Cass. pen., sez. I, sentenza 18/04/2023, n. 26316
Sentenza
18 aprile 2023
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18 aprile 2023
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Massime • 1
In tema di elemento soggettivo del reato, non sussiste incompatibilità tra dolo d'impeto e dolo eventuale, in quanto l'agire sulla spinta emotiva del momento non esclude la lucidità mentale e le facoltà cognitive che consentono di prevedere e accettare il rischio della verificazione dell'evento quale conseguenza della propria azione. (Fattispecie in materia di omicidio, commesso mediante lo spruzzo di alcol denaturato all'altezza del tronco della vittima mentre questa si trovava ai fornelli).
Sul provvedimento
Testo completo
26316 23 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Composta da: Presidente - Sent. n. sez. 499/2023 MONICA BONI UP 18/04/2023- MICHELE BIANCHI R.G.N. 24912/2022 BARBARA CALASELICE -Relatore RAFFAELLO MAGI ANGELO VALERIO LANNA ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: EO TT nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 09/12/2021 della CORTE ASSISE APPELLO di LECCE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SIMONE PERELLI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito il difensore, avvocato CONTE FRANCESCA GRAZIA del foro di LECCE, in difesa di EO TT, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. f RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata la Corte di assise d'appello di Lecce, ha riformato la condanna, emessa dalla Corte di assise in sede, in data 3 dicembre 2020, riducendo la pena irrogata a TT LE, in quella di anni ventidue di reclusione in relazione al reato ascrittogli, di cui agli artt. 575, 576 n. 2 cod. pen.
1.1.Il primo giudice aveva ritenuto l'imputato colpevole del delitto di omicidio aggravato posto in essere ai danni del padre, provocato attraverso lo spruzzo di alcol denaturato, addosso alla vittima, all'altezza del tronco mentre questa si trovava ai fornelli, provocando ustioni, per effetto delle fiamme sprigionatesi dal contatto dell'alcol con il fuoco, morte intervenuta per ustione di secondo e terzo grado e per ampie aree di carbonizzazione, estese a gran parte della superficie corporea della parte lesa. Il primo giudice ha inserito il fatto in un contesto relazionale conflittuale, escludendo la presenza di un vero e proprio disturbo di personalità nell'imputato, a seguito di perizia psichiatrica svolta in sede di incidente probatorio. Gli elementi a carico, su cui si fonda la sentenza di primo grado, recepiti anche da quella di appello, attengono all'esame dei testi di polizia giudiziaria, intervenuti sul posto su segnalazione dello stesso imputato, convivente all'epoca dei fatti con il padre, vittima dell'omicidio. LE era stato trovato seduto su gradini esterni all'abitazione all'interno della quale era stato reperito il cadavere bruciato, sia sul corpo che sugli indumenti, del padre. In un primo momento, l'imputato aveva riferito di un incidente ma le indagini e la consulenza medico legale di cui aveva reso conto, in dibattimento, il medico legale, avevano consentito di acclarare che a bruciare, peraltro a lungo, non era stato un cadavere ma una persona ancora in vita, stante il rinvenimento di impronte sulle piastrelle del bagno ove la vittima era stata trovata, l'aspetto delle lesioni riscontrate, nonché l'accertata inalazione di monossido di carbonio, a q dimostrazione che questa, dunque, ancora respirava mentre bruciava. Si era concluso, comunque, nel senso che la vittima era deceduta, tra le sei e le dieci ore prima rispetto ai primi rilievi eseguiti sul posto, per gli effetti del fuoco e del calore che avevano prodotto ustioni di secondo e terzo grado e ampie aree di carbonizzazione, estese a gran parte della superficie corporea. I dati raccolti avevano consentito di acclarare che la vittima aveva bruciato a lungo, mentre era in piedi e si muoveva nell'ambiente e che, infine, era deceduta cadendo nel bagno mentre era in piedi e si muoveva ancora nell'ambiente circostante. Tanto che, cadendo, il corpo aveva riportato un trauma contusivo che aveva determinato contusione nella regione postero laterale dell'emitorace sinistro. 2 M 1.2.La Corte territoriale, nel confermare in punto di responsabilità la pronuncia di primo grado, ha condiviso la ricostruzione dei fatti e la qualificazione giuridica agli stessi attribuita dalla Corte di assise. Secondo la Corte d'assise di appello era stato lo stesso imputato a descrivere gli avvenimenti del 29 maggio 2019, confermando, anche in sede dibattimentale, il gesto compiuto di gettare l'alcol sulla persona del padre, mentre questi si trovava ai fornelli, intento a cucinare. L'imputato aveva descritto il contesto familiare di particolare tensione e attrito con il genitore, che aveva dipinto come soggetto irascibile e che aveva una scarsa stima del figlio. Secondo il racconto dell'imputato questi, quel giorno, aveva in mano una bottiglietta di alcol per medicare una ferita che aveva alla mano, mentre il padre era intento a cucinare, momento in cui si era verificata un'accesa discussione tra i due, nel corso della quale il padre aveva inveito nei suoi confronti. Tale comportamento, secondo l'imputato, aveva provocato la sua reazione d'ira, istintiva, concretizzatasi nello spruzzare, premendo sulla bottiglietta, l'alcol sulla persona del padre, all'altezza del torace che corrispondeva all'altezza del fornello che in quel momento era acceso. Secondo lo stesso racconto dell'odierno ricorrente, questi, immediatamente, si era prodigato per spegnere le fiamme, ma non quelle che avevano colpito il corpo del padre, bensì quelle che avevano investito brandelli di vestiti che erano nel corridoio, dove la vittima, ancora in vita, era passata scappando istintivamente verso il bagno. L'imputato, ammettendo di non avere dei fatti un preciso ricordo riguardo al momento in cui ciò si era verificato, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata, aveva, comunque, dichiarato di aver gettato dell'acqua sul corpo del padre quando si trovava nel bagno. L'imputato aveva dichiarato, inoltre, di essere confuso, di aver preso la bottiglietta di alcol con la quale aveva spruzzato il contenuto sulla persona del padre svuotandola e, poi, di averla bruciata nel camino sito nel seminterrato dell'abitazione (ove residui di bruciatura della bottiglietta venivano successivamente rinvenuti dalla polizia giudiziaria). L'allarme ai Carabinieri, poi, secondo il racconto dell'imputato era stato dato da lui stesso, soltanto dopo aver mangiato nel tinello, mentre il padre giaceva per terra in bagno, intorno alle 16:30, orario diverso da quello indicato dai testi di polizia giudiziaria che hanno riferito di una chiamata intervenuta soltanto alle 17:35. La Corte di assise di appello, dunque, ha confermato la qualificazione del reato come omicidio volontario e non come omicidio preterintenzionale, tenuto conto che LE non si era limitato a lanciare la bottiglietta di alcol chiusa addosso 3 al padre ma questa era stata premuta e spruzzata sulla persona del genitore che si trovava in una posizione estremamente rischiosa, perché vicino ai fornelli accesi. Dunque, secondo i giudici di secondo grado, la volontà dell'agente era stata proprio quella di provocare una fiammata che, poi, aveva avvolto mortalmente la persona del genitore, condotta attuata nella piena consapevolezza degli effetti che la spruzzata di alcol avrebbe potuto provocare, avendo questi svolto studi di ingegneria chimica. In tal caso la sentenza impugnata ravvisa l'esistenza di dolo alternativo cioè della volontà di ferire o uccidere indifferentemente o, comunque, eventuale, con previsione o rappresentazione dell'evento in termini di probabilità e di accettazione del rischio, escludendo la configurabilità della condotta di omicidio preterintenzionale. Si è valorizzato poi, quanto all'animus necandi, il comportamento successivo dell'imputato. La Corte di assise di appello ha accolto