Cass. civ., sez. III, sentenza 12/12/2005, n. 27335

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Il contenuto del mandato comprende, ai sensi dell'art. 1708 cod. civ., non solo gli atti per i quali è stato conferito ma anche quelli che sono necessari per il relativo compimento. Le attività accessorie che il mandatario è abilitato a compiere possono consistere,oltre che nel compimento di atti giuridici, nello svolgimento di atti materiali, e nel caso che sia indicato il fine che il mandante si propone, il mandatario può compiere qualsiasi atto idoneo a realizzare detto fine (Nell'affermare il suindicato principio con riferimento a mandato conferito per ottenere il trasferimento di un immobile di cui si era resa aggiudicataria in sede esecutiva, la S.C. ha ritenuto avere correttamente il giudice del merito ravvisato estendersi il mandato anche, quali atti necessari al suo compimento, all'indicazione della società mandante ai sensi dell'art. 583 cod. proc. civ. e al pagamento del residuo prezzo).

La società di capitali, che acquista la personalità giuridica con l'iscrizione nel registro delle imprese, può ratificare gli atti posti in essere dal rappresentante senza potere, tale dovendosi considerare colui che agisce in nome di una costituenda società di capitali, incorrendo nella responsabilità prevista dall'art. 1398 cod. civ. Gli effetti della ratifica retroagiscono peraltro al momento della stipulazione del contratto di società, ma non anche per i negozi posti in essere ancora precedentemente, attesa l'impossibilità per il "falsus procurator" di spendere il nome di un soggetto ancora non venuto ad esistenza. La ratifica del negozio concluso dal "falsus procurator" può desumersi anche da "facta concludentia", sempre che nel caso di negozio concluso in nome di una società ( di una persona giuridica) il comportamento dal quale possa inferirsi l'esistenza della ratifica provenga dall'organo istituzionalmente competente a provvedere su di essa e tale comportamento risulti da atto scritto quando per il negozio da ratificare richieda la forma scritta (Principio dalla S.C. affermato in relazione a fattispecie caratterizzata: a) dal conferimento, immediatamente dopo il perfezionamento del contratto sociale ed anteriormente all'iscrizione nel registro delle imprese, ad un determinato soggetto dell'incarico, quale legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, di indicare ex art. 583 cod. proc. civ. la medesima come aggiudicataria del bene all'esito della gara celebratasi in sede esecutiva ex art. 584 cod. proc. civ., e di provvedere a quanto necessario per portare ad effetto tale aggiudicazione con il trasferimento in favore della medesima della proprietà del Palazzo Franchetti di Venezia; b) dalla effettuazione della dichiarazione ex art. 583 cod. proc. civ. e del pagamento del saldo prezzo di £ 400 milioni prima dell'iscrizione della società; c) dall'emissione del decreto di trasferimento successivamente all'iscrizione in questione; d) dall'essersi la detta società resa intestataria del bene, a tale stregua ratificando l'operato del suindicato rappresentante e di quanti altri avevano agito in suo nome).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 12/12/2005, n. 27335
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27335
Data del deposito : 12 dicembre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F G - Presidente -
Dott. P L R - Consigliere -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. M M - Consigliere -
Dott. S A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VENICE DI VITTORIO CERRA SAS, in persona dell'omonimo accomandatario elettivamente domiciliato in

ROMA VIA TAGLIAMENTO

55, presso lo studio dell'avvocato D P N, che lo difende unitamente all'avvocato A D S, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
S G, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DI PIETRALATA

320, presso lo studio dell'avvocato M R G, che lo difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 171/01 della Corte d'Appello di TRIESTE, sezione prima civile emessa 15/12/2000, depositata il 31/03/2001;
RG. 403/1999;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/11/2005 dal Consigliere Dott. A S;

udito l'Avvocato G M R;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C R che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PO
Con decreto ingiuntivo del 21/10/1997, il presidente del tribunale di Pordenone ingiungeva alla Venice s.a.s. di arch. Vittorio Cerra di pagare senza dilazione all'avv. G S la somma di L. 400 milioni, oltre interessi. L'avv. S aveva addotto che la Venice s.r.l., successivamente trasformatasi in Venice s.a.s., fosse debitrice di tale somma nei suoi confronti per anticipazioni (pagamento del saldo del prezzo di aggiudicazione), che si erano rese necessarie al fine di eseguire l'incarico conferitogli dalla Venice, in persona del legale rappresentante Ortis Adelchi, per ottenere il trasferimento in suo favore del palazzo Franchetti in Venezia, di cui la Venice si era resa aggiudicataria in sede esecutiva. Assumeva l'avv. S che analoga istanza monitoria era stata accolta dal Presidente del tribunale di Venezia e che, a seguito di opposizione, e successivo giudizio, in sede di appello la corte di Venezia aveva dichiarato l'incompetenza territoriale del giudice adito.
Avverso l'attuale decreto ingiuntivo proponeva opposizione la Venice s.a.s., che veniva rigettata dal Tribunale di Pordenone, con sentenza n. 323/1999. La corte di appello di Trieste, con sentenza depositata il 21/03/2001, rigettava l'appello. Riteneva la corte territoriale che nella fattispecie l'avvocato S aveva ricevuto l'incarico dalla società Venice s.r.l., costituita, ma non ancora iscritta nel registro delle imprese, di indicare ex art. 583 c.p.c., essa società come reale acquirente del bene ad esito della gara, celebratasi ex art. 584 c.p.c., e di provvedere a quanto necessario perché avvenisse il trasferimento della proprietà ad essa Venice;
che detto mandato era stato conferito in data 02/10/1986, mentre l'iscrizione della società avvenne in data 18/11/1986;
che non si trattò di un contratto di mutuo di somma dallo S all'Ortis, legale rappresentante della società;
che avverata l'iscrizione, la società Venice ratificò, con il suo comportamento, il mandato conferito allo S, avendo accettato gli effetti del trasferimento in suo nome del palazzo aggiudicatosi;
che il mandato ex art. 1708 c.c. comprendeva anche tutti gli atti necessari al suo compimento;
che la Venice doveva rimborsare al mandatario le spese da questi sostenute, e quindi anche L.. 400 milioni versati alla cancelleria del tribunale, quale saldo del prezzo.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Venice s.a.s., che ha anche presentato memoria. Resiste con contro ricorso G S. Entrambe le parti hanno presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 113, 115, 184 e 229 c.p.c. e comunque l'insufficiente od omessa motivazione, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 e 5. Assume la ricorrente che, per quanto nel proprio atto introduttivo del giudizio l'attore avesse posto a base della domanda un mutuo effettuato da esso attore a favore della detta Venice, su richiesta dell'Ortis, che si impegnava alla restituzione, la sentenza impugnata aveva effettuato una ricostruzione giuridica del negozio come di mandato, poi ratificato dalla società Venice, venuta successivamente a giuridica esistenza;
che, così operando, la sentenza impugnata aveva completamente stravolto l'impostazione giuridica di fatto e di diritto.


2.1. Ritiene questa Corte che il motivo è infondato. Anzitutto va osservato che la ricorrente nell'esposizione del fatto riporta per esteso il ricorso per decreto ingiuntivo richiesto da G S al presidente del tribunale di Venezia, considerando quello come atto introduttivo dell'attuale giudizio e quindi - rispetto a tale atto introduttivo - rilevando l'assunta violazione dell'art. 112 c.p.c.. Sennonché quel giudizio si concluse con la sentenza di incompetenza emessa dalla corte di appello di Venezia. L'attuale giudizio, invece, sorge con il ricorso per decreto ingiuntivo proposto al presidente del tribunale di Pordenone, e, quindi, in merito a tale atto va esaminato se vi è stata violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Nella specie va osservato che in tale ricorso la domanda non è basata su un contratto di mutuo tra l'Ortis ed il ricorrente, ma sulle anticipazioni effettuate dallo S di L. 400 milioni presso la cancelleria del tribunale di Venezia, come saldo del prezzo dovuto dalla Venice, per eseguire l'incarico conferitogli dalla Venice in persona del legale rappresentante Ortis, per ottenere il trasferimento di un palazzo veneziano, di cui la Venice s.r.l. si era resa aggiudicataria. Ne consegue che rispetto a tale prospettazione proposta con l'atto introduttivo di questo giudizio (e non di altro giudizio) la qualificazione data dal giudice al rapporto negoziale fatto valere dall'attore (mandato) non costituisce violazione dei principio di cui all'art. 112 c.p.c.. Va, a tal fine, osservato che il vizio di ultra ed extra petizione è riscontrabile quando il giudice pronunci oltre i limiti delle domande e delle eccezioni proposte, ovvero su questioni estranee all'oggetto del giudizio (e non rilevabili d'ufficio), attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello fatto valere. Al di fuori di queste specifiche previsioni, egli è libero, nell'esercizio della potestas decidendi, di individuare la natura dell'azione proposta e di porre a base della pronuncia considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate dalle parti, e di rilevare, indipendentemente dalla iniziativa della parti, la mancanza degli elementi che caratterizzano l'efficacia costitutiva ed estintiva della pretesa, in quanto ciò attiene all'obbligo inerente all'esatta applicazione della legge (Cass. 17/10/2002, n. 14734;
Cass. 16/05/1998, n. 4923).

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