Cass. civ., sez. II, sentenza 21/05/2020, n. 9386
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In tema di appalto, l'art. 18, comma 3 bis, della l. n. 55 del 1990 – il quale prevede la possibilità per l'amministrazione aggiudicatrice di opere di appalto con facoltà di subappalto, di indicare nel bando di gara se provvederà al pagamento diretto al subappaltatore dell'importo dovuto, ovvero tramite l'appaltatore – è norma precettiva; l'omessa indicazione di tali modalità di pagamento nel bando di gara e la loro previsione nel solo contratto applicativo, determina, pertanto, la nullità parziale del bando medesimo e la conseguente sostituzione di diritto, ex art. 1419 c.c., delle clausole ad essa contrarie con la previsione normativa del pagamento diretto, in quanto ipotesi più favorevole all'appaltatore.
Sul provvedimento
Testo completo
9 386 -20 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Oggetto ANTONIO ORICCHIO - Presidente - APPALTO U BI - Consigliere - Ud. 20/11/2019 GIUSEPPE DE MARZO - Consigliere- PU - Consigliere -ANNAMARIA CASADNTE R.G.N. 3250/2016 GIUSEPPE DNGIACOMO - Rel. Consigliere - Rep. vi è già procedure ha pronunciato la seguente جوم الكرة وان SENTENZA for l'imposto die 200.000 sul ricorso 3250-2016 proposto da: 10/2/2016 EDS INFRASTRUTTURE S.P.A., rappresentata e difesa CHIARA Car.9386 dall'Avvocato U C e dall'Avvocato G ed elettivamente domiciliata a Roma, via Salaria 400, presso lo studio dell'Avvocato U C, per procura speciale a margine del ricorso;
ricorrente -
contro
TELECOM ITALIA S.P.A., rappresentata e difesa dall'Avvocato I C ed elettivamente domiciliata a Roma, via Spallanzani 2, presso lo studio dell'Avvocato VRIO PESCATORE, per procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
- nonché TELLABS DENMARK A/S (già DSC COMMUNICATION A/S TELLABS), oggi CORIANT DENMARK A/S;
2469/11 о 2 -resistente- avverso la sentenza n. 868/2014 della CORTE D'APPELLO DI MESSINA, depositata il17/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 20/11/2019 dal Consigliere GIUSEPPE DNGIACOMO;
sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica LUCIO CAPASSO, il quale ha concluso per il rigetto del primo e del quarto motivo, per l'accoglimento del secondo e per l'inammissibilità del terzo;
sentito, per la ricorrente, l'Avvocato U C;
sentito, per la controricorrente, l'Avvocato DMENICO TALARICO, per delega dell'Avvocato I C;
sentiti, per la resistente, l'Avvocato ALFRED LUCENTE e l'Avvocato MATTEO BORDNI.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con decreto pronunciato nel 1999, ha ingiunto alla TELECOM ITALIA s.r.l., alla DSC Communications A/S e alla TELI s.p.a. il pagamento, in favore della EDIL SCAVI s.p.a. (già EDIL SCAVI di Buglisi Sebastiano & C. s.r.l. ed, ancora prima, s.n.c.), della somma di £. 2.167.556.228, oltre interessi e spese, quale residuo corrispettivo per i lavori, dalla stessa regolarmente eseguiti, previsti dal contratto di subappalto stipulato il 3/7/1997 con la TELECOM ITALIA s.r.l., associata dell'A.T.I. costituita, oltre che dalla stessa TELECOM ITALIA s.r.l., dalla DSC Communications A/S, quale capogruppo, e dalla TELI s.p.a.: A.T.I. che, risultata aggiudicataria a seguito di gara, aveva stipulato, in data 25/3/1997, con la s.p.a. TELECOM ITALIA un accordo quadro, integrato con contratto applicativo del 28/4/1997, per la realizzazione di una piattaforma di rete a banda larga. Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 Il tribunale, con sentenza del 2006, nella contumacia dei fallimenti della TELECOM ITALIA s.r.l. e della ELETTRA s.r.l. (già TELI s.p.a.), pronunciando sulle opposizioni al decreto ingiuntivo proposte dagli ingiunti nonché sulle domande proposte dall'opposta EDIL SCAVI nei confronti tanto delle società opponenti, quanto a mezzo di chiamata in causa di terzo della TELECOM ITALIA s.p.a., ha, tra l'altro, dichiarato l'inammissibilità delle domande riconvenzionali spiegate dalla società opposta ed, in ragione del difetto di legittimazione passiva della Tellabs Denmark A/S (già DSC Communications A/S Tellabs), ha revocato il decreto ingiuntivo opposto. La EDIL SCAVI s.p.a. ha proposto appello avverso tale decisione, articolando sette motivi di censura e chiedendo la riforma della sentenza impugnata. La Tellabs Denmark A/S e la TELECOM ITALIA s.p.a. hanno resistito al gravame, contestando i motivi d'appello e chiedendo la conferma della decisione appellata. La corte d'appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l'appello ed ha, per l'effetto, confermato la decisione impugnata. La corte, in particolare, ha ritenuto l'infondatezza del primo e del secondo motivo d'appello, con i quali la società appellante aveva dedotto, per un verso, che il tribunale non poteva dichiarare d'ufficio l'inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall'opposta e, per altro verso, che non si trattava di domanda riconvenzionale ma di domanda integrativa di quella avanzata in via ingiuntiva. La corte, al riguardo, ha evidenziato che, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, l'opposto, convenuto formale ma attore in senso sostanziale, non può proporre domanda riconvenzionale, salvo che nel caso in cui, per effetto di una Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 о 4 riconvenzionale formulata dall'opponente, la parte opposta si venga a trovare, a sua volta, in una posizione processuale di convenuto, al quale non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante l'eventuale proposizione di una reconventio reconventionis. Nel caso di specie, però, ha osservato la corte, gli opponenti si sono limitati a chiedere unicamente l'annullamento del decreto ingiuntivo e l'opposto, in conseguenza, non è stato messo nella necessità di difendersi rispetto ad una nuova e diversa pretesa degli opponenti. Né la domanda di ristoro dei danni, ha aggiunto la corte, può essere in alcun modo considerata come domanda integrativa di quella originaria con la richiesta monitoria, infatti, la EDIL SCAVI aveva preteso il pagamento del saldo dei lavori svolti ed è, quindi, evidente che la domanda di risarcimento dei danni da ritardato pagamento è del tutto autonoma e diversa. Neppure è fondato, ha proseguito la corte, il rilievo per cui la sentenza è nulla per essere stata dichiarata d'ufficio l'inammissibilità della domanda riconvenzionale: l'inosservanza del divieto di introdurre una domanda nuova nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, correlata all'obbligo del giudice di non esaminarla nel merito, è, infatti, rilevabile anche d'ufficio. La corte, inoltre, per ciò che riguarda il quarto ed il quinto motivo d'appello, con i quali è stato contestato il rigetto della domanda riconvenzionale proposta nei confronti della TELECOM ITALIA s.p.a.), ha ritenuto che valessero le stesse considerazioni in precedenza formulate. La corte, poi, ha ritenuto l'infondatezza del terzo motivo d'appello, con il quale la società appellante ha contestato la declaratoria di carenza di legittimazione passiva della Tellabs Denmark sul rilievo che il tribunale aveva erroneamente Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 5
considerato che
il contratto intervenuto tra la committente TELECOM ITALIA s.p.a. e l'A.T.I. avrebbe dovuto rimanere distinto da quello derivante dal subappalto intervenuto tra la TELECOM ITALIA s.r.l., e cioè una delle associate, e la EDIL SCAVI, nei confronti della quale, pertanto, non operava la responsabilità solidale delle imprese associate. Secondo la corte, il legame tra la EDIL SCAVI e la TELECOM ITALIA s.r.l. non comporta alcun rapporto associativo in quanto, nei rapporti tra l'appaltatore ed il subappaltatore, spiega l'efficacia di un appalto e subisce le vicende del negozio originario. La corte, inoltre, nel richiamare quanto argomentato dal primo giudice in merito alla carenza di legittimazione dell'appellata, che ha dichiarato di condividere pienamente, ha aggiunto che il richiamo effettuato dall'appellante all'art. 13 dell I. n. 109 del 1994, non era pertinente: nel caso del subappalto intervenuto tra la EDIL SCAVI e la TELECOM ITALIA s.r.l., infatti, quest'ultima, al di fuori del complesso procedimento previsto dall'art. 118 della predetta legge, ha agito, quale singola impresa partecipante, in proprio nome e per proprio conto, nell'esercizio dell'autonomia patrimoniale che, del resto, era garantita dall'atto costitutivo dell'ATI. Viceversa, ha aggiunto la corte, "solo l'offerta dei concorrenti raggruppati avrebbe determinato la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante nonché dei confronti del subappaltatore dei fornitori". Quanto, infine, al sesto (esigibilità e quantum del credito), al settimo (indebita applicazione della riduzione sui prezzi del subappalto), all'ottavo ed al nono motivo, il rigetto dell'appello, ha concluso la corte, determina l'automatico assorbimento degli stessi. Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 6 La EDS INFRASTRUTTURE s.p.a., con ricorso notificato in data 13/1/2016, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione della sentenza della corte d'appello, dichiaratamente non notificata. Ha resistito, con controricorso notificato in data 17/2/2016, la TELECOM ITALIA s.p.a.. La società ricorrente ha depositato memoria e documenti. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La Corte prende atto che la società ricorrente, con delibera dell'assemblea straordinaria del 12/9/2017 (v. la copia allegata alla memoria depositata 1'8/11/2019), ha mutato la propria denominazione da EDIL SCAVI s.p.a. in EDS INFRASTRUTTURE s.p.a.. 2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c., in relazione all'art. 112 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello ha omesso di riconoscere la nullità della sentenza del tribunale per aver rilevato d'ufficio l'inammissibilità di asserite domande riconvenzionali nonostante che la loro inammissibilità non era stata in alcun modo eccepita dalle parti le quali, al contrario, avevano accettato il contraddittorio sulle stesse trattandone in modo specifico il merito.
2.2. L'appellante, in effetti, aveva lamentato la violazione del principio, che trova fondamento negli artt. 24 e 111 Cost. oltre che nell'art. 101 c.p.c., secondo il quale il giudice non può decidere la lite sulla base di una questione rilevata d'ufficio senza averla preventivamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio, con la conseguente nullità della sentenza del tribunale posto che, nel giudizio di Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 7 primo grado, non è mai stata discussa la questione dell'ammissibilità o meno delle domande.
2.3. La corte d'appello, invece, anziché pronunciare la nullità della sentenza, si è dilungata sulla possibilità per il convenuto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo di proporre domande riconvenzionali, dando a tale questione risposta negativa, ma omettendo del tutto di pronunciarsi sulla nullità così come eccepita, vale a dire per essere stata emessa una pronuncia su questione rilevata d'ufficio senza che fosse stata data alle parti alcuna possibilità di contraddire su essa.
3. Il motivo è infondato. Il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non è idoneo a dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall'art. 112 c.p.c. se ed in quanto si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte (Cass. n. 321 del 2016;
Cass. n. 4191 del 2006;
Cass. n. 22860 del 2004). Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata a denunciare il vizio di omessa pronuncia sull'eccezione di nullità della sentenza per aver pronunciato d'ufficio l'inammissibilità delle (asserite) domande riconvenzionali ma non ha proposto uno specifico motivo di censura relativamente alla questione processuale sulla quale, a suo dire, vi sarebbe stata l'omissione di pronuncia ma che, invece, deve ritenersi essere stato oggetto di una implicita statuizione di rigetto.
4.1. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione all'art. 112 c.p.c., ha Ric. 2016 n. 3250, Sez.
2 - PU del 20 novembre 2019 つ 8 censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d'appello, nel pronunciarsi sul quarto ed il quinto motivo d'appello proposti dalla EDIL SCAVI avverso la sentenza di primo grado, con riguardo alle domande proposte nei confronti della TELECOM ITALIA s.p.a., ha ritenuto che per tali censure valessero le considerazioni già formulate.
4.2. Così facendo, però, ha osservato la ricorrente, la corte d'appello ha omesso di pronunciarsi sulle predette censure, non avendo detto nulla in ordine alle domande che l'opposta aveva proposto nei confronti della TELECOM ITALIA s.p.a. che, in quanto dirette, sono diverse rispetto a quelle avanzate nei confronti delle opponenti principali (e cioè TELECOM ITALIA s.r.l., TELI e DCS), né sulle doglianze specificatamente mosse al riguardo con riferimento alla pronuncia di primo grado.
4.3. La TELECOM ITALIA s.r.l., infatti, aveva attribuito il mancato pagamento alla condotta della mandante TELECOM ITALIA s.p.a.,che aveva sospeso il programma e contabilizzato solo in parte i lavori eseguiti dalla EDIL SCAVI, e ciò aveva fatto emergere l'interesse dell'opposto a chiamare in causa, in base alle norme di cui agli artt. 183, comma 4°, e 269, comma 3°, c.p.c., il terzo TELECOM ITALIA s.p.a., estendendo alla stessa le pretese già azionate nei confronti delle opponenti e proponendo nei suoi confronti domanda di arricchimento senza causa e di risarcimento dei danni.
5. Il motivo è fondato. Secondo un consolidato