Cass. pen., sez. VII, ordinanza 27/05/2022, n. 20856

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 27/05/2022, n. 20856
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20856
Data del deposito : 27 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: CARLETTI GIORGIO nato a GENOVA il 14/12/1967 avverso la sentenza del 14/09/2021 della CORTE APPELLO di MILANOa I le udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
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RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di C G ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano che aveva rideterminato, ai sensi dell'art. 599 bis cod.proc.pen., la pena alla quale C era stato condannato per rapina aggravata e altro.

1.1 Al riguardo il difensore lamenta che a C era stata contestata e ritenuta la recidiva, sulla scorta di una precedente sentenza di condanna emessa in Svizzera, ma che non vi era traccia della procedura che era stata seguita nel riconoscimento della sentenza straniera, con conseguente irritualità dello stesso e nullità degli effetti prodotti dalla sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

1.1 A seguito della reintroduzione del cd. patteggiamento in appello, di cui al nuovo art. 599-bis cod. proc. pen., ad opera della legge n. 103 del 2017, rivive il principio — elaborato dalla giurisprudenza di legittimità nel vigore del similare istituto previsto dell'art. 599, comma 4, cod. proc. pen. e successivamente abrogato dal decreto legge n. 92 del 2008 — secondo cui il giudice d'appello, nell'accogliere la richiesta di pena concordata, non è tenuto a motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per taluna delle cause previste dall'art. 129 cod. proc. pen., in quanto, a causa dell'effetto devolutivo, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi d'impugnazione (come nel caso in esame, in cui l'appellante ha rinunciato ai motivi di gravame e concordato la pena con il Procuratore generale), la cognizione del giudice deve limitarsi ai motivi non rinunciati, essendovi peraltro una radicale diversità tra l'istituto dell'applicazione della pena su richiesta delle parti e quello disciplinato dal citato art. 599 cod. proc. pen. (tra le altre Sez. 6, n. 35108 del 08/05/2003, Zardini, Rv.226707;
Sez. 5, n. 3391 del 15/10/2009, dep. 2010, Camassa, Rv. 245919);
determinando, invero, la rinuncia ai motivi una preclusione processuale che impedisce al giudice di prendere cognizione di quanto deve ormai ritenersi non gli sia devoluto (in punto di affermazione di responsabilità ed altro), con effetti sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione (Sez. 4, n. 53565 del 27/09/2017 - dep. 27/11/2017, Ferro, Rv. 271258). Quanto alla questione sulla recidiva, si deve rilevare che la stessa non rientri nel concetto di pena illegale (che renderebbe ammissibile il ricorso), dovendosi infatti, intendersi solo quella che costituisca il risultato finale delle S,C\r‘ operazioni intermedie con cui viene determinata e, in sé e rispetto ai passaggi intermedi ritenuti dalla decisione contingente, fuoriesca dall' "ambito dello schema legale" (Sez. 1, sent. 12453, 03/03/2009, Alfieri);
nel caso in esame viene invece dedotta una questione che comporterebbe accertamenti di fatto, inammissibili nella presente sede, tanto più in sede di concordato in appello. Discende l'inammissibilità del ricorso in esame;
ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
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