Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 14/05/2019, n. 12770
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Testo completo
la seguente ORDINANZA sul ricorso 6387-2017 proposto da: EC EN, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
APPIANO
22, presso lo studio dell'avvocato LUIGI INFANTE, rappresentato e difeso dall'avvocato ITALO MARIANO SIGNORE, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
SOCIETA' TRASPORTI PUBBLICI DI TERRA D'OTRANTO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ARCHIMEDEN.
175, presso lo studio dell'avvocato PIERLUIGI MANFREDONIA, rappresentata e difesa dagli avvocati VALERIA GALASSI, CATALDO MOTTA, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1867/2016 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 04/10/2016 R.G.N. 1124/2014;
il P.M. ha depositato conclusioni scritte. ad.za 16-10-18 / r.g, n. (1638717 LA CORTE, esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore, RILEVATO che il sig. IO EC impugnò il provvedimento di destituzione dal servizio, adottato il 29 aprile 2011 dal direttore generale della Società Trasporti Pubblici Terra d'Otranto S.p.a., dalla quale egli dipendeva dal 16 giugno 1979 con mansioni di coordinatore di ufficio, parametro 205 ex C.C.N.L., per "aver organizzato e posto in essere nel ruolo e nella responsabilità di legale rappresentante di
ITAL
Viaggi s.a.s. di De LE & C., corrente in San Pietro Vemotico, attività di trasporto passeggeri in concorrenza con la società...";
l'attore chiese, quindi, la reintegra nel posto di lavoro ed il risarcimento del danno pari alle retribuzioni spettanti, oltre accessori e a euro 20.000,00 per danno all'immagine, sostenendo l'illegittimità della impugnata destituzione, non solo perché decisa da organo incompetente ai sensi degli articoli 42 e 52 allegato A al regio decreto n. 148 del 1931, ma anche perché era stata considerata inammissibile la richiesta di convocazione del consiglio di disciplina sull'errato presupposto della obsolescenza di tale organo, ritenuta per effetto di alcune pronunce di questa Corte. Il fatto contestato era, inoltre, insussistente, non avendo mai esso dipendente ricoperto cariche rappresentative nell'ambito della società in accomandita semplice di De LE RI RI;
l'adito giudice del lavoro di Lecce, con sentenza del 30 aprile 2014, respinse la domanda, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite;
tale pronuncia veniva, quindi, impugnata dallo EC come da ricorso del 15 luglio 2014, però respinto dalla Corte d'Appello di Lecce con sentenza n. 1867 in data 23 settembre - 4 ottobre 2016, dichiarando compensate le spese di secondo grado del giudizio, e non sussistenti i presupposti per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore contributo unificato ai sensi dell'articolo 13 comma uno quater del d.P.R. numero 115 del 2012;FDG Ad.za 16- 10-18 / r.g. n. 06387-17 avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione EC IO, come da atto notificato 1'8 marzo 2017, affidato a quattro motivi, cui ha resistito la S.p.a. - Società trasporti pubblici di Terra d'Otranto mediante controricorso in data 29 - 31 marzo 2017;
il Pubblico Ministero in sede ha depositato requisitoria (20/24 settembre 2018), con la quale è stato chiesto l'accoglimento del primo motivo del ricorso;
memoria illustrativa è stata depositata per il ricorrente;
CONSIDERATO che
con il primo motivo è stata lamentata la violazione dell'articolo 53 e seguenti dell'allegato A al R.D. n. 148/31, per mancata pronuncia del consiglio di disciplina, erroneamente ritenuto abrogato;
che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli articoli 53 e 54 del suddetto regio decreto, nonché degli articoli 2118 - 2119 e 1399 c.c., per incompetenza del direttore della società datrice di lavoro ad emanare il provvedimento di destituzione dal servizio con conseguente inefficacia della ratifica da parte del legale rappresentante della stessa società mediante procura alle liti conferita al difensore costituitosi per il giudizio;
che con il terzo motivo è stata lamentata la violazione dell'articolo 7 L. n. 300 del 1970, per mancata affissione del codice disciplinare, relativamente alle sanzioni e alle procedure di contestazione, attesa la rilevanza della mancata informazione del lavoratore su tali procedure, nel caso in cui fosse risultato abrogato il consiglio di disciplina di cui al citato articolo 53 del regio decreto 148/31;
che con il quarto motivo è stata denunciata la violazione degli articoli 2119 c.c., 1, 2 e 3 della legge numero 604 del 1966, nonché dell'art. 7, co. 2, L. n. 300/1970, attesa la rilevanza della modifica della contestazione disciplinare, con conseguente violazione del principio di immutabilità della contestazione medesima;che con la sentenza qui impugnata è stato dato atto che il primo motivo di appello sosteneva l'operatività del consiglio di disciplina, siccome affermata dalle menzionate pronunce giurisprudenziali, da cui emergeva la sopravvivenza dell'organo quale unico competente ad emettere i provvedimenti destituzione. Con il secondo motivo l'appellante aveva sostenuto che in caso di ritenuta decadenza del consiglio di disciplina l'unico organo legittimato all'adozione del provvedimento di destituzione era esclusivamente il legale rappresentante della società, mentre erroneamente il giudice di primo grado aveva ritenuto ratificato l'operato del direttore di esercizio tramite la sua generica tardiva difesa nella memoria di costituzione e la sottoscrizione della procura alle liti in calce (in realtà alla copia notificata del ricorso introduttivo), e ancor prima con la costituzione nel procedimento di urgenza. Inoltre, l'appellante aveva contestato la ritenuta irrilevanza della mancata affissione del codice disciplinare, però in contrasto con l'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, tanto più che il tribunale, escludendo il ricorso al consiglio di disciplina, avrebbe dovuto esigere che il lavoratore fosse a conoscenza della modifica normativa. L'appellante aveva sostenuto, altresì, di non essere legale rappresentante della Ital Viaggi, carica rivestita invece dalla moglie, RI De LE, laddove d'altro canto la vigilanza sull'attività di dipendente doveva essere svolta soltanto da personale noto all'interessato, a tanto abilitato, sicché i risultati dei controlli eseguiti in difformità non erano utilizzabili per violazione dell'articolo 3 della legge n. 300 del 1970. D'altro canto, la sanzione adottata era sproporzionata al fatto, che non integrava condotta sleale. Infine, l'appellante aveva riproposto le doglianze non esaminate dal tribunale con riferimento alla autorizzazione, conseguita il 30 ottobre 2006, allo svolgimento nelle ore libere di attività di supporto per il coniuge, ai sensi dell'art. 5 del succitato regio decreto, alla assenza di danno e al grave pregiudizio subito, ribadendo quindi le conclusioni già formulate con l'atto introduttivo del giudizio e richiesto, ove necessario, ordinarsi alla società ed eventualmente alla Regione Puglia la convocazione del consiglio di disciplina;F IX ad.za 16-10-18 / rg. n. 0638717 che la Corte territoriale disattendeva le anzidette censure, previo richiamo della disciplina dettata in materia dall'allegato A al regio decreto n. 148/1931, con particolare riferimento al c.d. opinamento espresso dal direttore generale, il cui procedimento, mediante una sorta di duplicazione della contestazione e delle difese, risultava pienamente osservato. Il dipendente, infatti, presentò le sue giustificazioni il 28 marzo 2011, in esito alle indagini svolte dai funzionari di cui alla nota 23 marzo di quell'anno, e ancora dopo la contestazione dell'opinamento di cui alla nota n. 7340 del 15 aprile 2011 da parte del direttore generale. Quindi, ricevuta la comunicazione di conferma dell'opinamento, datata 29 aprile 2011, il successivo 2 maggio EC IO chiese ai sensi dell'articolo 53 la pronuncia del consiglio di disciplina, quale organo legittimato ad assumere la decisione della sanzione opinata, con sospensione degli effetti di quest'ultima in attesa della decisione finale, richiesta tuttavia ritenuta inammissibile dal direttore generale, perché la società si era adeguata all'insegnamento della Corte di Cassazione, la quale ormai da tempo aveva dichiarato obsoleto l'istituto del consiglio di disciplina. La Corte territoriale ha pure rilevato che in base alla legge regionale 31 ottobre 2002, recante il testo unico sulla disciplina del trasporto pubblico locale, promulgato in attuazione della legge costituzionale n. 3 del 2008, nonché del decreto legislativo 422 del 1997, come successivamente modificato, la Regione Puglia aveva riservato a sé, ai sensi dell'articolo 54 del regolamento allegato A al r.d. n. 148/1931 e della sentenza della Corte costituzionale n. 449/1998, la nomina del presidente e dei componenti del consiglio di disciplina, già di competenza del ministero dei trasporti. Dalla produzione documentale acquisita era, inoltre, emerso che con nota del 18 novembre 2005, inviata a tutte le imprese di trasporto pubblico locale presso le quali operavano i consigli disciplina, l'assessorato ai trasporti della Regione Puglia, preso atto della sentenza a sezioni unite di questa Corte n. 460 del 2005 nonché di altra precedente, in data 10 marzo 2005, e del parere del Consiglio di Stato in data 19 aprile 2000, comunicò di ritenere compiuta allo stato "l'abrogazione implicita dell'articolo 58 UDG alza 16-10-18 / r.g. n. 06387-17 del regio decreto 148/31, con la conseguente cessazione delle funzioni amministrative e di tutti i procedimenti e adempimenti afferenti alla materia disciplinare, invitando quindi anche i destinatari della missiva ad informare del suo contenuto le organizzazioni sindacali ed il personale dipendente. Risultava anche documentato che a seguito di riunione tenutasi il 5 dicembre 2005 presso l'Assessorato regionale ai trasporti, anche con la partecipazione delle organizzazioni sindacali, si era concertato di ritenere sussistenti allo stato i consigli disciplina regolarmente costituiti e operanti e di considerare nel pieno esercizio delle loro funzioni presidente i componenti di detti organi disciplinare, nonché, per l'ipotesi in cui