Cass. civ., sez. III, sentenza 12/07/2005, n. 14590
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiMassime • 3
Il contratto di coassicurazione genera separati rapporti assicurativi, in virtù dei quali ciascun assicuratore è titolare delle sole posizioni soggettive sostanziali e processuali relative al proprio rapporto con l'assicurato. Qualora, pertanto, sia inserita nel contratto la c.d. clausola di delega o di guida, l'assicuratore delegato può essere convenuto in giudizio anche per il pagamento delle quote di indennità di pertinenza dei deleganti, ed in tale veste è legittimato a resistere alla pretesa in rappresentanza di questi ultimi, ma solo a condizione che la domanda nei suoi confronti sia proposta espressamente, o comunque inequivocamente, richiamando la sua qualità di delegato, in modo che risulti chiaramente che per la parte eccedente la quota di rischio a suo carico l'indennizzo gli è stato richiesto nella qualità di rappresentante degli altri coassicuratori, e che in tale qualità deve essere pronunciata, quindi, la sua eventuale condanna per la predetta parte.
La coassicurazione, che può trovare la sua fonte anche in unico contratto dell'assicurato con i coassicuratori, può essere stipulata anche da uno solo degli assicuratori in nome e per conto degli altri, oltre che in proprio, qualora egli sia investito di un potere di rappresentanza a norma degli artt. 1387 ss. cod. civ. (cosiddetta clausola di delega o di guida). La sottoscrizione della polizza da parte di una sola impresa assicuratrice non esclude quindi di per sé la coassicurazione, in quanto la sottoscrizione degli assicuratori non intervenuti può essere sostituita dalla spendita, non necessariamente espressa ma inequivocabilmente desumibile dal contratto, del loro nome da parte della compagnia firmataria, e l'eventuale difetto del potere di rappresentanza non comporta la trasformazione del contratto stipulato come coassicurazione in un contratto di assicurazione con la sola compagnia stipulante, ma solo una responsabilità di quest'ultima ai sensi dell'art. 1398 cod. civ. Costituisce inequivocabile manifestazione della spendita del nome degli altri assicuratori da parte della compagnia firmataria l'indicazione nel contratto delle quote di rischio assicurate da ciascuno degli assicuratori, mentre non è di per sé significativa la circostanza che l'impresa delegata abbia provveduto all'incasso del complesso dei premi, ben potendo la rappresentanza riferirsi anche alla riscossione degli stessi.
Nel giudizio di cassazione, è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, perchè allo stesso non sollecitati. Ove una determinata questione che implichi un accertamento di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità ha l'onere di indicare in quale atto del giudizio di merito l'abbia dedotta, così da permettere alla S.C. di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di ogni altro esame.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F G - Presidente -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. P R - Consigliere -
Dott. F M - rel. Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Z S.A, in persona del dirigente procuratore della società dott. M B, elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. VASARI 5, presso lo studio dell'avvocato R R, che la difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
COM. CARATE BRIANZA, GALLI MARCO, GALLI MARINA, GALLI VITTORIA, GALLI ANGELINA, CITTERIO FRANCA, REDAELLI VINCENZO, CORBETTA ANTONIETTA, CAMESASCA ADELE, COLOMBO ELISABETTA, COLOMBO ELENA, COLOMBO SABRINA, COLOMBO TIZIANA;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 09888/02 proposto da:
COMUNE DI CARATE BRIANZA, in persona del Sindaco pro tempore On.le O O, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PACUVIO 34, presso l'Avv. G R, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
Z S.A, in persona del dirigente procuratore della società Dott. MARCO BACCHINI, elettivamente domiciliata in ROMA VIA G. VASARI 5, presso lo studio dell'avvocato RAOUL RUDEL, che la difende, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
COLOMBO ELISABETTA, COLOMBO ELENA, COLOMBO SABRINA, COLOMBO TIZIANA, GALLI MARCO, GALLI MARINA, GALLI VITTORIA, GALLI ANGELINA, CITTERIO FRANCA, REAELLI VINCENZO, CORBETTA ANTONIETTA, CAMESASCA ADELE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 393/01 della Corte d'Appello di MILANO, sezione seconda civile emessa il 31 gennaio 2000, depositata il 09/02/01;RG. 241/99. udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/05/05 dal Consigliere Dott. Mario FANTACCHIOTTI;
udito l'Avvocato RAOUL RUDEL;
udito l'Avvocato GUIDO ROMANELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Galli Luciano, Citterio Franca, Radaelli Vincenzo, Corbetta Antonietta, Camesasca Adele, Colombo Elisabetta, Colombo Elena, Colombo Sabrina e Colombo Tiziana hanno chiesto al tribunale di Monza la condanna del Comune di Carate Brianza al risarcimento dei danni conseguenti alle lesioni riportate da un edificio in loro comune proprietà a seguito di franamento del terreno prodotto dalla fuoriuscita di acqua delle condotte dell'acquedotto comunale. Il Comune si è opposto a questa domanda ed ha chiamato in causa, essendone stato regolarmente autorizzato dal giudice, la società Danubio Assicurazioni s.p.a., con la quale era assicurato per il rischio dei danni prodotti dall'esercizio di pubblici servizi, spiegando nei confronti di questa società azione di garanzia. La società Danubio Assicurazioni si è opposta alla domanda del Comune sostenendo che i danni denunciati dagli attori non erano coperti dalla garanzia assicurativa dato che la polizza escludeva i danni conseguenti a franamento di terreno;ha comunque, chiesto che la propria responsabilità fosse accertata "nei limiti voluti dalla legge e dagli impegni contrattualmente assunti". Con sentenza del 13 novembre - 16 dicembre 1997 il Tribunale di Monza, accertato che i danni sono stati causati da una frana causata dalla fuoriuscita di acqua dalla condotte dell'acquedotto comunale e che tale sinistro deve considerarsi coperto dalla garanzia assicurativa, ha condannato il Comune di Carate Brianza a risarcire agli attori i danni dagli stessi subiti, per l'ammontare determinato dal consulente tecnico, e la società Danubio Assicurazioni a rimborsare al Comune predetto le somme che da questo sarebbero state effettivamente pagate. Pronunciando sull'appello della società Zurigo Assicurazioni, cessionaria del portafoglio della società Danubio, e sull'appello incidentale proposto da M, M, V ed A G, eredi di L G, e da tutti gli altri attori, la Corte di appello di Milano, con sentenza del 31 gennaio 2000/9 febbraio 2001, ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale di Monza determinando nella percentuale del 43,5% del totale la quota di garanzia assicurativa gravante sulla Zurigo Assicurazioni, che è stata solo coassicuratrice del Comune di Carate Brianza per la predetta quota, conseguentemente condannando tale società a rivalere il predetto Comune degli esborsi effettuati per il risarcimento dei danni accertati dal tribunale solo per la quota di cui sopra. La Corte, rilevata l'infondatezza dell'appello incidentale, che investiva solo la liquidazione del danno, ha, in particolare, ritenuto che la polizza assicurativa, relativa ai danni derivanti dall'esercizio di pubblici servizi, comprendesse anche quelli conseguenti all'esercizio di acquedotti, compresi i danni derivanti da franamento o cedimento del terreno non imputabili a lavori che implichino sottomurature o altre tecniche costruttive, perché in tal senso depone la combinata lettura di una clausola aggiunta nel frontespizio del modulo predisposto dalla contraente società ("in via di abbondanza si conferma l'esercizio di asili ed acquedotto"), della clausola n 9 della polizza (in cui, precisandosi che, limitatamente agli acquedotti, la garanzia comprende i danni alla persona da erogazione di acqua alterata, si esprime indirettamente anche la volontà di una garanzia rafforzata e senza limiti per i danni a cose derivanti dall'esercizio dell'acquedotto) e della clausola della lettere F della seconda sezione, che espressamente prevede la garanzia per i danni a cose dovuti a cedimento o franamento del terreno a condizione che tali danni non derivino da lavori che implichino sottomurature o altre tecniche sostitutive. La sentenza predetta è stata impugnata dalla s.a. Zurigo, con ricorso per Cassazione.
Il Comune di Carate Brianza resiste denunciando, tra l'altro, l'inammissibilità dei motivi del ricorso perché privi della indicazione degli articoli di legge che si assumono violati e proponendo, a sua volta, ricorso incidentale al quale la società Zurigo, a sua volta, resiste con controricorso.
Galli Luciano, Citterio Franca, Radaelli Vincenzo, Corbetta Antonietta, Camesasca Adele, Colombo Elisabetta, Colombo Elena, Colombo Sabrina e Colombo Tiziana non hanno spiegato attività difensiva.
Sono state depositate memorie.
MOTIVI
1. Il ricorso incidentale deve essere riunito a quello principale, ai sensi dell'art. 335 c.p.c. 2. Con l'articolato motivo del suo ricorso la società Zurigo denuncia "la violazione dell'art. 1363 cod. civ e ss., vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia prospettato".
Sostiene, anzitutto, che la Corte di merito ha sostanzialmente ignorato, benché specificamente segnalata nei motivi di appello, la clausola dell'art. 17 della polizza che, in mancanza di specifico patto aggiuntivo, espressamente esclude la copertura assicurativa per i danni dovuti ad assestamento, cedimento, franamento o vibrazioni del terreno da qualsiasi causa determinati.
Chiarisce che, infatti, nessuno degli argomenti Utilizzati dalla Corte territoriale per superare la predetta disposizione facendo leva sulle precisazioni presenti nel frontespizio della polizza e sulle disposizioni degli artt. 9 e lett. F sez. 2^ può considerarsi in linea con i criteri ermeneutici dettati dal codice civile. Non la disposizione del frontespizio, ove, "in via di abbondanza", è stato precisato che la garanzia si estende ai danni derivanti dall'esercizio di asili e dell'acquedotto, trattandosi di clausola aggiunta meramente esplicativa e perciò priva della valenza necessaria per vincere la limitazione introdotta dall'art. 17. Non la disposizione dell'art. 9 ove si precisa che, limitatamente agli acquedotti, la garanzia comprende danni alle persone da erogazione di acqua inquinata, perché tale clausola deve essere letta solo in relazione a quella dell'art. 16 lett. g), che esclude dall'assicurazione i danni conseguenti ad inquinamento dell'acqua, assumendo così solo una modesta funzione parzialmente derogativa di quest'ultima clausola, non anche della clausola dell'art. 17. Non, infine, la clausola della lettera F delle condizioni aggiuntive della seconda sezione dato che tale clausola, mai invocata dal Comune di Carate Brianza, non risulta richiamata nella polizza e che, in ogni caso, è relativa solo alle imprese industriali. Nella memoria la società ricorrente chiarisce di avere voluto denunciare, nel ricorso, la violazione delle regole ermeneutiche dettate dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ., per le quali il primo strumento interpretativo deve essere legato al significato letterale delle parole e deve essere completato dalla lettura coordinata di tutte le disposizioni, dato che l'interpretazione del giudice di merito ha invece anteposto alla lettura letterale, e di per se esaustiva, della specifica clausola contrattuale di esclusione contenuta nell'art. 17 lett. G) una lettura frammentaria del contratto non corrispondente alla volontà delle parti. In ogni caso, secondo la ricorrente, la Corte di merito, ritenuta applicabile la condizione aggiuntiva della lettera F, non avrebbe potuto disapplicare l'ulteriore disposizione di tale clausola che prevede una franchigia del 10%.