Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 29/05/2023, n. 15026

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 29/05/2023, n. 15026
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15026
Data del deposito : 29 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso 18775-2017 proposto da: M A, elettivamente domiciliata in ROM, VIA GERMNICO n.172, presso lo studio dell'avvocato S G, che la rappresenta e difende;
-ricorrente - principale -

contro

COMUNE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROM, VIA TRIONFALE N. 129, presso lo studio dell'avvocato R A C, rappresentato e difeso dall'avvocato M C;
-controricorrente - ricorrente incidentale - Oggetto LAVORO PRECARIO ALTRA AMMINISTRAZIONE R.G.N.18775/2017 Cron. Rep. Ud.24/01/2023 CC nonchè

contro

M A;
-ricorrente principale - controricorrente incidentale - avverso la sentenza n. 1347/2016 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 19/01/2017 R.G.N. 1208/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2023 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MRINIS. RVATO - che, con sentenza del 19 gennaio 2017, la Corte d’Appello di Messina, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Barcellona, sulla domanda proposta da A M nei confronti del Comune di Barcellona Pozzo di Gotto avente ad oggetto, da un lato, la declaratoria della nullità del termine apposto alla successione di contratti di lavoro part- time a tempo determinato dalla M stipulati con il predetto Comune successivamente all’impiego della medesima presso lo stesso Ente nell’ambito dei lavori socialmente utili di cui alla l. n. 67/1988 ed alla l. reg. Sicilia n. 85/1995 fino al 2001, aventi il primo, con orario di diciotto ore settimanali, una durata iniziale di dodici mesi, più volte prorogata fino al 2006 ed il successivo, con orario adeguato a 24 ore settimanali, di analoga durata iniziale prorogata per quattro annualità fino al 31.12.2011, con conseguente conversione a tempo indeterminato del rapporto dall’altro il pagamento delle differenze retributive maturate in ragione del mancato riconoscimento, relativamente al contratto a 18 ore, del trattamento economico spettante, disponeva la condanna del Comune al pagamento delle sole differenze retributive maturate al predetto titolo;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, quanto alla prima domanda, di dover confermare l’esclusione dell’applicazione del d.lgs. n. 368 del 2001, per essere la fattispecie soggetta ad una diversa disciplina, atteso che la causale dei contratti andava individuata nella stabilizzazione dei lavoratori LSU secondo le disposizioni vigenti, con conseguente inapplicabilità del regime delle proroghe e delle successioni di contratti, previsti per i comuni contratti a termine (nel corso della motivazione sono richiamate le seguenti leggi della Regione siciliana: n. 85 del 1995, n. 2 del 2001, n. 20 del 2003, n. 16 del 2006, n. 24 del 2010, n. 24 del 2000), fondata, viceversa, la domanda relativa alla pretesa economica;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre la M, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso il Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, che, a sua volta, propone ricorso incidentale articolato su tre motivi, cui la M resiste con controricorso;
CONSIDERATO - che, con il primo motivo, la ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, c.p.c., in connessione con la direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE del Consiglio, del d.lgs. n. 368 del 2001, dell’art. 36 del d.lgs. n.165 del 2001 e, per quanto di ragione, con gli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 468 del 1997, e dell’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2000, lamenta la non conformità a diritto della declaratoria di legittimità dei contratti a termine in forza dei quali la Caliri ha operato presso il Comune, assumendo la ricorrente essere ingiustificata, stante l’impiego della medesima in ordinarie mansioni d’ordine riconducibili a fini istituzionali dell’Ente, la sottrazione del rapporto alla disciplina nazionale ed eurounitaria limitativa del ricorso al contratto a termine ed alle relative proroghe;
- che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della direttiva CE 1999/70, del d.lgs. n. 368 del 2001, e del d.lgs. n. 165 del 2001, in connessione con lo Statuto della Regione siciliana nonché dell’art. 5 l. r. Sicilia n. 24/2010, la ricorrente principale ribadisce il contrasto della pronunzia resa dalla Corte territoriale con la normativa nazionale ed eurounitaria, assumendo, da un lato, la prevalenza della disciplina nazionale e di quella europea, la cui inosservanza contrasterebbe con gli artt. 11 e 117 Cost., poiché l’art. 17 dello statuto di autonomia della Regione siciliana indica la potestà legislativa entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato e, in particolare, in materia di lavoro e previdenza sociale, dispone espressamente che la potestà normativa opera osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato, dall’altro l’intervenuta abrogazione ad opera dell’art. 5, l. r. Sicilia n. 24/2010 (inserito nel Capo II “Procedure di stabilizzazione e proroga di contratti”), riferibile anche alla normativa di stabilizzazione degli LSU, dell’art. 77, comma 2, della legge regionale n. 17 del 2004 che prevede: “le disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili”, avanzando, peraltro, contestualmente, nel caso fosse dubbia l’applicazione del diritto eurounitario, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte europea;
- che, dal canto suo, il Comune ricorrente incidentale, con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, c.p.c., imputa alla Corte territoriale il carattere meramente apparente della motivazione per aver disatteso, per non essere il rapporto assistito da stabilità reale, l’eccezione di intervenuta prescrizione, trascurando che per ammissione della stessa Corte, la fattispecie era connotata da specialità tale da rendere inapplicabile il d.lgs. n. 368 del 2001;
- che, con il secondo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e 2, l. r. Sicilia n. 24/2010, il Comune ricorrente incidentale lamenta la non conformità a diritto della statuizione della Corte territoriale circa il riconoscimento delle differenze retributive al netto e non al lordo, disapplicando la norma regionale che non prevede il calcolo al netto;
- che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e ss. c.p.c., è prospettata in relazione all’irragionevolezza di una compensazione delle spese di lite nella misura del 50% stante la prevalente soccombenza della Caliri che solo in sede di gravame ha visto l’accoglimento della sola domanda di minor rilievo;
- che, muovendo dall’esame degli esposti motivi del ricorso principale è a dirsi come gli stessi, i quali, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, sono fondati e vanno, pertanto, accolti nei sensi di seguito indicati. - Occorre premettere che la Corte d’Appello, nel richiamare la legislazione regionale intervenuta in materia ratione temporis (la legge reg. n. 85 del 1995, artt. 11 e 12;
la legge reg. n. 2 del 2001, art. 2;
la legge reg. n. 20 del 2003, art. 39;
la legge reg. n. 16 del 2006, art.1;
la legge reg. n. 24 del 2010, art. 7) ha affermato che: nel primo contratto e nei provvedimenti di proroga, attraverso il riferimento alle deliberazioni dell’Autorità comunale, si rinveniva la specifica indicazione dell’approvazione del progetto di utilità collettiva e dell’assegnazione dei progetti per la fuoriuscita dal bacino dei lavori socialmente utili, sicché era indubbio che la causale del contratto andasse individuata nella stabilizzazione dei lavoratori LSU secondo le disposizioni vigenti. Le diverse disposizioni normative contenute nelle suddette leggi regionali avevano previsto l’utilizzazione di contratti di diritto privato a termine e/o a tempo parziale, per realizzare progetti di utilità collettiva, finalizzati all’inserimento lavorativo dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie provinciali e in possesso dei requisiti di legge, la prosecuzione dei rapporti e attività socialmente utili in vista della stabilizzazione (come si rileva dal ricorso per cassazione, pag. 2, nella specie il contratto stipulato dal lavoratore nel 2001 veniva prorogato di 12 mesi e poi per tre anni, e poi ulteriormente prorogato per dodici mesi e poi quattro anni fino al 31 dicembre 2021). Era da escludere, quindi, che i contratti sottoscritti con il ricorrente fossero soggetti alle disposizioni sui contratti a termine e, in particolare, al regime delle proroghe e della successione dei contratti previsti per i comuni contratti a termine. - A ciò si aggiungeva, afferma la Corte d’Appello, che, anche se l’impiego del lavoratore presso il Comune di Barcellona P.G. fosse avvenuto non in esecuzione di un progetto specifico, ma in adempimento di attività di tipo ordinario, necessarie per garantire ai cittadini un servizio finalizzato al perseguimento dei fini istituzionali dell’Ente, che altrimenti avrebbero dovuto essere svolte da un dipendente di ruolo, ciò non avrebbe qualificato diversamente la natura giuridica del rapporto, alla luce di quanto previsto dall’articolo 5, comma 5, della legge reg. n. 24 del 2000, a norma della quale: “L’elenco generale delle attività socialmente utili di cui all’articolo3 comma 2, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, ai sensi e per gli effetti dell’articolo1, comma 2, della legge regionale 23 gennaio 1998, n. 3, comprende, altresì, tutte quelle rientranti nell’ambito delle competenze istituzionali degli enti utilizzatori delle attività, nonché quelle aggiuntive funzionali allo sbocco occupazionale territoriale che possono essere finanziate con risorse provenienti dai fondi strutturali europei, ovvero siano oggetto di programmazione negoziata così come previsto dall’articolo 3, comma 2, dello stesso decreto legislativo”. Il richiamato art. 1, comma 2, della legge reg. n. 3 del 1998, a sua volta stabilisce: “I progetti di lavori socialmente utili ed i progetti di utilità collettiva di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85, e successive modifiche ed integrazioni, possono essere attuati nell’ambito di tutti i settori istituzionali dei soggetti attuatori”. Espone la Corte d’Appello che la legislazione regionale ha istituito e disciplinato i contratti in questione in ragione di esigenzedi natura politico sociale, per il superamento del rapporto assistenziale costituito dal lavoro socialmente utile, e per far acquisire professionalità e qualificazione al personale appartenente a tale categoria, con la finalità della stabilizzazione del personale precario. - La Corte d’Appello, quindi, nella fattispecie in esame ha escluso che i contratti in questione, in ragione della matrice assistenziale, ricadano nell’ambito applicativo della disciplina statale di cui al d.lgs. n. 368 del 2001 - e di ciò costituisce conseguenziale sviluppo logico - giuridico, l’esclusione dell’applicabilità della disciplina eurounitaria sui contratti a termine -per la causale riportata negli stessi, ritenuta coerente con la legislazione regionale richiamata che trova riscontro nella disciplina statale del d.lgs. n. 81 del 2000. La normativa regionale è interpretata dalla Corte d’Appello come univocamente volta a disciplinare attività mutualistiche assistenziali riconducibili sul piano della disciplina statale al d.lgs. n. 81 del 2000, art. 4, secondo cui, tra l’altro “L’utilizzo nelle attività di cui all’articolo 3 [attività socialmente utili] non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro”. - Di ciò si duole il ricorrente, atteso che prospetta di essere stato chiamat o ad operare all’interno dell’organizzazione amministrativa del Comune di Barcellona P.G. in mansioni ordinarie di natura impiegatizia, attesa la carenza di personale, e i contratti in questione, che richiamavano tra l’altro il rispetto delle direttive impartite dai superiori e delle prescrizioni generali contenuti nelle disposizioni di servizio e degli obblighi e delle finalità istituzionali della pubblica amministrazione, non si differenziavano dagli ordinari contratti a termine, di talchéavrebbe dovuto trovare l’applicazione la Direttiva CE 1999/70 e il d.lgs. n. 368 del 2001 che vi aveva dato attuazione, sia pure , come precisato nella memoria, quanto al diritto al risarcimento del danno per abusiva reiterazione, e non per la trasformazione del rapportoa termine in rapporto a tempo indeterminato, come precisato nella memoria in ragione della intervenuta stabilizzazione, e ancor prima della sentenza
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