Cass. pen., sez. VI, sentenza 16/10/2020, n. 28789
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da L B S, nato a Bagheria il 13/06/1961 avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 06/06/2019 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente B P R;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale C A, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore dell'imputato, avvocato S P, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. L B S, giudicato con il rito abbreviato, è stato condannato dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Ternini Imerese alla pena ritenuta di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di cui all'ad. 372 cod. pen. per aver dichiarato il falso nel corso di una deposizione testimoniale resa innanzi al Tribunale di Palermo quale giudice del lavoro in un contenzioso avente ad oggetto l'illegittimità di un licenziamento.
2. In particolare, il prevenuto venne sentito in quel giudizio perché consulente del datore di lavoro (D'Alessandro Mario), convenuto nel processo promosso da un dipendente ( C G) che lamentava di essere stato ingiustificatamente licenziato quando, per contro, il resistente sosteneva che l'interruzione del rapporto era dovuta alla scelta del lavoratore, dimessosi volontariamente come da dichiarazione in tal senso allegata agli atti di quel processo. Il contendere, in quel giudizio, ruotava proprio sulla data e sulla veridicità di quel documento attestante le dimissioni formulate dal lavoratore, atteso che quest'ultimo né adduceva la fittizietà, perchè fattogli sottoscrivere in bianco dal datore di lavoro al momento dell'assunzione, condizionando la stessa instaurazione del rapporto alla detta sottoscrizione. Sentito su richiesta del suo cliente, l'imputato, rese una deposizione sulla data di formazione del documento attestante le dimissioni del lavoratore nonchè sul documento predisposto per la liquidazione del TFR conseguenziale alla cessazione di quel rapporto;
dichiarazioni che il giudice del lavoro ritenne inattendibili, se non palesemente menzognere, perché intrinsecamente contraddittorie oltre che smentite dal restante quadro probatorio acquisito in quel processo. Da qui il giudizio per falsa testimonianza e la conseguente condanna resa dal GUP, sulla base delle emergenze del processo nel quale venne resa la detta deposizione;
delle sommarie informazioni assunte nel corso delle indagini preliminari;
delle dichiarazioni rese dall'imputato e dal datore di lavoro coinvolto nel contenzioso lavoristico innanzi al GUP, alla cui testimonianza era stata condizionata la scelta del rito.
2. Interposto appello dall'imputato, la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza descritta in epigrafe, ha rigettato il gravame e confermato la condanna resa in primo grado.
3. Avverso tale ultima statuizione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, adducendo tre diversi motivi.
3.1. Con il primo si lamenta difetto di motivazione e violazione di legge sostanziale in riferimento all'ad 372 cod. pen. La Corte territoriale, non diversamente dal primo giudice, ha fondato il giudizio di responsabilità sulla asserita inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dal Lo Buglio innanzi al giudice del lavoro. Giudizio reso trascurando che siffatte dichiarazioni sono state ribadite dall'imputato innanzi al Gup e trovano conferma nel tenore delle deposizioni rese nel corso del giudizio penale dal datore di lavoro coinvolto in quel contenzioso. In particolare, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l'aver consegnato al cliente, seguito sul versante della materia fiscale, il modulo in bianco funzionale alla dimissioni prestate dal dipendente, rappresentava un gesto di cortesia, tutt'altro che anomalo, nell'ambito della relativa collaborazione professionale, non essendo il prevenuto altrimenti tenuto a compilare quel documento, trattandosi di incombente estraneo alle sue competenze. In ogni caso, l'argomentare della Corte, ad avviso del ricorrente, non si pone comunque in linea con gli estremi della condotta sanzionata dalla fattispecie incriminatrice contestata all'imputato: la Corte, infatti, non ha accertato né ha argomentato alcunchè in ordine alla falsità oggettiva delle dichiarazioni, limitandosi a sostenere l'inverosimiglianza delle stesse. E tanto trova conferma nel fatto che la presenza di una lettera di dimissioni del lavoratore, sottoscritta sin dalla data di instaurazione del relativo rapporto lavorativo, non ha trovato conferma se non nelle dichiarazioni della parte civile. Peraltro, sul piano logico, il fatto che l'imputato, nel confermare di aver consegnato al suo cliente un modulo in bianco, ha anche dichiarato che in quel momento aveva a sua disposizione anche tutti i dati anagrafici del lavoratore per provvedere a completare il contenuto della detta dichiarazione, più che avvalorare l'assunto della
udita la relazione svolta dal componente B P R;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale C A, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore dell'imputato, avvocato S P, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. L B S, giudicato con il rito abbreviato, è stato condannato dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Ternini Imerese alla pena ritenuta di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di cui all'ad. 372 cod. pen. per aver dichiarato il falso nel corso di una deposizione testimoniale resa innanzi al Tribunale di Palermo quale giudice del lavoro in un contenzioso avente ad oggetto l'illegittimità di un licenziamento.
2. In particolare, il prevenuto venne sentito in quel giudizio perché consulente del datore di lavoro (D'Alessandro Mario), convenuto nel processo promosso da un dipendente ( C G) che lamentava di essere stato ingiustificatamente licenziato quando, per contro, il resistente sosteneva che l'interruzione del rapporto era dovuta alla scelta del lavoratore, dimessosi volontariamente come da dichiarazione in tal senso allegata agli atti di quel processo. Il contendere, in quel giudizio, ruotava proprio sulla data e sulla veridicità di quel documento attestante le dimissioni formulate dal lavoratore, atteso che quest'ultimo né adduceva la fittizietà, perchè fattogli sottoscrivere in bianco dal datore di lavoro al momento dell'assunzione, condizionando la stessa instaurazione del rapporto alla detta sottoscrizione. Sentito su richiesta del suo cliente, l'imputato, rese una deposizione sulla data di formazione del documento attestante le dimissioni del lavoratore nonchè sul documento predisposto per la liquidazione del TFR conseguenziale alla cessazione di quel rapporto;
dichiarazioni che il giudice del lavoro ritenne inattendibili, se non palesemente menzognere, perché intrinsecamente contraddittorie oltre che smentite dal restante quadro probatorio acquisito in quel processo. Da qui il giudizio per falsa testimonianza e la conseguente condanna resa dal GUP, sulla base delle emergenze del processo nel quale venne resa la detta deposizione;
delle sommarie informazioni assunte nel corso delle indagini preliminari;
delle dichiarazioni rese dall'imputato e dal datore di lavoro coinvolto nel contenzioso lavoristico innanzi al GUP, alla cui testimonianza era stata condizionata la scelta del rito.
2. Interposto appello dall'imputato, la Corte di Appello di Palermo, con la sentenza descritta in epigrafe, ha rigettato il gravame e confermato la condanna resa in primo grado.
3. Avverso tale ultima statuizione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, adducendo tre diversi motivi.
3.1. Con il primo si lamenta difetto di motivazione e violazione di legge sostanziale in riferimento all'ad 372 cod. pen. La Corte territoriale, non diversamente dal primo giudice, ha fondato il giudizio di responsabilità sulla asserita inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dal Lo Buglio innanzi al giudice del lavoro. Giudizio reso trascurando che siffatte dichiarazioni sono state ribadite dall'imputato innanzi al Gup e trovano conferma nel tenore delle deposizioni rese nel corso del giudizio penale dal datore di lavoro coinvolto in quel contenzioso. In particolare, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l'aver consegnato al cliente, seguito sul versante della materia fiscale, il modulo in bianco funzionale alla dimissioni prestate dal dipendente, rappresentava un gesto di cortesia, tutt'altro che anomalo, nell'ambito della relativa collaborazione professionale, non essendo il prevenuto altrimenti tenuto a compilare quel documento, trattandosi di incombente estraneo alle sue competenze. In ogni caso, l'argomentare della Corte, ad avviso del ricorrente, non si pone comunque in linea con gli estremi della condotta sanzionata dalla fattispecie incriminatrice contestata all'imputato: la Corte, infatti, non ha accertato né ha argomentato alcunchè in ordine alla falsità oggettiva delle dichiarazioni, limitandosi a sostenere l'inverosimiglianza delle stesse. E tanto trova conferma nel fatto che la presenza di una lettera di dimissioni del lavoratore, sottoscritta sin dalla data di instaurazione del relativo rapporto lavorativo, non ha trovato conferma se non nelle dichiarazioni della parte civile. Peraltro, sul piano logico, il fatto che l'imputato, nel confermare di aver consegnato al suo cliente un modulo in bianco, ha anche dichiarato che in quel momento aveva a sua disposizione anche tutti i dati anagrafici del lavoratore per provvedere a completare il contenuto della detta dichiarazione, più che avvalorare l'assunto della
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