Cass. pen., sez. V, sentenza 12/07/2018, n. 31997

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 12/07/2018, n. 31997
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 31997
Data del deposito : 12 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: AN SA nato a [...] il [...] DE PA nato a [...] il [...] ON ZI nato a [...] il [...] AC MA nato a [...] il [...] ER ER nato a [...] il [...] SQ RC nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 16/12/2015 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Matilde Brancaccio;
udito il Sostituto Procuratore Generale Giovanni Di Leo che ha concluso chiedendo l'inammissibilita' di tutti i ricorsi uditi i difensori presenti ed intervenuti: Avv. TULLIO PADOVANI, difensore di DE AO, il quale chiede l'accoglimento del ricorso;
Avv. ANTONIO D'AVIRRO, quale co-difensore di DE, che chiede, altresì, l'accoglimento dei ricorsi proposti;
Avv. FRANCESCO MARESCA, difensore di CA RO, che insiste sui motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento;
Avv. ROBERTA ROSSI, difensore di AN SA, che si riporta ai motivi di ricorso, unitamente ai motivi aggiunti e chiede l'annullamento della sentenza impugnata;
Avv. LUCA BISORI, difensore di AC RI, che chiede l'accoglimento del ricorso;
Avv. SIGRIDO FENYES, difensore di IO IO, che chiede l'accoglimento del ricorso;
Avv. FILIPPO CEI, difensore di IL MA, che chiede l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, emessa il 16 ottobre 2015 e depositata in data 18 febbraio 2016, la Corte d'Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze del 23 dicembre 2013, appellata dal pubblico ministero, dalla parte civile e dagli imputati: ha assolto IL MA dal reato a lui ascritto al capo 7) della contestazione, per non aver commesso il fatto;
ha assolto IO IO dal reato di cui al procedimento riunito n. 1792/09 perchè il fatto non è più previsto come reato;
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di AN SA e IL MA per il reato di cui al capo 5), estinto per prescrizione;
di conseguenza il giudice d'appello ha rimodulato le pene, condannando IL ad anni tre e mesi quattro di reclusione;
AN ad anni quattro e mesi quattro di reclusione;
IO ad anni tre e mesi sei di reclusione. In accoglimento dell'appello del pubblico ministero, ha condannato CA RO alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione. Per il resto, ha confermato la citata sentenza di primo grado, condannando DE AO e AC RI al pagamento delle spese del giudizio d'Appello;
CA al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio;
la parte civile alle spese alle quali ha dato causa. I reati contestati agli imputati riguardavano, inizialmente, la costituzione di un'associazione a delinquere (della quale avrebbero fatto parte tutti gli imputati e contestata al capo 10), finalizzata all'appropriazione di somme di denaro di proprietà di alcune società "partecipate" della Associazione CO Firenze, attraverso la commissione di più reati di appropriazione indebita, bancarotta fraudolenta per distrazione, malversazione ai danni dello Stato (contestati agli imputati ai capi da 1 a 9 e al capo 11), che hanno viste coinvolte le società predette, attraverso lo sviamento di consistenti somme di denaro (per alcuni milioni di euro) dalle casse degli enti consociati a quelle dell'Associazione CO Firenze, in maniera tale da poterle utilizzare per scopi estranei a quelli sociali ed anche per finalità e spese personali, così provocando il fallimento della CO. SE s.r.l. ed il fallimento della PO s.r.I., dichiarati con sentenza del 28 marzo 2007;
mentre l'Associazione Nazionale CO è stata dichiarata decaduta dall'affiliazione all'Associazione Nazionale CO il 13.12.2016 e successivamente è stata sciolta con esposizione debitoria superiore a 5.000.000 di euro. Il reato di associazione per delinquere è stato ritenuto insussistente con la sentenza di primo grado, sul punto confermata da quella d'appello impugnata. Gli imputati coinvolti nelle contestazioni venivano prosciolti in primo grado anche dai reati di cui agli artt. 646 e 316-bis cod. pen., perché prescritti, e assolti dai reati di bancarotta attinenti alla distrazione di un ramo d'azienda e di parte del patrimonio clienti della s.r.l. CO. SE fallita (capi 3 e 4).4 Con la sentenza d'appello veniva dichiarata la prescrizione anche del reato di cui al capo 5), con la conseguente rideterminazione della pena per gli imputati AN SA e IL MA, il quale veniva, altresì, assolto dal reato di cui al capo 7) per non aver commesso il fatto;
si assolveva, infine, l'imputato IO IO dal reato di cui al procedimento riunito n. 1792/09 perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato (art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, come modificato dall'art. 7 del d.lgs. n 158 del 2015), essendo state rimodulate in senso più favorevole le soglie di punibilità previste per la condotta di omesso versamento di ritenute. Il contesto di accadimento dei fatti è quello dei rapporti economici tra le società di servizi operanti per conto della CO (in particolare, le due fallite CO. SE e Policonn, entrambe s.r.I.) e l'Associazione commerciale fiorentina stessa.

2. Avverso la citata sentenza della Corte d'Appello di Firenze sono stati proposti differenti ricorsi per cassazione.

3. Ricorre l'imputato DE AO con due distinti atti, depositati tramite i suoi difensori: avv. Tullio Padovani e Antonio D'Avirro.

3.1. Nel ricorso proposto dal solo avv. D'Avirro si espongono sei motivi.

3.2. Con il primo ed il secondo motivo si deduce violazione di legge per manifesta illogicità della motivazione con riferimento al capo 1), seconda parte, ed al capo 2) dell'imputazione: il primo capo, relativo ad una serie di condotte distrattive di somme di danaro ai danni della s.r.l. CO. SE dal 2000 al 2006, che le erogava a favore dell'Associazione CO di Firenze senza alcuna giustificazione, nonchè in favore della moglie del coimputato AC e della società Heil Sistem riconducibile ad EN NI ed in favore del NI stesso;
il secondo capo, riferito ad analoghe condotte poste in essere a vantaggio di numerose società, tra le quali la PO s.r.l. poi anch'essa fallita, e della CO, ancora una volta con fondi ingiustificati della CO. SE. DE era coinvolto nella contestazione per la sua qualità di Presidente della Giunta dell'Associazione CO dal giugno 2000 fino ad ottobre 2003. Si afferma che la sentenza d'appello, ripetendo un errore già commesso nella motivazione di quella di primo grado, riferisce l'entità diminuita della distrazione al capo 2) della contestazione, mentre è solo alle condotte di cui al capo 1), seconda parte, che il teste m.11o NO collega la diversa ricostruzione circa il fatto che parte della contestata distrazione di danaro sia in realtà stata giustificata da costi sostenuti dalla CO. SE nell'interesse dell'Associazione CO. Si riproducono i motivi d'appello ai quali, secondo il ricorrente, la Corte di secondo grado non avrebbe dato risposta, confondendo le condotte distrattive di cui ai capi 1 e 2 e generando, pertanto, difetto di motivazione in relazione ad entrambi i capi di imputazione. Nel secondo motivo, altresì, ci si sofferma anche nel contestare la mancanza di elementi di fatto dai quali ricavare la prova che i costi sostenuti dalla CO. SE, indicati nel capo 2), sarebbero, invece, imputabili a CO.

3.3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta manifesta illogicità della motivazione con riferimento anche alla prima parte del capo 1) dell'imputazione, poiché non sarebbero stati distinti i periodi in cui DE aveva ricoperto il ruolo di Presidente di CO rispetto al tempo in cui le somme erano state erogate, sicchè gli sarebbero state ascritte condotte distrattive per importi diversi e superiori izta quelli reali. Si propone il corretto calcolo dell'entità delle distrazioni addebitabili all'imputato, ricostruendo il bilancio e le operazioni reciproche tra CO. SE e CO (euro 209.000, dato dalla differenza tra euro 415.000 versati dalla CO. SE a CO nell'effettivo periodo di presidenza DE e la somma di euro 206.118 costituita dalle restituzioni fatte da CO a CO. SE nel periodo). Nello stesso motivo si evidenzia, altresì, che mancherebbe anche la prova certa dell'effettiva riferibilità al periodo di presidenza DE dell'intera ingiustificata elargizione della società fallita alla CO fiorentina.

3.4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce manifesta illogicità della motivazione con riferimento al capo 7) dell'imputazione, ancora una volta per un errore in cui sarebbe incorsa la sentenza d'appello, ripetitiva di quella di primo grado sul punto, che non tiene conto dei rapporti economici reciproci tra la Associazione CO fiorentina e la sua società di servizi, poi fallita, PO s.r.I.;
in particolare, non si considera che, per PO, così come per CO. SE, la CO avesse svolto una serie di servizi. Anche per PO, come per CO. SE, infatti, si sarebbe verificato uso promiscuo di personale, sicchè le presunte distrazioni sarebbero invece rimborsi di somme dovute dalle società fallite alla CO per i costi da quest'ultima sostenuti nell'interesse di PO e CO. SE. Ne costituirebbe prova anche la circostanza che i dipendenti della CO che avevano prestato la loro attività per la società PO siano stati assunti formalmente da tale secondo ente solo nel 2004, sicchè, fino al 2003, per il lavoro svolto a favore di PO, essi vennero pagati da CO, dalla quale dipendevano: per questo, correttamente, i costi erano stati poi rimborsati all'associazione commerciale fiorentina dalla società PO.

3.5. Con il quinto motivo di ricorso si rappresenta inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 216 e 223 I. fall. Citando giurisprudenza della Corte di cassazione -- la pronuncia Sez. 5, n. 47502 del 24/9/2012, RV, Rv. 253493 - il ricorrente propone la tesi che la sentenza di fallimento sarebbe elemento costitutivo del reato, quale evento della fattispecie penale, e non condizione obiettiva di punibilità, collegando a tale assunto la necessità che tra il fallimento e la condotta distrattiva sussista un nesso causale.Da tali premesse, posto che, secondo la ricostruzione prospettata, il reato di bancarotta contestato

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