Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/03/2005, n. 6409

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Massime1

Ove una P.A. (a ciò autorizzata dalla legge) scelga di richiedere al Comune la notificazione di propri atti e si avvalga, a tal fine, dei messi comunali (personale dipendente del Comune), l'attività notificatoria esplicata da costoro non è riconducibile alla nozione di pubblico servizio recepita nell'art. 33, secondo comma, lett. f), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dovendo escludersi da tale nozione le prestazioni che rivestono un rilievo soltanto strumentale all'erogazione del servizio e che restano, comunque, interne alla struttura organizzativa del gestore del medesimo. All'opposto, i messi comunali agiscono nell'adempimento degli obblighi di prestazione che derivano dal rapporto d'impiego pubblico che li lega all'ente territoriale, nella cui struttura sono inseriti, e in questo stesso rapporto trova titolo e giuridico fondamento ogni loro pretesa - comprese quelle di carattere patrimoniale - connessa con l'esercizio dell'attività notificatoria, ancorchè svolta nell'interesse e per conto d'altra Amministrazione. Ne consegue che, considerato che il rapporto di cui trattasi rientra tra quelli cosiddetti contrattualizzati, la questione di giurisdizione, in relazione a controversia avente ad oggetto il pagamento di somme reclamate come corrispettivo dell'attività di notificazione di certificati elettorali richiesto al Comune d'appartenenza dal Ministero dell'interno in occasione delle elezioni del 1995, va risolta alla stregua della disciplina transitoria di cui all'art. 69, settimo comma, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (già art. 45, diciassettesimo comma, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80), il quale, nel richiamare il trasferimento alla giurisdizione ordinaria delle controversie in tale materia (art. 63 D.Lgs. n. 165 del 2001; già art. 68 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 del D.Lgs. n. 80 del 1998), conserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie che, sebbene introdotte successivamente al 30 giugno 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/03/2005, n. 6409
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6409
Data del deposito : 25 marzo 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. N G - Presidente di sezione -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
Dott. C G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- ricorrente -


contro
GAGLIARDO CARMINE;



- intimato -


avverso la sentenza n. 740/01 del Giudice di pace di AVELLINO, depositata il 03/09/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/02/05 dal Consigliere Dott. G C;

udito l'Avvocato VOLPE, dell'Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M A che ha concluso per il rigetto del ricorso, giurisdizione dell'a.g.o..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Ministero dell'Interno proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 623/00 del giudice di pace di Avellino, ottenuto dall'odierno intimato per il pagamento di somme asseritamente dovutegli dall'Amministrazione, ai sensi della legge n. 202 del 1991 come corrispettivo dell'attività di notificazione di certificati elettorali da esso svolta, in qualità di messo comunale, in occasione delle elezioni dell'anno 1995.
Con sentenza n. 740 del 2001 il giudice di pace ha rigettato l'opposizione, affermando che il servizio di notifica richiesto da Amministrazioni "terze" rispetto al Comune di appartenenza dei messi notificatori è estraneo ed aggiuntivo rispetto ai "normali" compiti da costoro svolti nell'ambito del rapporto di impiego intercorrente con l'ente locale, conseguendone l'obbligo di remunerazione a carico dell'Amministrazione richiedente;
difatti, dopo la legge n. 142/90 - abrogativa degli artt. 273 e 274 del T.U.L.C.P. n. 383 del 1934, a norma dei quali l'attività di notifica doveva essere esplicata senza corrispettivo - non era più consentito ritenerne la gratuità, dovendo, quindi, applicarsi, quale norma valevole, in via generale, per tutte le Pubbliche Amministrazioni, la disposizione della legge n. 202 del 1991, che prevede l'attribuzione di un rimborso in somma
fissa per ogni atto notificato nell'interesse del Ministero delle Finanze.
Per la cassazione di questa sentenza il Ministero dell'Interno ha proposto ricorso fondato su quattro motivi, illustrati con successiva memoria. La parte privata non si è costituita.
Con propria ordinanza in data 22 maggio 2004, la Prima sezione civile defila Corte, considerato che alla pubblica udienza fissata per la discussione del ricorso, l'Avvocatura dello Stato aveva sollevato questione di giurisdizione, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, che ha poi disposto l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite. MOTIVI DELLA DECISIONE
L'assegnazione del ricorso a queste Sezioni Unite è limitata alla decisione della questione di giurisdizione (art. 142 disp. att. c.p.c.) che il ricorrente Ministero dell'Interno ha sollevato sotto
due profili: il primo, afferente alla inclusione del rapporto controverso nella materia dei pubblici servizi, attribuita dall'art. 33 del d.lgs. n. 80/98, come riformulato dall'art. 7 della legge n. 205/2000, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
il
secondo, con cui si sostiene la inerenza della controversia alla materia dei rapporti di pubblico impiego privatizzato e, quindi, la sua soggezione alla disciplina dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/98 e dell'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/01, che ne
comporterebbero, del pari, l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del detto giudice.
Osservano le Sezioni Unite che la questione va risolta tenendo presente che il disposto dell'art. 386 cod. proc. civ., a norma del quale la giurisdizione si determina sulla base dell'oggetto della domanda, è univocamente interpretato dalla propria giurisprudenza (vedi, tra tante, Cass., sez. un., 26 maggio 2004 n. 10180, 23 gennaio 2004 n. 1233, 15 maggio 2003 n. 7507, 28 dicembre 2001 n. 16218, 8 luglio 1998, n. 6626) nel senso che il riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo va operato non già in base al criterio della cosiddetta prospettazione, bensì alla stregua del "petitum sostanziale", che il giudice deve identificare non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che gli si richiede, ma anche e soprattutto in funzione della "causa petendi", ossia dell'intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e da individuare con riguardo, in particolare, ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale essi sono manifestazione;
con la conseguenza che la domanda, così identificata, è devoluta alla cognizione del giudice che sul medesimo rapporto ha giurisdizione. Nel caso di specie, la lesione di proprie situazioni giuridiche attive lamentata dall'odierno intimato nel giudizio a quo risulta casualmente collegata all'attività di notificazione di certificati elettorali da esso svolta nella sua qualità di "messo comunale" e il diritto alla corresponsione di determinati compensi per l'effettuazione di tali prestazioni costituisce la situazione giuridica della quale si invoca la tutela.
Ora, se si ha riguardo alle disposizioni normative che disciplinano la materia, è agevole rilevare che l'attività di notificazione di atti propri di altre Amministrazioni (statali e non statali) è attività che la legge demanda al Comune, il quale vi provvede attraverso i propri di rendenti, attribuendo loro, volta per volta, le funzioni di messo notificatore, o individuando in via generale, in sede di approvazione dello Statuto, i soggetti portatori della funzione.
Già l'art. 273 del Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con r.d. 3 marzo 1934 n. 383, prevedeva che "i messi dei comuni e delle province possono anche notificare atti nell'interesse di altre amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta a quella da cui essi rispettivamente dipendono".
E se la norma in questione deve ritenersi abrogata dalla legge 8 giugno 1900 n. 142, recante il nuovo "Ordinamento delle autonomie
locali" (vedi art. 64), tuttavia questa stessa legge, all'art. 10, dopo aver elencato i servizi, di competenza statale - tra i quali quello elettorale - che sono gestiti dal Comune, stabilisce che "ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai Comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie". In questi termini dispone l'art. 201, comma terzo, del d.lgs. 20 aprile 1992 n. 285 (codice della strada), stabilendo che "alle
notificazioni si provvede a mezzo degli organi indicati nell'art. 12 o dei messi comunali...".
Identica possibilità è riconosciuta da norme specifiche all'Amministrazione finanziaria, tant'è che la stessa legge 19 aprile 1982 n. 165, che pure ha previsto il divieto per gli uffici
finanziari di conferire incarichi per il servizio di notificazione a personale estraneo all'Amministrazione medesima, ha, tuttavia, fatto eccezione per "le notificazioni effettuate a mezzo del personale delle amministrazioni comunali" (art. 3, comma 4).
In generale, poi, l'art. 10 della legge 3 agosto 1999 n. 265, sotto il titolo "Notificazioni degli atti delle pubbliche amministrazioni", ha previsto che "le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, e successive
modificazioni, possono avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, dei messi comunali... (primo comma);
che "al Comune che vi provvede spetta, da parte dell'amministrazione richiedente, per ogni singolo atto notificato..., una somma determinata con decreto dei ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dell'interno e delle finanze" (secondo comma);
che l'"ente locale richiede con cadenza semestrale, alle singole amministrazioni dello Stato la liquidazione e il pagamento delle somme spettanti per tutte le notificazioni effettuate per conto delle stesse amministrazioni, allegando la documentazione giustificativa" (terzo comma);
da ultimo, e con specifico riferimento alle consultazioni elettorali e referendarie, che le spese per le notificazioni effettuate (dai Comuni) per conto dello Stato della Regione e della Provincia, "sono a carico degli enti per i quali si tengono le elezioni e i referendum..." (quarto comma).
Quest'ultima disposizione va ad integrare quelle della specifica disciplina di settore (contenuta nella legge 23 aprile 1976 n. 136, recante norme sulla "Riduzione dei termini e semplificazione della procedimento elettorale", e nella legge 24 gennaio 1979 n. 18, riguardante l'"Elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo") a loro volta altrettante esplicite nell'indicare i Comuni come (unici) referenti dello Stato, della Regione e della Provincia per gli adempimenti necessari all'organizzazione tecnica e all'attuazione delle elezioni politiche e amministrative, nonché dei referendum popolari e nello stabilire che gli oneri relativi agli adempimenti di spettanza degli enti suddetti sono anticipati da questi e rimborsati dallo Stato (o dalla Regione o dalla Provincia) in base a documentato rendiconto (art. 17 della legge n. 136 del 1976 e art. 55 della legge n. 18 del 1979). Anche la giurisprudenza di questa Corte (tra tante: Sez. un. 22 gennaio 2002 n. 711, Cass. 16 giugno 1998 n. 5987, 6 giugno 1997 n. 5069, 15 aprile 1994 n. 3594, Sez. un. 12 dicembre 1991 n. 13411) è univoca nell'affermare che il ricorso ai Comuni ad opera di altre Amministrazioni, per la notificazioni di propri atti tramite i messi, non genera un rapporto di servizio fra le Amministrazioni medesime e questi soggetti, i quali agiscono come dipendenti dell'ente territoriale, ma da luogo a un rapporto di preposizione dell'ente medesimo, che deve essere qualificato come mandato ex lege. Alle medesime conclusioni perviene la dottrina amministrativa che, nelle sue pia recenti espressioni, riconduce la relazione che viene a determinarsi con il Comune - nei casi in cui questo sia tenuto per legge ad esplicare attività strumentali, nell'interesse o per conto di altre Amministrazioni - alla figura dell'"avvalimento", ravvisandone le caratteristiche nel fatto che un ente pubblico si avvale della struttura e del personale di un ente diverso per il compimento di attività preparatorie, strumentali o esecutive rispetto all'esercizio delle funzioni di propria competenza e rinvenendone la ragione giustificatrice in esigenze di carattere organizzativo, derivanti da carenze strutturali di organico dell'ente avvalente, ovvero dalla tecnicità e specializzazione dei mezzi e del personale dell'ente di cui esso si avvale, ovvero, ancora come nei rapporti tra lo Stato e gli enti territoriali) dalla maggiore vicinanza di questi ultimi ai destinatali dell'azione amministrativa relativamente a materie o compiti che presentino una qual certa "localizzazione".
Ricostruita in questi termini la relazione giuridica cui da luogo la scelta di una pubblica amministrazione (a ciò autorizzata dalla legge) di richiedere ai Comuni la notificazione di atti a mezzo dei propri dipendenti, non può non conseguirne la non riconducibilità dell'attività notificatoria da costoro esplicata alla nozione di servizio pubblico recepita nell'art. 33, secondo comma, lett. f) del d.lvo. 31 marzo 1998 n. 80;
dovendo escludersi da tale nozione, Così come identificata dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite (vedi sent. 30 marzo 2000 nn. 71 e 72, 3 agosto 2000 n. 532), le prestazioni che, come quella in oggetto, rivestono soltanto rilievo strumentale alla erogazione del servizio e restano, comunque, interne alla struttura organizzativa del gestore del medesimo. All'opposto, i messi comunali agiscono nell'adempimento degli obblighi di prestazione che derivano dal rapporto di impiego pubblico che li lega all'ente territoriale, nella cui struttura sono, appunto, inseriti, e in questo stesso rapporto trova titolo e giuridico fondamento ogni loro pretesa - comprese quelle di carattere patrimoniale - connessa con l'esercizio dell'attività in argomento. In applicazione dei criteri su esposti, considerato che il rapporto di cui trattasi rientra tra quelli c.d. contrattualizzati, la questione di giurisdizione va risolta alla stregua della disciplina transitoria dell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 69, comma 7, del d.lvo. n. 165 del 2001), che, nel richiamare il trasferimento alla giurisdizione ordinaria delle controversie in tale materia (operato dall'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 dello si esso d.lgs. n. 80 del 1998 e poi dall'art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001), conserva, tuttavia, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie che, sebbene introdotte successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 80 del 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al "periodo del rapporto di lavoro" anteriore al 30 giugno 1998. Interpretando questa disposizione, le Sezioni unite hanno affermato (tra tante, Sez. un. 27 gennaio 1999 n. 4, 20 novembre 1999 n. 808, 27 febbraio 2002 n. 2953, 30 gennaio 2003 n. 1511), che il discrimine temporale del disposto trasferimento va individuato con riferimento "al dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, così come poste a base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia". E, successivamente, hanno precisato - in relazione a domande aventi ad oggetto, come quella nella specie proposta, la liquidazione di spettanze che presuppongono l'avvenuto svolgimento di prestazioni lavorative alle dipendenze di un ente pubblico non economico ricompreso tra quelli soggetti al nuovo regime - che la giurisdizione si determina avendo riguardo al periodo in cui le prestazioni medesime sono state eseguite;
per cui deve dichiararsi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ove la pretesa sia riferibile a prestazioni svolte anteriormente al 30 giugno 1998, mentre va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario quando si tratti di pretese riferibili al periodo successivo a tale ultima data (vedi, Sez. un. 18 febbraio 2004 n. 3229, 7 marzo 2003 n. 3512, 6 febbraio 2003 n. 1809, 15 novembre 2002 n. 16161, 3 ottobre 2002 n. 14216, 23 novembre 2000 n. 1204). Sempre secondo la richiamata giurisprudenza (fra tante, Cass. Sez. un. 30 gennaio 2003 n. 1511, 4 luglio 2002 n. 9690, 17 giugno 2002 n. 8700), ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione, è irrilevante la circostanza che la controversia sia stata introdotta dopo la data del 15 settembre 2000, posto che quello appena indicato è un termine fissato non quale limite alla persistenza (relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma quale termine di decadenza sostanziale per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione. Dovrà, quindi, essere il giudice amministrativo, ove se ne affermi la giurisdizione esclusiva, a valutare se sia o meno intervenuta una decadenza dal potere di azione. Nella controversia in esame, la domanda ha ad oggetto la pretesa di corrispettivi per prestazioni svolte alle dipendenze dell'amministrazione comunale in un periodo del rapporto di lavoro che, per quanto riferito in narrativa, è sicuramente anteriore alla data del 30 giugno 1998;
onde, in applicazione dell'esposto criterio di collegamento, deve essere dichiarata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio. La peculiarità della controversia costituisce giusto motivo per disporre la compensazione tra le parti delle spese dell'intero processo.

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