Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 09/12/2020, n. 28060

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 09/12/2020, n. 28060
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28060
Data del deposito : 9 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ente PU SENTENZA sul ricorso 15050-2015 proposto da: M DO SUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso Cu-,1 dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
2020

- ricorrente -

1826

contro

M M, G N, P F, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELL'UNIVERSITA' n. 11, presso lo studio dell'avvocato A S, che li rappresenta e difende;
- controrícorrenti - avverso la sentenza n. 403/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 27/01/2015 R.G.N. 1522/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. C M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato A S. R. Gen. N. 15050/2015

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'impugnazione proposta da N G, M M e F P nei confronti del Ministero dello sviluppo economico - MISE - (quale successore dell'Istituto per la Programmazione Industriale - IPI -) ed in riforma della decisione del locale Tribunale, dichiarava l'illegittimità dei contratti a termine intercorsi tra le parti e dichiarava che tra gli stessi e l'IPI fosse intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla prima assunzione con ordine al Ministero di ripristinare i rapporti e condanna dello stesso al risarcimento del danno pari ad una indennità diversamente quantificata per ciascuno degli appellanti. Richiamava la Corte territoriale le vicende che avevano interessato l'IPI (così come ricostruite dal Tribunale) ed evidenziava che l'Istituto, soppresso dall'art. 7, comma 20, del di. n. 78 del 2010 convertito nella I. n. 122 del 2010 che aveva contestualmente trasferito al Ministero per lo sviluppo economico i compiti e le attribuzioni al primo spettanti, era nato dalla trasformazione dello IASM (Istituto per l'assistenza allo sviluppo del Mezzogiorno) ed aveva perso l'originaria natura privatistica per effetto delle modifiche statutarie introdotte il 13.11.2008, che avevano portato alla fuoriuscita dei soci di natura privata dalla compagine associativa, acquisendo da detta epoca natura di ente pubblico. Esaminate, poi, le posizioni degli appellanti riteneva che i contratti stipulati dagli stessi fossero illegittimi (per ragioni differenti a seconda delle tipologie contrattuali) con conseguente sussistenza, per tutti, di un rapporto di lavoro subordinato sin dal primo di tali contratti.

Considerato che

la disposta trasformazione dei rapporti andava collocata temporalmente in epoca anteriore alla sopraindicata emancipazione dell'Istituto dalla natura privata, all'atto della soppressione di tale Istituto e del trasferimento del personale di ruolo presso il Ministero dello sviluppo economico i rapporti in questione R. Gen. N. 15050/2015 dovevano considerarsi già in essere come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Riteneva, inoltre, che dovesse trovare diretta applicazione il modello risarcitorio predisposto dall'art. 32 della I. n. 183 del 2010 e determinava, in ragione del numero dei contratti e della loro durata, il danno in 6, in 7 ed in 5 mensilità, rispettivamente per Giordano, Mauri e Pinzari, fermo l'importo retributivo mensile precisato in sentenza, non oggetto di contestazione (euro, 1.494,37, euro 1494,37 ed euro 2.042,35).

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MISE con due motivi.

3. N G, M M e F P hanno resistito con controricorso.

4. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Ministero denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione ed erronea applicazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, dell'art. 7, comma 20, d.l. n. 78/2010, dell'art. 14, comma 15, del d.l. n. 98/2011, dell'art. 97 Cost. ed ancora violazione dell'art. 32 della I. n. 183/2010 in relazione all'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001. Sostiene che ostativa alla costituzione di un rapporto sia la natura pubblica dell'ente a quo nonché dell'ente ad quem. Assume che anche qualora il rapporto a termine debba ritenersi intercorso con un soggetto avente in origine natura privatistica, per la trasformazione in senso pubblicistico subìta dallo stesso nel corso del tempo non potrebbe giammai essere disposta la conversione del rapporto. Aggiunge che l'espressione 'il personale a tempo indeterminato attualmente in servizio' contenuta nella disposizione di cui all'art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, per essere conforme al dettato costituzionale, non possa che essere interpretata in senso restrittivo R. Gen. N. 15050/2015 tale da consentire la trasmigrazione solo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato 'attuali', interpretazione che sola consente di escludere ogni aggirabilità della regola del pubblico concorso quale sistema ordinario di accesso nei ruoli dell'amministrazione. Evidenzia che l'IPI aveva, già prima della soppressione, tutte le caratteristiche proprie di un organismo di diritto pubblico in rapporto di delegazione organica con il Ministero dello sviluppo economico che svolgeva su di esso un controllo analogo a quello svolto nei confronti dei propri organi. L'Istituto, inoltre, svolgeva attività strumentale ai fini istituzionali del Ministero che finanziava annualmente lo stesso rendendolo partecipe degli scopi/attività di incentivazione alle imprese del Ministero controllante. Richiama ai fini della legittimità di un sistema che non prevede la conversione automatica dei rapporti ma solo il risarcimento del danno la pronuncia della Corte costituzionale n. 89 del 2003, sentenze della Corte di Giustizia CE (Vassallo del 7 settembre 2006) e precedenti di questa Corte (Cass. n. 1260 del 2015 e Cass. n. 19371 del 2013). Sotto altro profilo censura la sentenza impugnata per aver applicato, ai fini del risarcimento del danno, l'art. 32 della I. n. 138/2010 e sostiene che nella specie, per la liquidazione del 'danno comunitario' dovesse essere applicato il diverso criterio di cui all'art. 8 della I. n. 604 del 1966. 2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata al primo motivo, il Ministero ricorrente denuncia la violazione dell'art. 112 e dell'art. 132 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, n. 4, cod. proc. civ.. Censura la sentenza impugnata per essere la motivazione così scarna da risultare apparente e per non avere i giudici di appello preso in considerazione i rilievi di cui all'appello incidentale dell'Amministrazione concernenti la quantificazione del risarcimento del danno con i criteri di cui all'art. 32 cit..R. Gen. N. 15050/2015 3. Il ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati.

4. La questione sottoposta all'esame di questa Corte ruota intorno alla natura giuridica dell'IPI.

5. Occorre premettere che l'attività ricostruttiva della natura giuridica di un ente è compito del giudice di legittimità che vi provvede, anche d'ufficio, in ossequio al principio iura novit curia, laddove tale natura fondi la propria essenza in disposizioni di legge (operazione, questa, che non trova limite, pertanto, in differenti prospettazioni o posizioni delle parti), diversamente essendo l'indicato compito circoscritto a quanto ritualmente allegato in causa, nel rispetto degli oneri di cui all'art. 366 cod. proc. civ., laddove una determinata natura (e, per quanto si dirà, quella di ente privato) abbia le radici in atti dell'autonomia delle persone.

6. Ciò precisato, nella specie, occorre partire dall'art. 7, comma 20, d.l. 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica" per procedere poi a ritroso nel tempo. Tale norma ha disposto la soppressione degli enti di cui all'allegato 2 al medesimo d.l. ed i compiti e le attribuzioni esercitati sono stati trasferiti alle amministrazioni corrispondentemente indicate, con trasferimento del personale a tempo indeterminato in servizio presso i predetti enti al momento della soppressione alle amministrazioni e agli enti rispettivamente individuati ai sensi del medesimo allegato. In attuazione di detta norma è stato, quindi, adottato il decreto interministeriale (da parte del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione) 11 febbraio 2011 (in GU Serie Generale n. 83 del 11-04-2011) recante la Tabella di corrispondenza ai fini dell'inquadramento del personale a tempo indeterminato proveniente dall'Istituto per la promozione industriale e trasferito al Ministero dello sviluppo economico.R. Gen. N. 15050/2015 6.1. Orbene è di tutta evidenza che, all'atto della soppressione, l'IPI fosse già un ente pubblico (inimmaginabile essendo che il legislatore abbia inteso, con il medesimo atto normativo, costituire un ente pubblico e contestualmente sopprimerlo). Tanto si evince chiaramente dalla espressa previsione di cui al citato comma 20 dell'art. 7 secondo cui "gli stanziamenti finanziari a carico del bilancio dello Stato previsti, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per le esigenze di funzionamento dei predetti enti pubblici confluiscono nello stato di previsione della spesa o nei bilanci delle amministrazioni alle quali sono trasferiti i relativi compiti ed attribuzioni, insieme alle eventuali contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attività rese dai medesimi enti pubblici". D'altra parte se non si fosse trattato di un ente pubblico ma di un soggetto privato, la disposizione che ne ha disposto la soppressione, contestualmente prevedendo il passaggio del personale IPI nei ruoli del Ministero, si sarebbe certamente esposta a profili di illegittimità costituzione sia per violazione dell'art. 42 Cost. sia per violazione dell'art. 97 Cost. (la Corte costituzionale nella sentenza 13 aprile 2017 n. 86 si è occupata della questione di illegittimità costituzionale proprio dell'art. 7, comma 20, d.l. 78 del 2010, ma con riferimento ad altro ente soppresso con quella norma ed ha sottolineato l'esigenza di "emanare disposizioni" anche "per il rilancio della competitività economica" di talché la soppressione di determinati enti pubblici e le modalità di allocazione delle relative funzioni sono state anche ispirate all'esigenza, espressamente enunciata, di accrescere la competitività, attraverso un'opera di razionalizzazione organizzativa).
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