Cass. civ., sez. III, sentenza 05/05/2020, n. 8459

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L'omessa comunicazione all'altro genitore, da parte della madre, consapevole della paternità, dell'avvenuto concepimento si traduce, ove non giustificata da un oggettivo apprezzabile interesse del nascituro e nonostante che tale comunicazione non sia imposta da alcuna norma, in una condotta "non jure" che, se posta in essere con dolo o colpa, può integrare gli estremi di una responsabilità civile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., poiché suscettibile di arrecare un pregiudizio, qualificabile come danno ingiusto, al diritto del padre naturale di affermare la propria identità genitoriale, ossia di ristabilire la verità inerente il rapporto di filiazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di appello di rigetto della domanda risarcitoria del padre, valorizzando, in particolare, il fatto che egli avesse sempre negato il riconoscimento e la circostanza che non avesse allegato e provato né le modalità di svolgimento della sua relazione con la madre del figlio né le condotte, da lui successivamente tenute, idonee a dimostrare la sua intenzione di realizzare l'aspirazione alla genitorialità).

In tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi degli artt. 7, 24 e 46-47 del d.lgs. n. 193 del 2003 (cd. codice della privacy), quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo; in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e, in tale sede, vanno composte, ricorrendo al codice di rito, le diverse esigenze di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo medesimo. In particolare, la conservazione del dato personale, se funzionale all'accesso alla giustizia, rientra nelle operazioni di trattamento ex art. 22, comma 5, del d.lgs. cit. e costituisce specifico obbligo dell'ente pubblico titolare dello stesso trattamento, senza che rilevi, a suo carico, un automatico dovere di distruzione del dato in esame in base al disposto dell'art. 16 del menzionato d.lgs. che, al contrario, ben può essere ceduto all'ausiliario nominato dal giudice. (Principio ribadito dalla S.C. con riguardo ad una fattispecie, relativa alla domanda di accertamento dello "status" di figlio naturale, in cui venivano censurate infondatamente sia la condotta dell'azienda ospedaliera, che aveva conservato i dati personali del presunto genitore senza averne disposto la distruzione al termine del trattamento, sia l'operato del consulente tecnico d'ufficio, il quale aveva acquisito, presso la medesima azienda, i vetrini con i campioni biologici in adempimento dell'incarico affidatogli dal giudice di merito).

La categoria dell'inutilizzabilità prevista ex art. 191 c.p.p. in ambito penale non rileva in quello civile, nel quale le prove atipiche sono comunque ammissibili, nonostante siano state assunte in un diverso processo in violazione delle regole a quello esclusivamente applicabili, poiché il contraddittorio è assicurato dalle modalità tipizzate di introduzione della prova nel giudizio. Resta precluso, invece, anche in sede civile, l'accesso alle prove la cui acquisizione concreti una diretta lesione di interessi costituzionalmente garantiti della parte contro la quale esse siano usate.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 05/05/2020, n. 8459
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8459
Data del deposito : 5 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

to n 8459/20 e m sa r e v l a to to a u lig ORIGINALE trib b b n o o c te l n e rre d re o ic io r R lte Oggetto REPUBBLICA ITALIAA u RESPONSABILITA' IN NOME DEL POPOLO ITALIAO CIVILE LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE GENERALE TERZA SEZIONE CIVILE R.G.N. 28839/2017 Cron. 8459 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Presidente Dott. U AO Rep. Consigliere Ud. 16/05/2019 Dott. ATONELLA DI FIO Consigliere PU Dott. DAILO SESTINI Rel. Consigliere - Dott. STEFAO OLIVIERI - Consigliere - Dott. FRACESCA FIECCONI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 28839-2017 proposto da: FREGONESE GIANI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell'avvocato L G, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati R S, ALDO SILAOS, E O, PATRIZIA CHIAMPA;
ricorrente 2019 contro 1123 B C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALSAVARACHE, 46 SC.D, presso lo studio dell'avvocato M C, che lo rappresenta e difende;
controricorrenti nonchè

contro

B M P;
- intimata - avversO la sentenza n. 2014/2017 della CORTE D'APPELLO di VIA, depositata il 28/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2019 dal Consigliere Dott. STEFAO OLIVIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore perGenerale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso l'accoglimento del 1° motivo;
udito l'Avvocato E O;
udito l'Avvocato M C;
E O R I 2

Fatti di causa

La Corte d'appello di Venezia, con sentenza in data 19.9.2017 n. 2014, ha rigettato l'appello proposto da G F, confermando la decisione di prime cure che aveva accolto la domanda proposta da C Bin di accertamento del proprio status di figlio naturale di Albino T (deceduto nel corso del giudizio ed al quale era succeduto l'erede G F), ed aveva invece rigettato la domanda riconvenzionale, proposta dal F, di condanna al risarcimento danni per doloso occultamento della procreazione con conseguente ingiusta privazione per il padre del rapporto di filiazione. Il Giudice territoriale dichiarava inammissibili i motivi di gravame volti a reiterare le medesime eccezioni di nullità delle operazioni di indagine medico- legale svolte dall'ausiliario in primo grado, in quanto del tutto sforniti di una puntuale critica agli argomenti in fatto e diritto svolti dal Giudice di prime cure a fondamento del rigetto delle eccezioni. Quanto alla domanda riconvenzionale di condanna, la Corte territoriale ha ritenuto inconfigurabile un danno da perdita di chances avuto riguardo alla condotta del T ostinatamente volta a contestare di aver intrattenuto una relazione con Maria Pia Bin e la propria paternità naturale di C Bin. Avverso la sentenza di appello, notificata in data 2.10.2017, G F ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso C Bin. Non ha svolto difese Maria Pia Bin cui il ricorso è stato notificato, in via telematica, in data 28.11.2017 presso l'indirizzo PEC del difensore domiciliatario. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Ragioni della decisione Cons. RG n. 28839/2017 S O ric. F G c/ B C +1 §1. Con il primo motivo il ricorrente censura la dichiarazione di inammissibilità dei motivi di gravame, deducendo la violazione dell'art. 342 c.p.c., in quanto l'atto di appello rispondeva a tutti i requisiti prescritti dalla norma processuale come modificata dal n. 83/2012 conv. in legge n. 134/2012, avendo dedotto l'appellante, con il primo motivo, l'errore commesso dal Tribunale laddove aveva ritenuto abbandonata - in quanto non specificamente reiterata alla udienza di precisazione delle conclusioni eccezione di nullità della c.t.u., - la tempestivamente sollevata nella prima difesa utile (verbale udienza 27.9.2013) successiva al deposito dell'elaborato peritale, e nuovamente reiterata con la generale richiesta di accoglimento di tutte le domande, eccezioni ed istanze formulata a verbale di udienza 16.6.2015 fissata per la precisazione delle conclusioni in primo grado;
ed avendo contestato, con il secondo e con il terzo motivo di gravame, indicando le norme del Dlgs n. 196/2003 che erano state violate, la statuizione del Tribunale che aveva ritenuto legittima la utilizzazione dei dati personali sensibili (campioni di sostanze biologiche e dati genetici dagli stessi ricavati) riferiti al T, nonché la illegittimità della "delega all'espletamento dell'incarico" conferita di fatto dal CTU agli specialisti ed ai tecnici di laboratorio di cui si era avvalso.

1.1 Con il secondo motivo la sentenza di appello viene impugnata, per violazione dell'art. 189 c.p.c., nella parte in cui, pur dopo aver dichiarato la inammissibilità dei motivi di gravame ex art. 342 c.p.c. aveva esaminato egualmente nel merito il primo motivo di appello, ritenendolo infondato e condividendo la pronuncia del primo Giudice che aveva ritenuto abbandonata la eccezione di nullità della c.t.u.

1.2 Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 16 del Dlgs n. 196/2003, dell'art. 13 Cost., dell'art. 8 CEDU, dell'art. 16 TFUE e dell'art. 8 CDFUE, in quanto la Corte d'appello, pur dopo aver dichiarato inammissibile i motivi di gravame secondo e terzo, li aveva poi esaminati egualmente, aderendo agli argomenti svolti dal Tribunale, così affermando erroneamente la legittimità delle operazioni peritali, atteso che i dati RG n. 28839/2017 Cons. est. ric. F G c/ B C +1 S O personali posti a fondamento delle risultanze della c.t.u. non avrebbero invece potuto essere utilizzati nel processo civile, in quanto illecitamente “ceduti” dalle strutture ospedaliere, atteso il disposto dell'art. 191 c.p.p. che fa espresso divieto della utilizzazione di prove illegittimamente acquisite.

1.3 Con il quarto motivo la sentenza di appello viene impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 62 e 194 c.p.c., in quanto la c.t.u. avrebbe dovuto essere dichiarata affetta da nullità essendo state svolte le indagini da soggetti diversi dall'ausiliario incaricato dal Giudice e non avendo il CTU presenziato alle operazioni peritali.

1.4 I motivi, stante la oggettiva connessione, possono essere trattati unitariamente.

1.4.1 La Corte d'appello, dopo aver dato atto che la verifica di ammissibilità del gravame doveva essere compiuta alla stregua del testo dell'art. 342 c.p.c. - precedente alle modifiche introdotte dall'art. 54, comma 1, lett. Oa), DL 22.6.2012 n. 83 conv. con mod. in legge 7.8.2012 n. 134 -, ha correttamente rilevato il perimetro tracciato dalla giurisprudenza di legittimità - anteriormente alla indicata modifica legislativa - nella individuazione dei requisiti minimi che i motivi di gravame debbono rivestire per superare il vaglio preliminare di ammissibilità, e che sono stati successivamente compendiati nella pronuncia di questa Corte Sez. U -, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017. Le Sezioni Unite, nel fornire la interpretazione del "nuovo" testo dell'art. 342 c.p.c., hanno evidenziato come il Legislatore abbia inteso formalizzare in norma quelli che erano già i consolidati approdi giurisprudenziali in tema di ammissibilità dell'atto di appello, ed hanno enunciato il principio di diritto secondo cui "Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o Cons. est. RG n. 28839/2017 S O ric. F G c/ B C +1 la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di "revisio prioris instantiae" del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata", principio che si pone, quindi, interamente in linea con i canoni interpretativi dell'art. 342 c.p.c. già elaborati ante riforma. Tuttavia alla corretta enunciazione dei principi non è seguita, da parte del Giudice territoriale, la corretta applicazione degli stessi nella fattispecie concreta. La pronuncia di inammissibilità dell'appello, per difetto del requisito di specificità di motivi di gravame, si palesa infatti meramente assertiva e non conforme a diritto, in quanto dall'esame dell'atto di appello, cui la Corte ha diretto accesso attesa la natura del vizio di legittimità denunciato, emerge al - contrario che, nella esposizione delle ragioni di impugnazione, l'appellante - aveva fornito gli elementi minimi idonei a sottoporre al Giudice del gravame l'esame degli argomenti in fatto e diritto volti a contrastare le statuizioni assunte del primo Giudice in ordine all'asserito abbandono e, comunque anche alla infondatezza, della eccezione di nullità della c.t.u. medico-legale: le critiche alla sentenza di prime cure venina mosse, infatti, dall'appellante, tanto in relazione al profilo della reiterazione della eccezione anche alla udienza di precisazione delle conclusioni, quanto in relazione al profilo della allegazione del pregiudizio subito dalla utilizzabilità delle risultanze peritali, laddove la nullità delle indagini tecniche svolte dal CTU veniva fondata sulla presupposta "inutilizzabilità" dei "dati personali" identificativi delle caratteristiche genetiche del T, con conseguente caducazione dell'accertamento di paternità, in quanto non assistito anche da altri elementi probatori. ' 1.4.2 L'errore processuale in cui è incorsa la Corte d'appello, non determina tuttavia la cassazione della sentenza impugnata, atteso che il Giudice di merito ha, comunque, esaminato anche nel merito i predetti motivi di gravame condividendo la valutazione di infondatezza del Tribunale, dovendo quindi procedersi all'esame degli altri motivi di ricorso. Cons. st. RG n.

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