Cass. pen., sez. I, sentenza 06/11/2018, n. 50022

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 06/11/2018, n. 50022
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 50022
Data del deposito : 6 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CASAMASSIMA CLEMENTE nato a CANOSA DI PUGLIA il 08/02/1956 avverso la sentenza del 31/03/2015 della CORTE APPELLO di BARIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO S'ANI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCA ZACCO che ha concluso chiedendo ait/f4 fes' ro sz Il P.G. conclude chiedendo l'annullamento senza rinvio limitatamente alla condanna per il reato di detenzione e porto abusivo di armi con trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Bari per la rideterminazione della pena;
l'inammissibilità del ricorso nel resto. CreStze=1Mtefrsefe

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, emessa il 31 marzo - 29 giugno 2015, la Corte di appello di Bari ha riformato quella resa, all'esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Trani in data 29 luglio - 8 agosto 2011, in forza della quale C C - imputato del reato di cui agli artt. 2 e 7 legge n. 895 del 1967 e 23 legge n. 110 del 1975 per aver detenuto illegalmente una pistola a tamburo marca Pyton, calibro 9, alterata e priva di matricola, e dieci cartucce marca

CBC

25 Auto (capo A), del reato di cui all'art. 648 cod. pen., per la ricettazione dell'arma e delle munizioni suddette, di provenienza illecita (capo B), nonché dei reati di cui agli artt. 612, secondo comma, e 581 cod. pen., per avere minacciato gravemente A L ed averla percossa con uno schiaffo (capo C), fatti commessi in Canosa di Puglia, il 27 luglio 2011, con la recidiva reiterata e specifica - era stato assolto dal delitto di ricettazione sub B) per insussistenza del fatto ed era stato dichiarato responsabile degli altri reati, riqualificati quelli sub A) come reati previsti e puniti dagli artt. 23 legge n. 110 del 1975 e 697 cod. pen., e sub C), e ritenuti gli stessi avvinti in continuazione, esclusa la recidiva e computata la diminuente per il rito, era stato condannato alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa.

1.1. La sentenza di appello, a seguito delle contrapposte impugnazioni proposte dal P.m. e dalla difesa dell'imputato, ha rideterminato la pena inflitta a C in quella di anni due, mesi undici, giorni sedici di reclusione ed euro 889,89 di multa, dopo averlo ritenuto colpevole anche del delitto di ricettazione e del delitto di detenzione illegale di arma comune da sparo, nonché dopo aver applicato la recidiva contestata, considerata obbligatoria.

1.2. La vicenda fattuale aveva preso le mosse dalla querela sporta in data 27 luglio 2011 da A L, convivente di C, la quale aveva raccontato che verso le 12:00 dello stesso giorno a seguito di una banale discussione il convivente l'aveva minacciata dicendole "Se non la smetti qualche volta di sparo, ti ammazzo, ti tolgo davanti" e, poi, quando la donna aveva chiesto aiuto al di lui fratello affinché lo portasse via, l'imputato l'aveva colpita con uno schiaffo sul viso e aveva minacciato di spararle. Avendo la querelante segnalato che il convivente possedeva due pistole, una a tamburo e una monocolpo, la polizia giudiziaria aveva effettuato la perquisizione presso l'abitazione di C rinvenendo la pistola a tamburo, priva di matricola e segni identificativi, e dieci munizioni, nel luogo indicato dalla donna, non invece l'altra pistola. Arrestato in flagranza, C nel corso dell'interrogatorio di garanzia aveva ammesso di essere proprietario dell'arma, ma aveva negato di averne un'altra e aveva del pari negato di avere mai minacciato45icchiato la donna. Era seguita l'opzione per il rito abbreviato, all'esito del quale il Tribunale, considerati provati gli accadimenti, aveva ritenuto tuttavia da riqualificarsi il complessivo fatto sub A) nel senso del carattere omnicomprensivo, quanto alla detenzione dell'arma, del reato di cui all'art. 23 legge n. 110 del 1975 e della sussunzione sotto il modello incriminatore di cui all'art. 697 cod. pen. della detenzione delle munizioni eccedenti la capienza del caricatore dell'arma;
aveva altresì ritenuto insussistente la ricettazione a cagione della genericità del capo di imputazione che si era limitato ad indicare la mera provenienza illecita di pistola e munizioni, senza indicarne in modo specifico la provenienza delittuosa, non essendo da escludersi la possibilità dell'alterazione dell'arma da parte dello stesso imputato;
aveva infine escluso la contestata recidiva in quanto la pena in concreto irrogata andava ritenuta già adeguata alla gravità del fatto e all'inclinazione a delinquere dimostrata dall'imputato.

1.3. La sentenza di appello, mentre ha respinto le doglianze proposte nell'interesse di C, ha, per quanto ritenuto di ragione, accolto quelle formulate dall'Autorità requirente nei sensi già indicati e con gli effetti sanzionatori pure indicati.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore del Casannassima chiedendone l'annullamento e adducendo un unico, articolato motivo con cui lamenta erronea applicazione della legge penale nonché mancanza e manifesta illogicità della motivazione sotto vari aspetti.

2.1. In primo luogo viene censurato il ragionamento già svolto dal primo giudice e replicato dalla Corte di appello relativamente alla ritenuta attendibilità della testimone L, essendosi, secondo il ricorrente, del tutto obliterata la considerazione del fatto che costei, al momento dei fatti, si trovava in quell'abitazione ristretta in detenzione domiciliare per l'espiazione di pena irrogatale per essere stata condannata per il tentato omicidio in danno di Cosimo Damiano Piaschetola, messo in essere sparando un colpo di fucile, e per detenzione illegale dell'arma e di una serie di munizioni. Annettendo adeguato rilievo a questa circostanza i giudici di merito avrebbero dovuto valutare se la detenzione dell'arma non dovesse ascriversi proprio a L, la quale aveva anche descritto esattamente i luoghi in cui *F„,g.24 l'arma si trovava e aveva indicato con dovizia di particolari armi e munizioni: era senz'altro più verosimile che la detenzione della pistola e delle munizioni si radicasse in capo alla donna che aveva poi accusato l'ignaro imputato, il quale, una volta arrestato, aveva deciso di assumersene la paternità al fine di proteggere la convivente. )/f Se l'attendibilità della teste L era da considerarsi inadeguata, nemmeno le accuse di minacce e percosse avrebbero dovuto essere ritenute fondate, non essendo la donna una persona suscettibile di essere facilmente intimorita.

2.2. In ordine, poi, alla configurazione giuridica dei reati ascritti al C, la sentenza impugnata pure è stata censurata perché, nella prospettiva dell'impugnante, era mancato l'accertamento di funzionalità dell'arma, presupposto essenziale per ritenere integrato il reato di detenzione illegale, anche nel senso che la singola parte di arma con l'applicazione di quelle mancanti potesse formare agevolmente un congegno atto all'impiego. Né era stata corretta la qualificazione della pistola come clandestina, perché per addivenire a questa qualificazione era necessario che l'arma non fosse sottoposta ai controlli del Banco Nazionale di prova di Gardone Valtrompia: e di tanto non era stata acquisita prova.
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