Cass. civ., sez. V trib., sentenza 26/10/2005, n. 20851

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In tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima la presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale, degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria (nella specie, quattro soci). Tale presunzione - fondata sul disposto dell'art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - induce inversione dell'onere della prova a carico del contribuente e non viene meno in ipotesi di presentazione di domanda integrativa di condono da parte della società, essendo questa ed il socio titolari di posizioni fiscali distinte e indipendenti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 26/10/2005, n. 20851
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20851
Data del deposito : 26 ottobre 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F U - Presidente -
Dott. M G V A - rel. Consigliere -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. V B - Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 7346/00 del R.G., proposto da:
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex lege;



- ricorrente -


contro
C M, elettivamente domiciliato in Roma, via Tembien, n. 15, presso l'Avvocato R N, che lo rappresenta e difende per procura speciale rilasciata il 21/04/2000, autenticata da Notaio G C, rep. n. 44700;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 380/02/98, depositata il giorno 10/02/1999. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 01/07/2005 dal relatore Cons. Dr. G V A M;

Udito, per il controricorrente, l'Avvocato N R;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C D, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Velletri, il signor M C impugnò l'avviso di accertamento notificatogli il 18/01/1995, con cui l'ufficio distrettuale delle imposte dirette di Albano Laziale recuperava l'imposta dovuta su un reddito presunto di Lire 661.770.000 per l'anno 1986, derivante dalla partecipazione del contribuente alla società ALG Italia S.P.A., a ristretta base azionaria, a carico della quale la polizia tributaria aveva accertato, con verbale del 27.7.1989, ricavi extracontabili riferiti all'esercizio 1986, pari a Lire 2.923.529.000, a fronte di una perdita dichiarata di Lire 949.000.
1.1.- L'adita commissione, con sentenza n. 97 del 1995, accolse il ricorso, sul presupposto che il maggior reddito accertato a carico del socio non poteva essere riferito all'anno 1986, bensì all'anno successivo, durante il quale dovevano ritenersi distribuiti gli utili.
2.- Contro tale sentenza propose appello l'ufficio, insistendo nella propria pretesa, contestando l'erronea attribuzione del reddito all'anno successivo e ribadendo la piena legittimità della presunzione di distribuzione occulta degli utili accertati, stante la ristretta base azionaria della società partecipata. 2.1.- L'appellato - che, secondo la sentenza qui impugnata, non aveva prodotto altri scritti difensivi - depositò copia autentica della sentenza penale con cui il tribunale di Velletri lo aveva mandato assolto, con la formula "perché il fatto non sussiste", dal corrispondente reato di evasione fiscale in relazione agli anni 1986 e 1987.
3.- La commissione tributaria regionale, con la sentenza citata in epigrafe, rigettò l'appello, avendo giudicato
3.1.- che l'ufficio non aveva provato definitivamente la sussistenza del maggior reddito;

3.2.- che non era dimostrata la "ristretta base azionaria" della società di capitali partecipata dal contribuente e 3.3.- che l'evasione fiscale era stata esclusa dal giudice penale con piena formula assolutoria.
4.- Per la cassazione di tale sentenza ricorre l'amministrazione finanziaria dello Stato, con un solo, articolato, motivo, cui resiste il signor M C mediante controricorso e memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- Con l'unico motivo di ricorso l'amministrazione censura la sentenza impugnata, ai sensi del articolo 360, c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 329 e 346 c.p.c.;
D.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15;
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), art. 41 e 42, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38, 39 e 40;
art. 2729, c.c.;
legge 30 dicembre 1991, n. 413 art. 38;
nonché per motivazione insufficiente su un
punto decisivo della controversia.
5.1.- Sostiene che:
5.1.1.- la commissione tributaria regionale, nel giudicare non definitivamente provate sia la sussistenza e consistenza del maggior reddito sociale sia la caratteristica di "società a ristretta base azionaria", avrebbe violato il giudicato interno formatosi su tali punti - implicitamente accolti dalla sentenza appellata, favorevole al contribuente solo per aver ritenuto non imputabili all'annualità d'imposta 1987 i maggiori utili realizzati nel corso di tale esercizio -;
avrebbe, inoltre, pronunziato ultra petita, essendosi limitato l'ufficio ad impugnare la decisione relativa all'imputabilità annuale del reddito e non avendo il contribuente proposto appello incidentale sulle suddette questioni, costituenti il presupposto logico della pronunzia di primo grado;

5.1.2.- la decisione assunta dalla commissione regionale su tali questioni, se ritenuta ammissibile, sarebbe comunque erronea ed immotivata, sia perché la ristretta base azionaria costituita da soli quattro soci, circostanza non specificamente contestata, risulterebbe anche provata dal libro dei soci, ispezionato dalla guardia di finanza, sia perché, di conseguenza, l'avvenuta distribuzione occulta degli utili extra bilancio (quasi tre miliardi di lire, a fronte di una perdita dichiarata di poco meno di un milione) sarebbe legittimamente presumibile e fonderebbe l'accertamento induttivo, spostando a carico del contribuente l'onere di provare il diverso impiego (e quindi la non eseguita distribuzione) di tali utili: prova non fornita da controparte;

5.1.3.- la dichiarazione integrativa, presentata dalla società ai sensi dell'articolo 38, legge n. 413/1991, non inciderebbe peraltro sulla posizione fiscale del socio, del tutto distinta ed indipendente da quella societaria;
anzi, l'adesione della società al condono, e la conseguente accettazione di un'imposta maggiore rispetto a quella dovuta sul reddito dichiarato, indurrebbe la presunzione di maggior reddito del socio almeno nei limiti desumibili dalla dichiarazione integrativa;

5.1.4.- trattandosi, poi, di redditi non iscritti regolarmente in bilancio, dovrebbesi altresì presumere l'apprensione delle quote, da parte dei soci, nello stesso periodo (1986) in cui il maggior utile sociale era stato prodotto;

5.1.5.- la sentenza penale (par. 2.1), infine, non farebbe stato nel processo tributario e, comunque, non deporrebbe a favore del contribuente assolto, giacché la pretesa fiscale, a differenza della responsabilità penale, può essere validamente sorretta dalla mera presunzione di distribuzione degli utili;
presunzione corroborata, oltre tutto, da diversi elementi indiziari di una notevole capacità economica acquisita pro tempore dal soggetto.
5.2.- il motivo di censura è fondato, nei termini di seguito espressi.
5.3.- Si premette che la motivazione della sentenza impugnata si riduce alle seguenti frasi: "ritenuto che, ne' la Guardia di Finanza nè tanto meno l'ufficio delle imposte, hanno provato la sussistenza dell'ammontare del reddito nella misura contestata, ne' hanno fornito prova alcuna della definitività del reddito, ne' è stato provato essersi in presenza di società a ristretta base societaria";
cui segue la considerazione del peso da attribuire alla sentenza penale di assoluzione sopra indicata (par. 2.1).
5.4.- La motivazione suesposta è carente - in quanto non considera la questione dell'imputabilità annuale del reddito - ed erronea. 5.4.1.- Secondo costante giurisprudenza di questa suprema corte (Cass. nn. 16885/2003, 7564/2003, 6780/ 2003, 10951/2002, 7174/2002, 4695/2002, 7234/2000, 2606/2000, 2390/2000), cui il collegio aderisce, è legittima, ai fini fiscali, la presunzione di attribuzione pro quota ai soci, nel corso dello stesso esercizio annuale (Cass. n. 7564/2003), degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, quale deve ritenersi quella partecipata dal ricorrente e da soli altri tre soci, non essendo specificamente contestati i dati acquisiti in proposito dalla polizia tributaria.
5.4.2.- Tale presunzione - fondata sul disposto dal D.P.R. n. 600/1973, articolo 39, comma 1, lett. d), - non è inficiata
dall'osservazione che era stata presentata domanda integrativa di condono da parte della società, essendo questa ed il socio titolari di posizioni fiscali distinte ed indipendenti (Cass. nn. 16885/2003, 7218/2001). 5.4.3.- Il contribuente, a differenza di quanto mostra di ritenere il giudice a quo (par. 3.3), neppure può utilmente invocare l'assoluzione ottenuta in sede penale (Cass. nn. 3421/2001, 15089/2000), stante il diverso presupposto di tale pronunzia e di quella del giudice tributario che, a differenza del giudice penale, può fondare il proprio convincimento anche su mere presunzioni. 5.4.4.- Il rilievo, mosso dal resistente, che si tratterebbe di una inammissibile presunzione di secondo grado (praesumptio de praesumpto), è infondato, giacché la base logica, o premessa maggiore, non è costituita dall'accertamento induttivo (presunto) dei maggiori redditi sociali, bensì dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci (Cass. nn. 6780/2003, 7174/2002, 4695/2002). 5.4.5.- La suddetta presunzione (par. 5.4.1), non scalfita dalle circostanze sopra esaminate, è sufficiente a suffragare la pretesa del fisco ed induce inversione dell'onere della prova a carico del contribuente (Cass. nn. 9755/2003, 17016/2002, 6517/1992, 4133/1987);

è quindi errato ritenere che l'ufficio non abbia provato la sussistenza, l'ammontare e la "definitività" del reddito. 6.- Per queste ragioni, assorbenti degli altri profili di gravame, il ricorso deve essere accolto.
La sentenza in esame, per conseguenza, deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, mediante rigetto del ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese dell'intero giudizio fra le parti.

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