanzi alle Sezioni unite, è poi stato riunito quello n. 8977 del 2011, siccome involgente la medesima questione. Tale ricorso trae origine dalla domanda proposta da ET s.p.a. nei confronti di NI ET e di AR RO Editore s.p.a. in liquidazione, da essa convenuti innanzi al Tribunale di Milano, al fine di ottenere il ristoro dei danni subiti a seguito della pubblicazione del libro dal titolo "B. Tutte le carte del Presidente. Я In particolare la società attrice, dedotto che l'autore della pubblicazione si era addentrato in una personalissima ricostruzione delle attività che avevano preceduto e consentito il collocamento in Borsa dell'esponente, sostenne che erano stati perpetrati gli illeciti penali di cui agli artt. 684 e 595, comma 3, cod. pen. A seguito di eccezione di carenza di legittimazione passiva opposta da AR RO, la domanda venne estesa, mediante chiamata in causa del terzo, al Gruppo Editoriale Il OR s.p.a. 2 I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese. Con sentenza del 31 ottobre 2008 il giudice adito, disposta la separazione del procedimento
contro
AR RO Editore s.r.l., rigettò le altre domande. Il gravame proposto dal soccombente avverso detta pronuncia è stato respinto dalla Corte d'appello in data 26 agosto 2011. Il ricorso di ET s.p.a. è articolato su quattro motivi. Si sono difesi il Gruppo Editoriale Il OR s.p.a. e AN IS - ET, che hanno altresì proposto ricorso incidentale sulla base di un solo motivo. Tulle le parti hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso n. 20022 del 2011 1.1 Con il primo motivo l'impugnante lamenta violazione degli artt. 684 cod. pen. e 114 cod. proc. pen., ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Oggetto delle critiche è l'assunto della Corte territoriale secondo cui, avendo la Procura della Repubblica depositato in data 19 febbraio 2005 l'avviso di pubblicazione conclusione delle indagini preliminari, la successiva dell'articolo in data 3 marzo 2005 era avvenuta a segreto investigativo già caduto;
né, peraltro, era ipotizzabile, in concreto, alcuna violazione dell'art. 684 cod. pen., considerato che, come già rilevato dal giudice di prime cure, l'articolo del D'Avanzo costituiva una mera sintesi critica dell'inchiesta svolta dai Pubblici Ministeri milanesi e che la riproduzione degli atti processuali era limitata a due frasi, marginali e minime, riprese dall'interrogatorio dell'avvocato MI, inidonee a incidere sulla sostanziale liceità della condotta del giornalista. Secondo l'esponente tali affermazioni sarebbero erronee, posto che l'articolo in contestazione conteneva la citazione testuale di atti dell'indagine preliminare e che, per espressa disposizione legislativa il divieto di pubblicazione, anche parziale, vige fino al termine dell'udienza preliminare e, se si procede a dibattimento, fino alla pronuncia in grado di appello. E allora, tenuto conto che, al momento della pubblicazione nel procedimento penale doveva ancora essere celebrata la fase iniziale dell'udienza preliminare e che erano stati riprodotti interi stralci delle risposte date dall'avvocato MI ai P.M. che lo interrogavano, la violazione del comb. disp. 3 degli artt. 684 cod. pen. e 114 cod. proc. pen. era documentalmente accertata.
1.2 Con il secondo mezzo la ricorrente denuncia mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360, n. 5, cd. proc. civ. Le critiche si appuntano contro la qualificazione dell'articolo del D'Avanzo in termini di riassunto commentato sullo stato e sul contenuto delle indagini della Procura di Milano,