Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/03/2018, n. 10251

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/03/2018, n. 10251
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10251
Data del deposito : 6 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CORREALE TOMMASO nato il 24/05/1954 a CAPACCIO avverso la sentenza del 30/01/2018 della CORTE APPELLO di TRIESTE sentita la relazione svolta dal Consigliere E A G;
sentite le conclusioni del PG ANTONIETTA PICARDI che conclude per l'annullamento senza rinvio. ///// ,//77"Ve k

RITENUTO IN FATTO

1. T C ricorre contro la sentenza della Corte di appello di Trieste che, in accoglimento della richiesta dell'autorità giudiziaria croata, ne ha disposto la consegna, subordinata alla condizione che, trattandosi di cittadino italiano, lo stesso, dopo essere stata ascoltato, sia rinviato in Italia per scontarvi la pena eventualmente inflittagli. L'autorità giudiziaria croata ha adottato, in data 2 ottobre 2015, il mandato di arresto europeo del C, al fine di procedere all'interrogatorio, per il reato di cui all'art. 257, par. 1 del codice penale croato, cioè il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, accertato in Stara Gradiska il 5 dicembre 2013, quando il C veniva trovato in possesso di 9,18 kg convenzionali di tabacco lavorato estero, in evasione dei diritti di dogana.

2. Il ricorrente denuncia vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 7 della legge 69/2005. Deduce che la fattispecie di contrabbando doganale, avente ad oggetto un quantitativo di tabacchi di peso inferiore ai dieci chilogrammi convenzionali, già prevista come delitto dall'art. 291 bis del T.U.L.D., a seguito dell'entrata in vigore del d. I.vo n. 8 del 15 gennaio 2016, nell'ordinamento italiano non costituisce reato ma è oggetto di una mera sanzione pecuniaria: ne consegue la violazione del principio della doppia punibilità posto a fondamento della legislazione sul mandato di arresto europeo. La decisione impugnata, inoltre, non ha fatto corretta applicazione del principio richiamato dall'ultima parte dell' art. 7 legge n. 69 del 2005, che rinvia al limite di pena pari o superiore a tre anni della violazione prevista nell'ordinamento italiano, poiché al momento della decisione sulla richiesta del mandato di arresto europeo, la fattispecie di cui all'art. 291 bis, comma 2, d.P.R. 43/1973 - perfettamente sovrapponibile al delitto previsto dall'art. 257, par. 1 del codice penale croato - è punita con una mera sanzione amministrativa. Con il secondo motivo denuncia la illegittimità della disposta misura cautelare evidenziando che la richiesta delle autorità giudiziarie croate è intervenuta a cinque anni dai fatti;
non contiene l'allegazione di specifiche esigenze istruttorie che legittimino il nuovo interrogatorio del C, già tratto in arresto, sottoposto ad interrogatorio per il reato contestatogli con il mandato di arresto;
non specifica né la prevedibile durata della misura né quella di celebrazione del processo essendo del tutto generico il rinvio alla necessità di "ascolto" della persona richiesta in consegna tenuto conto delle condanne inflitte alla Croazia dalla Corte Edu per l'eccessiva durata dei procedimenti. Ulteriore profilo di illegittimità discende dalla circostanza che il C è stato ristretto, in custodia
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