Cass. civ., sez. III, sentenza 09/05/2022, n. 14548
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la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 27829/2019 R.G. proposto da M S, rappresentato e difeso dall'avv. L M R C M ed elettivamente domiciliato presso il suo domicilio digitale c C morlini.luciamariarosaria@avvocatifoggia.legalmail.it - ricorrente - contro tt, 7-9 MARIARITA CAMILLUCCI, FABIO ANTONICELLI, GIANFRANCO p: ANTONICELLI, LUCIANA ANTONICELLI, rappresentati e difesi dall'avv. F: • N M ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Roma, g _ci via F.Civinini 111 - controricorrenti - 2022 e nei confronti di 2.gg GIORGIO PAOLO MICHELE SCOPECE - intimato - avverso la sentenza n. 446 della CORTE D'APPELLO DI BARI, depositata il 21/2/2019;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/2/2022 dal Consigliere Dott. G F;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa A M S, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA M S e G P M S convenivano in giudizio gli eredi di F A domandando il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, asseritamente subiti;gli attori affermavano che nel 2001 A aveva eseguito un pignoramento immobiliare procedendo ad una trascrizione difforme dall'atto notificato (avendo i cespiti staggiti un'estensione diversa rispetto a quella indicata) e che, una volta dichiarata estinta la procedura per l'omesso deposito della documentazione ex art. 567 cod. proc. civ., gli eredi del creditore procedente non avevano provveduto alla cancellazione della trascrizione della formalità pregiudizievole, già disposta dal giudice dell'esecuzione. Nella tesi attorea la trascrizione del pignoramento aveva cagionato un «arricchimento contra jus» e la sua mancata cancellazione aveva arrecato pregiudizio all'onore e alla dignità degli esecutati, alla proprietà e ai «diritti umani e fondamentali rinvenienti dopo il Trattato di Lisbona». I convenuti M C, Gianfranco A e Luciana A eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva per avere i predetti già rinunciato all'eredità di F A;comunque, contestavano nel merito l'avversaria pretesa. Con distinta comparsa di risposta si costituiva Fabio A che domandava a sua volta il rigetto delle domande attoree. Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 950 del 22/6/2013, respingeva le domande risarcitorie avanzate da M S e G P M S e li condannava, in solido, alla rifusione delle spese di lite;con la predetta pronuncia il giudice di primo grado riteneva provata la carenza di legittimazione passiva di M C, Gianfranco A e Luciana A, avendo gli stessi eccepito e provato di aver rinunciato all'eredità di F A;quanto alla posizione di Fabio A, statuiva che solo con un'opposizione esecutiva gli attori avrebbero potuto pretendere un risarcimento dei danni conseguenti alla trascrizione del pignoramento e che, comunque, l'ordine di cancellazione del gravame era stato impartito dal giudice dell'esecuzione al Conservatore dei Registri Immobiliari, sicché gli esecutati avrebbero potuto agevolmente conseguire la cancellazione della formalità pregiudizievole mediante presentazione di copia conforme del provvedimento. Avverso la decisione proponeva appello il solo M S, deducendo l'erroneità della sentenza per avere il Tribunale travisato il presupposto della domanda (costituito dalla mancata cancellazione della trascrizione del pignoramento e non dall'esecuzione dello stesso), erroneamente rilevato la rinuncia all'eredità di alcuni convenuti (invece contraddetta da circostanze tali da fondare un'accettazione tacita della medesima), mancato di considerare l'illiceità della trascrizione del pignoramento su beni di estensione diversa e, infine, condannato solidalmente gli attori al pagamento delle spese di lite, sebbene ciascuno di essi avesse fatto valere in giudizio un proprio singolo interesse. La Corte d'appello di Bari respingeva l'impugnazione con la sentenza n. 446 del 21/2/2019, condannava l'appellante alla rifusione delle spese del grado, che venivano invece compensate nei confronti di G P M S. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale poneva le motivazioni di seguito riassunte (per quanto qui ancora può rilevare). Riguardo al primo motivo d'appello, affermava che il Tribunale si era pronunciato in modo completo sulla domanda risarcitoria, da un lato rilevando che gli esecutati avrebbero potuto ottenere agevolmente la cancellazione della trascrizione del pignoramento in base all'ordine del giudice dell'esecuzione e, dall'altro, che per i danni conseguenti al pignoramento la domanda doveva essere proposta, ex art. 96 cod. proc. civ., con opposizione all'esecuzione. In base al principio della "ragione più liquida" il giudice d'appello soprassedeva all'esame del secondo motivo, concernente la pretesa erroneità dell'accertamento della qualità di eredi in capo ai convenuti. Veniva dichiarata inammissibile la censura formulata col terzo motivo, per avere l'appellante mancato di contrapporre alle rationes decidendi della sentenza di primo grado - segnatamente, al rilievo circa la possibilità di conseguire autonomamente la cancellazione della trascrizione del pignoramento - argomentazioni pertinenti, essendosi invece limitato ad addurre che il Conservatore dei RR.II. era stato esonerato da ogni responsabilità, che le spese del processo esecutivo non sono regolate secondo il principio di soccombenza, che l'obbligazione di cancellare la formalità si era stata trasmessa mortis causa agli eredi di F A;su questo particolare punto - osservava, tra l'altro, la Corte barese - «a norma dell'art. 1227 1° co. c.c., non ci si può dolere delle conseguenze dannose che si sarebbero potute agevolmente evitare attivandosi per ottenere autonomamente la cancellazione della trascrizione del pignoramento, né si può addurre, a giustificazione dell'inerzia, la circostanza che l'onere economico relativo alla cancellazione della trascrizione del pignoramento, peraltro neanche quantificato, fosse a carico degli eredi di A Franco, poiché anche se così fosse, ben avrebbe potuto il debitore, una volta ottenuta la cancellazione della trascrizione del pignoramento a proporre spese, richiedere il rimborso delle stesse a carico dei creditori.». Sempre in riferimento al terzo motivo dell'impugnazione, la Corte reputava infondata la doglianza avverso la decisione di primo grado che, correttamente, aveva escluso che l'azione risarcitoria per i danni conseguenti ad un pignoramento "ingiusto" (in ragione della divergenza tra la descrizione dei beni colpiti con l'atto notificato e quelli indicati nella nota di trascrizione), riconducibile all'art. 96 cod. proc. civ., potesse essere esperita in un giudizio autonomo (ex art. 2043 cod. civ.) rispetto all'opposizione esecutiva. Infine, con riguardo all'ultimo motivo d'appello, la Corte barese affermava che la condanna solidale delle parti soccombenti al pagamento delle spese del primo grado costituiva la «naturale conseguenza del rigetto delle domande proposte dagli attori Scopece Mario e Scopece Giorgio Paolo Michele con il medesimo atto di citazione nell'interesse comune di entrambi». Avverso tale decisione M S proponeva ricorso per cassazione, fondato su tre motivi;resistevano con controricorso M C, Gianfranco A, Luciana A e Fabio A;l'intimato G P M S non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
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