Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/06/2005, n. 13831

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

Ai sensi dell'art. 55, quinto comma, della legge sull'ordinamento delle autonomie locali 8 giugno 1990, n. 142 (nel testo anteriore alla modifica apportata con l'art. 6, undicesimo comma, della legge 15 maggio 1997, n. 127), la delibera con la quale i competenti organi comunali o provinciali affidano ad un professionista privato l'incarico per la progettazione di un'opera pubblica, è valida e vincolante nei confronti dell'ente soltanto se il relativo impegno di spesa sia accompagnato dall'attestazione, da parte del responsabile del servizio finanziario, della copertura finanziaria. L'inosservanza di tale prescrizione determina la nullità della delibera, che si estende al contratto di prestazione d'opera professionale poi stipulato con il professionista, comportando l'esclusione di qualsiasi responsabilità od obbligazione dell'ente pubblico in ordine alle spese assunte senza il suddetto adempimento.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/06/2005, n. 13831
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13831
Data del deposito : 28 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. N G - Presidente di sezione -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. C A - rel. Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. E S - Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI M, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. FRACASSINI 18, rappresentato e difeso dall'avvocato V R, giusta delega a margine del controricorso;

- ricorrente -

contro
B N;

- intimato -

e sul 2^ ricorso n. 19200/00 proposto da:
B N, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILLA 3, presso lo studio dell'avvocato D M che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato M F M S, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
COMUNE DI M;

- intimato -

avverso la sentenza n. 474/00 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 14/02/00;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/02/05 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;

udito l'Avvocato Domenico MASTROSTEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio che ha concluso per il rigetto per quanto di ragione del primo motivo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 30 ottobre 1995 l'ing. Nicola B convenne in giudizio il Comune di Mentana davanti al Tribunale di Roma chiedendo che l'ente fosse condannato al pagamento della somma di L. 79.988.455, con interessi e rivalutazione, a titolo di compenso per l'espletamento di un incarico professionale (progettazione di un centro sportivo), a lui affidato con delibera della giunta municipale. In via subordinata chiese la condanna del convenuto al pagamento della stessa somma, o di altra da determinare anche in via equitativa, a titolo d'indebito arricchimento. In ogni caso chiese la condanna al risarcimento dei danni subiti, sempre con interessi e rivalutazione. In contumacia del convenuto il Tribunale adito, con sentenza depositata il 23 ottobre 1997, respinse la domanda, rilevando che, alla stregua della documentazione prodotta, non sussisteva la forma prescritta per i contratti stipulati dagli enti pubblici (la mera delibera di giunta, prodotta dall'attore a sostegno della pretesa azionata, stabiliva che il professionista nulla avrebbe potuto chiedere per la progettazione fino a quando non fosse stato ottenuto il relativo finanziamento). Pertanto, mancando il contratto di affidamento dell'incarico, con previsione della spesa e del relativo capitolo di bilancio nel quale essa doveva essere inserita, un'obbligazione contrattuale del Comune non era ravvisabile. Il primo giudice, poi, ritenne che del pari infondata fosse l'azione ex art. 2041 cod. civ., in difetto di prova che l'ente pubblico avesse riconosciuto, sia pur per implicito, di avere tratto qualche utilità dall'operato del professionista, e che non potesse trovare ingresso alcuna azione risarcitoria mancando un illecito civile. Il B propose appello e il Comune si costituì per resistere al gravame.
Con sentenza depositata il 14 febbraio 2000 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannò l'ente territoriale a pagare all'appellante la somma di L. 47.993.070 a titolo di compenso professionale, oltre agli interessi (come da tariffa) con decorrenza dal 19 dicembre 1991, nonché al pagamento delle spese processuali.
La Corte di merito, esaminando il requisito della forma scritta necessaria per i contratti degli enti pubblici, osservò che la loro conclusione poteva risultare da una serie di dichiarazioni scambiate tra le parti contraenti ("che si atteggiano come proposta ed accettazione tra assenti, così come avviene nella negoziazione comune"), purché, con riguardo ai contratti stipulati dal Comune, la comunicazione avvenisse ad opera del sindaco quale organo rappresentativo dell'ente.
Posto tale principio la Corte distrettuale rilevò che, con delibera n. 1267 dell'11 ottobre 1990, la Giunta comunale aveva nominato l'ing. B progettista per la costruzione di un centro sportivo in Mentana ed aveva deciso di finanziare la relativa spesa con mutuo da chiedere alla Cassa DD. e PP. o ad altro istituto di previdenza o con contributi, con l'intesa che il tecnico nulla avrebbe avuto a pretendere per la progettazione finché il relativo finanziamento non fosse stato ottenuto. Tale incarico era stato comunicato al B con lettera in data 20 novembre 1990 e quest'ultimo aveva trasmesso la sua formale accettazione con lettera del 23 dicembre 1990, sicché il contratto d'opera professionale doveva considerarsi concluso. Quanto all'ulteriore vizio rilevato dalla sentenza impugnata (mancato finanziamento), l'appellante aveva addotto che esso non era stato prospettato dal Comune, rimasto contumace e, comunque, non sussisteva in quanto attinente all'organizzazione interna e non incidente sulla validità dell'atto. Anche tale censura, ad avviso della Corte d'appello, era fondata, non soltanto perché il vizio non era stato dedotto dal Comune ma anche perché la giurisprudenza aveva escluso che l'omessa indicazione delle spese e dei mezzi per farvi fronte - di cui all'art. 284 del R.D. 3 marzo 1934 n. 383 - potesse incidere sulla validità dell'atto e, quindi, sul diritto al compenso, in quanto l'affidamento di un incarico professionale configurava espressione non di poteri pubblicistici ma di autonomia negoziale privatistica, con la conseguenza che gli eventuali vizi della deliberazione avevano rilievo esclusivamente nell'ambito interno all'organizzazione dell'ente.
Ai fini dell'accoglimento della domanda, poi, era irrilevante la parte della clausola secondo cui il tecnico non avrebbe potuto avanzare pretese per la progettazione finché non fosse stato ottenuto il relativo finanziamento, sia perché l'argomento non costituiva oggetto di difesa da parte del Comune e non vi era prova del mancato finanziamento, sia perché anche quella circostanza assumeva rilievo soltanto nell'ambito organizzativo interno del Comune e non toccava la validità dell'atto. La Corte romana, inoltre, ritenne non fondata la domanda di liquidazione anche di compenso per il cosiddetto ampliamento dell'incarico professionale, ritenendo che in realtà si trattasse di un incarico successivo, non deliberato ne' accettato formalmente dall'ingegnere ma soltanto a lui comunicato con una lettera del sindaco, datata 5 febbraio 1992, che indicava ulteriori lavori da progettare per nuove esigenze emerse. Essa, pertanto, dichiarò il diritto dell'appellante a ricevere il compenso per il primo incarico conferito ed accettato;
provvide a liquidare la parcella prodotta secondo la tariffa professionale, con gli interessi ivi contemplati;
respinse l'ulteriore domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno per violazione del principio di buona fede, osservando che il preteso danno non appariva ipotizzato e tanto meno provato, neppure come danno da ritardo perché, trattandosi di debito di valuta, la relativa prova (da fornire anche con presunzioni) non era stata data dal richiedente. Avverso la suddetta sentenza il Comune di Mentana ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi. L'ing. B ha resistito con controricorso ed ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale sulla base di tre motivi. La seconda sezione civile di questa Corte, cui la causa era stata assegnata, con ordinanza del 18 febbraio 2003 ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per eventuale assegnazione della controversia alle sezioni unite. Essa ha rilevato, infatti, che con il primo dei motivi addotti a sostegno della propria impugnazione il Comune di Mentana, nel contestare la conformità a diritto di quanto il giudice a quo aveva considerato per escludere la nullità del contratto in questione, ha osservato che "la delibera con la quale il competente organo comunale affida ad un professionista un incarico è valida e vincolante solo ove contenga le previsioni dell'ammontare del compenso dovuto al professionista oltre che i mezzi per farvi fronte. L'inosservanza di tali prescrizioni determina la nullità della delibera, che si estende al contratto di prestazione d'opera professionale". Su tale questione - l'ordinanza ha proseguito - nella giurisprudenza di questa Corte si registra un contrasto tuttora non superato, che andrebbe composto. Pertanto la causa, ai sensi dell'art. 374 c.p.c., è stata assegnata alle sezioni unite civili di questa Corte ed è stata chiamata all'udienza di discussione;
in vista della quale l'ing. B, che già aveva presentato una prima memoria per l'udienza davanti alla sezione semplice, ha depositato una seconda memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso principale e il ricorso incidentale, proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civile.

2. Nel preambolo del ricorso principale proposto dal Comune di Mentana si indica la procura al difensore "in calce alla sentenza notificata". In realtà, però, come risulta dall'esame dell'atto la procura si trova a margine del ricorso che, pertanto, è ammissibile.

3. Con il primo mezzo di cassazione il Comune di Mentana denunzia "violazione ed errata applicazione del combinato disposto degli artt. 1326, 1327 e 1350 cod. civ. Erroneità nei presupposti, carenza e
contraddittorietà nella motivazione". Come affermato in giurisprudenza, è affetto da nullità assoluta, rilevabile di ufficio, per mancanza di prova scritta ad substantiam il contratto d'opera professionale stipulato con la P.A. senza il necessario atto scritto. Inoltre, come pure affermato in giurisprudenza, la delibera con la quale il competente organo comunale affida ad un professionista un incarico è valida e vincolante soltanto qualora contenga le previsioni dell'ammontare del compenso dovuto al professionista, oltre che i mezzi per farvi fronte. L'inosservanza di

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi