Cass. pen., sez. II, sentenza 02/05/2022, n. 17057

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 02/05/2022, n. 17057
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17057
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CATANZAROnel procedimento a carico di GRANDE ARACRI DOMENICO nato a CUTRO il 02/12/1965 avverso la ordinanza del 11/11/2021 del G.I.P. del TRIBUNALE DI CATANZAROvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D'AGOSTINI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L C, che ha chiesto l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
lette le conclusioni degli avv. G V e S S, difensori di D G A, che hanno chiesto l'inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 11 novembre 2021 il G.i.p. del Tribunale di Catanzaro dichiarava inammissibile la richiesta del Pubblico Ministero intesa a ottenere, ai sensi dell'art. 434 cod. proc. pen., la revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dal G.u.p. dello stesso Tribunale il 15 gennaio 2016 nei confronti di D G A in relazione al reato di cui all'art. 416- bis, primo comma, cod. pen. (partecipazione all'associazione di tipo mafioso, denominata Locale di Cutro, "riferibile al fratello N G A ed operante nella zona del crotonese"). Ha sostenuto il G.i.p. che nel caso di specie difetta il requisito della "casualità" che, secondo la costante giurisprudenza, deve contrassegnare le nuove acquisizioni processuali, in quanto "le indagini hanno avuto un unico coordinamento" e "può ritenersi insussistente una vera diversità di notitiae criminis", dato che le investigazioni "hanno ad oggetto fatti parzialmente coincidenti, riferiti essenzialmente all'operatività sul territorio crotonese della cosca riferibile a N G A ed ai reati fine dalla stessa commessi";
inoltre, in ordine alla partecipazione di D G A all'associazione, le successive dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Liperoti Giuseppe, Valerio Antonio e Muto Salvatore "non possono ritenersi assunte nel corso di indagine estranee al procedimento già definito", trattandosi di "vere e proprie investigazioni relative ad un procedimento avviato in riferimento alla medesima notizia di reato posta alla base di quello concluso con la sentenza di non luogo a procedere, essendo il medesimo l'oggetto dell'investigazione".

2. Ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, ai sensi dell'art. 437 cod. proc. pen., chiedendo l'annullamento dell'ordinanza per motivazione illogica e apodittica nonché per violazione e falsa applicazione della legge penale sostanziale (art. 416-bis cod. pen.). Osserva il ricorrente che il procedimento penale nell'ambito del quale è stata emessa la sentenza ex art. 425 cod. proc. pen., oggetto della richiesta di revoca, è stato definito per tutti gli altri imputati con sentenze definitive, cosicché "non si comprende cosa possa significare un unico coordinamento investigativo tra un procedimento definito con sentenza irrevocabile ed uno in fase di indagine". Erroneamente il G.i.p., con una violazione di legge sostanziale, ha escluso la diversità di notitiae criminis, in quanto il nuovo procedimento ha ad oggetto la ultrattività della cosca "Locale di Cutro" per periodi successivi all'epoca dell'adozione della richiesta di rinvio a giudizio nel primigenio procedimento, "che è cosa ulteriore rispetto alla mera partecipazione del Grande Aracri Domenico a 'quella' consorteria, in un prescritto arco temporale". Il giudice non ha considerato la natura permanente del reato ex art. 416-bis cod. pen., in forza della quale gli approfondimenti dei segmenti associativi per periodi temporali differenti non costituiscono "investigazioni riferiti alla medesima notizia di reato". Il ricorrente, poi, sostiene che il G.i.p. non ha correttamente applicato il principio affermato nella sentenza delle Sezioni Unite (la n. 8 del 2000), pure citata nell'ordinanza impugnata, secondo il quale i nuovi elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero successivamente alla pronuncia della sentenza di non luogo a procedere possono essere utilizzati ai fini della revoca della sentenza, a condizione che essi siano stati acquisiti aliunde nel corso di indagini estranee al procedimento già definito o siano provenienti da altri procedimenti, ovvero reperiti in modo casuale o spontaneamente offerti, e comunque non siano il risultato di indagini finalizzate alla verifica ed all'approfondimento degli elementi emersi. Le nuove investigazioni, infatti, dopo la sentenza di non luogo a procedere, non sono iniziate o proseguite nei confronti specificamente di D G A allo scopo di predisporne il rinvio a giudizio, bensì sono originate dalla necessità di investigare la ultrattività della consorteria cutrese e hanno poi determinato "causalmente" e "spontaneamente" l'acquisizione dei nuovi elementi di prova sulla base dei quali poter richiedere la revoca della sentenza nei confronti di quel singolo imputato per quella specifica porzione temporale. La novità degli elementi sopravvenuti (in primis le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia intervenute successivamente) consente di escludere ogni ipotesi di surrettizio aggiramento dei termini di scadenza delle indagini preliminari, per evitare il quale le Sezioni Unite hanno enunciato il principio sopra richiamato.
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