Cass. civ., sez. III, ordinanza 13/05/2020, n. 8881

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La vendita al pubblico incanto di cosa ricevuta in pegno, ai sensi dell'art. 2797 c.c., configura una forma di autotutela privata esecutiva, diversa e distinta dall'espropriazione forzata, sicché alla stessa non si applica la disciplina prescritta per la vendita forzata e, in particolare, l'art. 2922 c.c., che nega alla parte acquirente la possibilità di fare valere i vizi della cosa venduta, in quanto le cose ottenute in pegno non sono liberamente negoziabili dal creditore garantito, comunque tenuto al rispetto delle leggi speciali inerenti alle forme specifiche di costituzione del pegno. Deve, tuttavia, considerarsi lecita e meritevole di tutela, in ossequio al principio di autonomia privata ex art. 1322 c.c., la previsione regolamentare e convenzionale (desumibile anche in via implicita dal regolamento d'asta) di esclusione del diritto del partecipante all'asta di contestare i vizi redibitori e la mancanza di qualità della cosa venduta in base agli artt. 1490 e 1497 c.c., fatta salva la tutela riconosciuta in caso di vendita di "aliud pro alio".

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, ordinanza 13/05/2020, n. 8881
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 8881
Data del deposito : 13 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

o t 18881/20 l a g u ORIGINALE . r r A i F LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto TERZA SEZIONE CIVILE Vendita di beni oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: di pegno mediante Dott. GIACOMO TRAVAGLINO Presidente pubblico incanto Rel. Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI esclusione della Dott. G PO Consigliere garanzia per vizi redibitori Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI applicabilità o meno degli Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI Consigliere artt. 2919 e 2922 c.c. in ha pronunciato la seguente tema di vendita ORDINANZA forzata sul ricorso 25509-2018 proposto da: R.G.N. 25509/2018 GIOCO SRL in persona del suo legale rappresentante, Cron. 2881 elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MIGIURTINIA Rep. GIANCARLO MARZO,36, presso lo studio dell'avvocato Ud. 28/01/2020 rappresentata e difesa dall'avvocato R A;
CC ricorrente

contro

U S , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA 2020 ANICIA, 6, presso lo studio dell'avvocato ROCCO 162 NANNA, che la rappresenta e difende;
- controricorrente avverso la sentenza n. 760/2018 della CORTE D'APPELLO 1 di B, depositata il 03/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di Consigliere Dott. consiglio del 28/01/2020 dal FRANCESCA FIECCONI;
. . JE 2 RG 25509/18 Rilevato che:

1. Con ricorso notificato il 27/6/2018 avverso la sentenza della Corte d'Appello di Bari n. 760/18 depositata in data 31/5/2018, la società Gio.co S.r.l. propone gravame innanzi a questa Corte affidandolo ad un unico motivo. Resiste, con controricorso notificato via pec il 28/8/2018, Unicredit S.p.A.

2. Per quanto qui d'interesse, con atto di citazione del novembre 1999, la società Gio.co S.r.l., che svolge professionalmente attività di commercio di oro e preziosi, conveniva in giudizio Banca di Roma S.p.A. (oggi Unicredit S.p.A.), per ottenere la restituzione del prezzo di £ 14.450.000, oltre IVA e diritti d'asta, in ragione di vizi riscontrati nell'acquisto di alcuni preziosi durante un'asta organizzata, nel gennaio dello stesso anno, dall'Istituto di credito convenuto. Dopo aver denunciato i vizi mediante raccomandate inviate ad Unicredit, la società promuoveva un Accertamento Tecnico Peritale, per mezzo del quale si accertava che i preziosi acquistati avevano caratteristiche e peso diversi rispetto a quelli riportati nei lotti d'asta. Nel primo grado del giudizio, si costituiva la Banca contestando la domanda di parte attrice. Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 991 del 2012 - ritenendo le vendite poste in essere dal Monte di credito su pegno "vendite forzate" cui si applica la disciplina prevista negli artt. 2919 e ss. cod. civ. e, in particolare, quella di cui all'art. 2922 cod. civ., che esclude per l'acquirente la possibilità di far valere la garanzia per i vizi della cosa ex art. 1490 cod. civ. ed esperire l'azione di rescissione per lesione ex art. 1448 cod. civ. rigettava la domanda della società attrice, - condannandola al pagamento delle spese di giudizio.

3. Avverso la sentenza del Tribunale proponeva appello la società Gio.co sostenendo la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione e/o omesso esame dei punti decisivi della controversia, atteso che il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda attrice muovendo dall'erronea 3 qualificazione dell'asta quale “vendita forzata”. Con un secondo motivo di appello, poi, censurava la sentenza per aver qualificato i vizi dei beni acquistati rilevanti ex art. 1490 cod. civ., e non come vendita "aliud pro alio".

4. Con la sentenza oggi impugnata, la Corte d'Appello di Bari, dichiarava infondato sia il primo motivo, ritenendo di condividere le ragioni del giudice di prime cure in punto di applicabilità al caso di specie dell'art. 2922 cod. civ., che il secondo motivo, rilevando che non si vertesse in un'ipotesi di aliud pro alio. Dunque, rigettava l'appello e condannava la società alle spese di giudizio.

5. Avverso la sentenza la Gio.co ricorre per Cassazione adducendo un unico motivo. Resiste con controricorso Unicredit. La società ricorrente ha depositato memorie ai sensi dell'art. 380-bis 1 cod. proc. civ. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si denuncia ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. - la violazione e falsa applicazione degli artt. 2919 e 2922 cod. civ. La Corte d'Appello avrebbe erroneamente qualificato l'asta cui la società ricorrente aveva partecipato come "vendita forzata", con la conseguenza di ritenere applicabili le disposizioni de quibus e non la speciale disciplina prevista dagli artt. 2794 e ss. cod. civ., in materia di vendita della cosa ricevuta in pegno. In particolare, la ricorrente non ritiene condivisibile l'applicazione, alla fattispecie concreta, dell'art. 2922 cod. civ. e, dunque, l'esclusione della garanzia per i vizi e per la mancanza di qualità della res.

2. Il motivo è infondato, nei limiti di seguito esposti. Infatti, pur dovendosi rigettare il motivo di ricorso è necessario correggere in diritto la motivazione della sentenza impugnata. Ciò in quanto la disciplina cui far riferimento nella vendita di beni oggetto di pegno, disposta dal creditore in forma di asta, non può essere individuata in quella relativa alla vendita forzata di cui agli artt. 2919 e ss. cod. civ., ove all'art. 2922 cod. civ. è espressamente prevista l'esclusione della garanzia per i vizi della cosa forzatamente venduta. Tanto premesso, non può accogliersi il motivo di 4 doglianza, in quanto costituisce forma di "autonomia negoziale", meritevole di tutela ex art. 1322 cod. civ., il regolamento che disciplina l'asta in questione, con il quale viene esclusa - anche solo per via implicita - la garanzia per vizi della cosa, laddove essa sia limitata al vizio redibitorio e alla mancanza di qualità della cosa (rispettivamente, ex artt. 1490 e 1497 cod. civ.), e non anche all'ipotesi di vendita aliud pro alio.

3. Deve rilevarsi che nella normativa dedicata alla vendita del bene sottoposto a pegno - sia quella codicistica di cui agli artt. 2796 e 2797 cod. civ., che quella settoriale di cui al R.D. n. 1279/1939, relativa all'ordinamento dei Monti di credito su pegno - non si rinviene alcun richiamo alla vendita forzata, essendo espressamente prevista, di contro, una vendita all'incanto mediante speciale procedura non assistita dalle medesime garanzie. Ed invero, l'art. 2796 cod. civ., statuisce che «il creditore per il conseguimento di quanto gli è dovuto può far vendere la cosa ricevuta in pegno secondo le forme stabilite dall'articolo seguente», ossia dall'art. 2797 cod. civ., oppure, può chiedere al giudice l'assegnazione del bene fino alla concorrenza del debito ex art. 2798 cod. civ. Dunque, la disciplina applicabile a questa speciale forma di vendita è, anzitutto, quella desumibile dall'art. 2797 cod. civ. che, nella specie, offre al creditore tre forme per soddisfare le proprie ragioni di credito garantite da pegno, vale a dire: la vendita al pubblico incanto;
la vendita a prezzo corrente;
o, anche forme diverse» convenute dalle parti. Proprio la previsione di una terza via, ossia di una terza possibile forma, per così dire "atipica" - rinvenibile nell'ultimo comma della disposizione in parola, secondo cui «Per la vendita della cosa data in pegno le parti possono convenire forme diverse>> rende - evidente che il legislatore non ha inteso costringere la vendita de qua nelle maglie della disciplina dell'esecuzione forzata quanto, piuttosto, ha previsto una speciale procedura di “esecuzione privata" che, quale forma di autotutela esecutiva a carattere negoziale non è assimilabile · soprattutto in assenza di un espresso rinvio all'esecuzione forzata di cui agli artt. 2910 e ss. cod. civ.- 5 e, dunque, non è soggetta alla specifica disciplina della vendita forzata ex artt. 2919 e ss. cod. civ.

4. A tale assunto, peraltro, si perviene anche per il tramite dell'art. 2911 cod. civ. che, assieme all'art. 2910 cod. civ., apre il capo dedicato alla "esecuzione forzata", sancendo che «il creditore che ha pegno sui beni del debitore non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone ad esecuzione anche i beni gravati dal pegno». Ciò implica che la legge tiene ben distinta l'esecuzione forzata ex artt. 2910 e ss. cod. civ., dall'esecuzione cd. "privata" di cui all'art. 2795 cod. civ. Infatti, il creditore potrà espropriare in "forma forzata" altri beni del debitore solo se scelga, anche per il bene gravato da pegno, tale forma di esecuzione.

5. Ovviamente, anche se avente natura di "esecuzione

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