Cass. pen., sez. I, sentenza 21/12/2022, n. 48567

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 21/12/2022, n. 48567
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 48567
Data del deposito : 21 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CANTONE RAFFAELE nato a TRENTOLA DUCENTA il 23/11/1960 avverso la sentenza del 27/04/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO AUGUSTO MANCUSO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO GAETAJ che ha concluso chiedendo I Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. P G, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 aprile 2010, la Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere assolveva R C e il coimputato F B per non aver commesso il fatto, in relazione al concorso nel duplice omicidio premeditato, aggravato dai motivi abietti, di F D C e T A, avvenuto in Trentola Ducenta il 30 agosto 1990. Dichiarava invece responsabile dei medesimi fatti D D S, condannandolo alla pena di dodici anni di reclusione, con applicazione della disciplina della continuazione e riconoscimento - in misura prevalente sulle circostanze aggravanti contestate - delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all'art. 8 decreto-legge n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. Il giudice di primo grado riteneva non raggiunta la prova della partecipazione ai citati delitti di C in qualità di esecutore materiale e di B in qualità di mandante. Da un lato, riteneva inattendibili le dichiarazioni di D D S sulla ricezione del mandato omicidiario, in ipotesi, ad opera di B;
dall'altro lato, considerava non riscontrate da quanto dichiarato da C S, da G Q e da R F, le dichiarazioni di D D S circa la partecipazione di C agli omicidi. Il giudice di primo grado precisava che, mentre D D S aveva riferito che, nel corso dell'agguato a F D C e a T A, C aveva guidato l'autovettura e F B aveva esploso i colpi di arma da fuoco, invece F aveva affermato che l'autista era stato B e che sia quest'ultimo sia C avevano sparato. Nella sentenza di primo grado si rilevavano ulteriori divergenze nel narrato dei due citati dichiaranti circa il sentimento di diffidenza che, secondo quanto riferito da F, D D S avrebbe nutrito nei confronti di C. Il giudice di primo grado riteneva non riscontrate le dichiarazioni di D D S anche circa l'individuazione della causale del delitto nella circostanza che F D C non aveva voluto cedere parte del denaro dovuto alla espropriazione dei propri terreni, la quale causale era stata invece ignorata o diversamente individuata dagli altri dichiaranti. Il giudice di primo grado valutava come non rilevante, ai fini del giudizio di responsabilità di C e Bidognettì, la sentenza di condanna emessa da altro giudice nei confronti di B per il citato duplice omicidio. Il giudice di primo grado, come già ricordato, riteneva invece provata la responsabilità di D D S, il quale aveva anche partecipato - come dallo stesso dichiarato - a un precedente tentato omicidio in danno di F D C.

2. Avverso la sentenza di primo grado proponevano gravami: il Pubblico Ministero, che criticava l'assoluzione di C e di B;
la difesa di D D S, che criticava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e la determinazione della pena.

3. La Corte di assise di appello di Napoli procedeva alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale mediante audizione di R F, F D C e Domenico B. Con sentenza del 27 aprile 2021, confermava la sentenza di primo grado nei confronti di B. Riformava invece la sentenza appellata sia nei confronti di D D S, rideterminando la pena in undici anni di reclusione;
sia nei confronti di C, condannandolo - escluse le circostanze aggravanti contestate in relazione all'omicidio di T A e applicata la disciplina della continuazione - alla pena dell'ergastolo. Il giudice di appello riteneva che le dichiarazioni di F D C, circa le dinamiche dell'omicidio di F D C come riferitegli in più occasioni da C, fossero idonee a riscontrare il narrato di D D S. Il giudice di appello considerava rilevante nel giudizio in esame, a differenza di quanto prospettato dal giudice di primo grado, la sentenza con la quale F B era stato condannato in primo grado quale esecutore materiale del duplice omicidio oggetto del presente processo. Secondo quanto affermato nella sentenza di appello, l'attendibilità del narrato di D D S circa la partecipazione di B alla citata azione delittuosa sarebbe idonea a coinvolgere anche la partecipazione di C. Il giudice di appello indicava con funzione di riscontro alle dichiarazioni di D D S quanto riferito da Domenico B de relato da N A e G P, due affiliati deceduti, e ancora da B e da C. Il giudice di appello riteneva sussistenti i requisiti per l'applicazione della circostanza aggravante della premeditazione - sulla base della preparazione e dell'organizzazione dell'agguato e della predisposizione di armi e veicoli - e individuava i motivi abietti nel fatto che l'omicidio di F D C era espressione del potere delinquenziale del clan dei Casalesi al fine di affermare la supremazia sul territorio. Il giudice di appello determinava la pena nella misura precedentemente indicata in base alla gravità del reato e alla negativa personalità del reo, come emergente dal certificato del Casellario giudiziale riportante condanne per reati efferati.

4. Avverso la sentenza
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi