Cass. civ., SS.UU., sentenza 30/10/2008, n. 26019
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In materia indennità di buonuscita dei dipendenti statali, disciplinata dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, poiché il connesso trattamento economico realizza una funzione propriamente previdenziale, sia pure mediante la corresponsione di un'indennità commisurata alla base contributiva dell'ultima retribuzione percepita, la liquidazione di tale indennità, analogamente al trattamento di quiescenza richiamato dalla disciplina normativa citata, va determinata in base alla durata del servizio, ivi dovendosi computare i periodi di servizio effettivo e, in mancanza, quelli "utili", cioè riscattati, o comunque ammessi al riscatto; questi ultimi, tuttavia, non possono essere sovrapposti a quelli di servizio effettivo, di modo che, se un determinato periodo è fornito di contribuzione connessa alla prestazione effettiva di servizio, non può essere considerato "utile", ai fini della liquidazione della buonuscita, un contemporaneo periodo di servizio non effettivo, ma riscattato mediante versamento dei contributi, o comunque ammesso al riscatto, a nulla valendo che, per tale periodo, l'interessato abbia ottenuto uno specifico provvedimento di riscatto ed abbia versato la relativa contribuzione. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza della Corte territoriale, con la quale era stata estesa la base di calcolo dell'indennità di buonuscita, cumulando gli anni di servizio contemporaneamente prestato ed oggetto di riscatto da parte di un docente universitario, in qualità di incaricato in pre-ruolo dell'Università).
Il potere di controllo delle nullità (non sanabili o non sanate), esercitabile in sede di legittimità, mediante proposizione della questione per la prima volta in tale sede, ovvero mediante il rilievo officioso da parte della Corte di cassazione, va ritenuto compatibile con il sistema delineato dall'art. 111 della Costituzione, allorchè si tratti di ipotesi concernenti la violazione del contraddittorio - in quanto tale ammissibilità consente di evitare che la vicenda si protragga oltre il giudicato, attraverso la successiva proposizione dell'actio nullitatis o del rimedio impugnatorio straordinario ex art. 404 cod. proc. civ. da parte del litisconsorte pretermesso - ovvero di ipotesi riconducibili a carenza assoluta di "potestas iudicandi" - come il difetto di legitimatio ad causam o dei presupposti dell'azione, la decadenza sostanziale dall'azione per il decorso di termini previsti dalla legge, la carenza di domanda amministrativa di prestazione previdenziale, od il divieto di frazionamento delle domande, in materia di previdenza ed assistenza sociale (per il quale la legge prevede la declaratoria di improcedibilità in ogni stato e grado del procedimento) -; in tutte queste ipotesi, infatti, si prescinde da un vizio di individuazione del giudice, poiché si tratta non già di provvedimenti emanati da un giudice privo di competenza giurisdizionale, bensì di atti che nessun giudice avrebbe potuto pronunciare, difettando i presupposti o le condizioni per il giudizio. Tale compatibilità con il principio costituzionale della durata ragionevole del processo va, invece, esclusa in tutte quelle ipotesi in cui la nullità sia connessa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario e sul punto si sia formato un giudicato implicito, per effetto della pronuncia sul merito in primo grado e della mancata impugnazione, al riguardo, dinanzi al giudice di appello; ciò tanto più nel processo del lavoro, in cui il sistema normativo che fondava l'originario riparto fra giudice ordinario ed amministrativo sul presupposto di una giurisdizione esclusiva sull'atto amministrativo, ne ha poi ricondotto il fondamento al rapporto giuridico dedotto, facendo venir meno la ratio giustificatrice di un intenso potere di controllo sulla giurisdizione, da esercitare "sine die"(In applicazione del su esteso principio, le Sezioni Unite della Corte hanno dichiarato inammissibile l'eccezione di difetto di giurisdizione del G.O., sollevata dall'I.N.P.D.A.P. per la prima volta nel giudizio di legittimità, in fattispecie relativa alla riliquidazione dell'indennità di buonuscita di un docente universitario).
Sul provvedimento
Testo completo
260 19/08 ESENTE REGISTRAZIONE - ESENTE BOLLI - ESENTE PROTI Oggetto REPUBBLICA ITALIANA -Giurisdizione IN NOME DEL POPOLO ITALIANO pubblico impiego LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE buonuscita SEZIONI UNITE CIVILI R.G.N. 21985/2007 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Cron. 26019 Dott. ALESSANDRO CRISCUOLO Primo Presidente f.f. Rep. Dott. ANTONINO ELEFANTE Presidente Ud. 14/10/2008 Presidente Dott. ROBERTO PREDEN PU Consigliere - Dott. ALFREDO MENSITIERI Consigliere Dott. ANTONIO MERONE Dott. PASQUALE PICONE Consigliere Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO - Consigliere Dott. FABRIZIO FORTE - Rel. Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 21985-2007 proposto da: I.N.P.D.A. P. - ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato 2008 55,in ROMA, VIA SANTA CROCE IN GERUSALEMME 876 rappresentato e difeso dall'avvocato DARIO MARINUZZI, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIO MANCA, LUNGOTEVERE PRATI 21, presso lo studio dell'avvocato MELE ALESSANDRA, rappresentato e difeso dall'avvocato MANCONI ANTONIO PIERO SEBASTIANO, giusta delega a margine del controricorso;
controricorrente- avverso la sentenza n. 255/2006 della CORTE D'APPELLO di Cagliari - Sezione distaccata di SASSARI, depositata il 31/07/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2008 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;
udito l'Avvocato Piera MESSINA per delega dell'avvocato Dario MARINUZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RAFFAELE CENICCOLA, che ha concluso per l'inammissibilità del primo motivo del ricorso. Svolgimento del processo Con sentenza 31 luglio 2006, n. 255 la Corte d'appello di Cagliari, sezione staccata di Sassari, confermando la decisione di primo grado, riconosceva il diritto di IO CA, docente dell'Università degli Studi di Sassari, a percepire dall'Istituto Nazionale di Previdenza dei Pubblica (INPDAP)Dipendenti dell'Amministrazione la riliquidazione dell'indennità di buonuscita computando il servizio svolto quale maestro elementare dal 1° ottobre 1947 al 30 settembre 1951 e tenendo conto per il periodo dal 6 aprile 1970 ' secondo il criterio di cui al 28 febbraio 1973 all'art. 4 del d. P.R. n. 1032 del 1973, del servizio svolto, nel contempo, quale docente di scuola media e quale incaricato in pre-ruolo presso l'Università. La Corte di merito rilevava: a) quanto al primo periodo, che l'Istituto non aveva contestato in primo grado la durata del medesimo, sicchè la relativa questione in quanto es -3- posta per la prima volta in appello era inammissibile in tale grado;
b) quanto al secondo periodo, che il servizio di pre-ruolo era stato riscattato dal docente, mediante il pagamento delle relative rate di - anch'esso rimasto privo di contribuzione sicchè ai fini dellatempestiva contestazione riliquidazione della buonuscita ai sensi dell'art. 4 citato doveva considerarsi anche tale servizio, essendo irrilevante che per il medesimo periodo il CA avesse prestato servizio di ruolo come docente della scuola media. Avverso tale sentenza propone ricorso per 1'INPDAP deducendo due motivi dicassazione impugnazione. Il CA resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso l'INPDAP deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e denuncia al riguardo formulando uno specifico quesito а norma dell'art. 366-bis c.p.c. TWW la violazione e falsa applicazione degli art. 3 e 63 м - 4- del decreto legislativo n. 165 del 2001, per non avere la Corte territoriale declinato la propria giurisdizione trattandosi di controversia attinente a rapporto di lavoro di docente universitario, sottratta alla giurisdizione del giudice ordinario ai sensi delle menzionate disposizioni normative.
2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli art. 4, 14 e 15 del d. P. R. n. 1032 del 1973 e dell'art. 2 della legge n. 1368 del 1965. La decisione della Corte d'appello viene censurata in due profili: a) per non avere riconosciuto che la continuità del servizio di docente della scuola elementare non era stata allegata e dimostrata e che, comunque, tale servizio andava conteggiato per un totale di così come determinatotre anni e quattro mesi dalla consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio e non per quattro anni;
b) per avere sovrapposto il periodo di servizio prestato come docente di ruolo della scuola media statale a quello prestato, contemporaneamente, come 17 -5- docente incaricato dell'Università, finendo così per valutare due volte, ai fini dell'indennità di buonuscita, un medesimo periodo di servizio. In ordine a tale secondo profilo viene formulato quesito di diritto ai sensi dell'art. 366-bis c.p.c.
3. Con riguardo al primo motivo di ricorso Occorre pronunciarsi, in via preliminare, sulla ammissibilità dell'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata da una parte (l'INPDAP) la quale, soccombente in primo grado, ha appellato la sentenza di merito senza nulla eccepire circa la giurisdizione del giudice che l'ha pronunciata, essendosi limitata come - arisulta dalla decisione della Corte d'appello contestare la pretesa del CA di ottenere una diversa liquidazione dell'indennità di buonuscita mediante il computo di due ulteriori e distinti periodi di servizio.
3.1. Mette conto rilevare che una situazione processuale analoga а quella in esame è stata recentemente valutata da queste Sezioni unite м -6- con la sentenza n. 24883 del 2008 in riferimento alla eccezione di difetto di giurisdizione del 1 giudice tributario, sollevata dall'Agenzia delle Entrate per la prima volta in sede di legittimità, dopo che la medesima, soccombente dinanzi alla commissione tributaria di primo grado in relazione impugnazione proposta da una fondazione alla privata avverso il provvedimento di cancellazione dall'Anagrafe unica di cui all'art. 11 del decreto legislativo n. 460 del 1997, aveva proposto appello limitandosi a contestare la sussistenza dei necessari per l'iscrizione della requisiti nella predetta Anagrafe. fondazione è osservato che secondoIn tale decisione si l'art. 329, secondo comma, c.p.c. l'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate: se i giudici tributari avessero espressamente affermato la propria giurisdizione (su istanza di parte о d'ufficio) contestualmente alla decisione di merito, la mancata impugnazione della relativa statuizione avrebbe determinato senz'altro l'effetto इ -7- dell'accettazione della stessa da parte dell'appellante e del passaggio in giudicato (esplicito) del relativo capo della sentenza con l'effetto preclusivo di cui all'art. 324 c.p.c., nonostante il disposto dell'art. 37, primo comma, in forza del quale il difetto di c.p.c., giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione о dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo;
ma un effetto identico si produce in conseguenza della decisione del merito, senza una statuizione esplicita sulla giurisdizione, poiché la decisione sul merito implica la decisione sulla giurisdizione e, quindi, se le parti non impugnano la sentenza, о la impugnano senza eccepire il difetto di giurisdizione, pongono in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e, quindi, si verifica il fenomeno della acquiescenza per incompatibilità con le conseguenti preclusioni sancite dagli art. 329, secondo comma, e 324 c.p.c. M -8- Sul piano della coerenza del sistema, inteso con generale riferimento alle norme del codice di procedura civile (applicabili al processo tributario, in quanto compatibili), un tale effetto si riconnette - come queste Sezioni unite hanno rilevato con la citata sentenza - all'esigenza della ragionevole durata del processo e all'obbligo incombente su tutti i soggetti del rapporto controllare il corretto esercizioprocessuale di della giurisdizione, sin dalle prime battute del processo, anche quando la questione non venga espressamente sollevata, sì che la portata precettiva dell'art. 37 c.p.c. debba essere contenuta in limiti più ristretti di quelli autorizzati dalla lettera della legge.
3.2. Il principio, enunciato a completamento di evoluzione giurisprudenzialeuna graduale influenzata dalla costituzionalizzazione del giusto processo, si rivela di notevole incidenza nel processo del lavoro e, particolarmente, nella materia del riparto di giurisdizione fra giudice lavoro e giudicedel amministrativo nelle e -9- controversie come quella ora in esame relative - a rapporti di pubblico impiego. Una ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali formatisi dopo la riforma del processo del lavoro (legge n. 533 del 1973) consente di delineare, con riguardo al potere di controllo del giudice in materia di giurisdizione, una evoluzione non proprio coerente con le finalità del legislatore. Nell'ambito di un processo, in cui il controllo sull'esatta osservanza delle regole si poneva negli intenti originari - non più come controllo autoritativo circa delle regolel'applicazione processuali dettate dallo Stato in quanto fornite di una propria intrinseca validità, ma come garanzia di certezza e di immediatezza della tutela giurisdizionale dei diritti dei lavoratori e dei diritti sociali, la verifica della giurisdizione si configurava come meramente strumentale e, in definitiva, assumeva rilievo processuale solo nel caso di mancato rilievo della carenza di giurisdizione, e dunque come un genere di vizio - 10 - della sentenza determinato da violazione di norma regolatrice, non del rapporto sostanziale dedotto ad oggetto del processo dall'attività assertiva delle parti, ma appunto del processo, sia pure di suoi presupposti, attinenti al giudice. Tuttavia, una configurazione siffatta del mancato rilievo del difetto