Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 17/06/2022, n. 19561
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
eCt.. SG ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 32727/2019 R.G., proposto DA l'Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
RICORRENTE
CONTRO
D I, M C S, M N e M E, rappresentati e difesi dall'Avv. C R, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliati, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTI AVVERSO la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - Sezione Staccata di Brescia il 28 marzo 2019 n. 1451/25/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24 maggio 2021 dal Dott. G L S;
RILEVATO CHE: L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - Sezione Staccata di Brescia il 28 marzo 2019 n. 1451/25/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione dell'imposta di donazione in dipendenza del "patto di famiglia", con il quale, a mezzo di rogito notarile del 21 novembre 2014, D I aveva assegnato al figlio M C S la quota di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l.", nella misura del 39,89% del capitale sociale, con il consenso delle figlie M N e M E, salva la liquidazione dei diritti loro spettanti in veste di future legittimarie, e della "liquidazione in adempimento di patto di famiglia", con il quale, a mezzo di rogito notarile del 21 novembre 2014, M C S aveva attribuito a M N e M E, a tacitazione dei diritti di legittima, le quote di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l.", nelle misure, rispettivamente, del 3,21% e del 10,66% del capitale sociale, ha accolto l'appello proposto da D I, M C S, M N e M E nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona il 23 novembre 2016 n. 272/03/2016, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la sentenza di prime cure, sul presupposto che M N e M E avessero ricevuto l'attribuzione delle quote di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l." dalla madre D I, ancorché mediante l'onere adempiuto da M C S. Il ricorso è affidato ad un unico motivo. D I, M C S, M N e M E si sono costituiti con controricorso. In prossimità dell'adunanza camerale, i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.. CONSIDERATO CHE: Con unico motivo, si denunciano, al contempo, falsa applicazione degli artt. 768-quater, 1362 e 1363 cod. civ., nonché violazione degli artt. 3 e 7 del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la liberalità posta in essere con la liquidazione in adempimento del patto di famiglia fosse stata indirettamente compiuta da D I - attraverso M C S - a favore di M N e M E.
RITENUTO CHE:
1. Il motivo è infondato.
1.1 La questione è stata specificamente ed approfonditamente esaminata da questa Corte (Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29506) con soluzione condivisibile, che si ritiene di confermare e ribadire in questa sede.
1.2 Preliminarmente, si valuta l'opportunità di una sintetica ricostruzione dell'istituto del "patto di famiglia" sul piano civilistico e sul piano fiscale. L'esigenza di una legge volta a favorire il passaggio generazionale delle imprese di famiglia è stata per molto tempo fortemente avvertita in ambito nazionale e sovranazionale. Sin dall'anno 1994, l'Unione Europea aveva invitato l'Italia — ed anche quei Paesi (quali Francia, Belgio, Portogallo, Spagna e Lussemburgo) in cui il divieto dei patti successori è ancora vigente — ad intervenire per abrogare o almeno ridurre l'ambito di operatività di tale divieto, nell'ottica di una tutela del patrimonio aziendale nel passaggio generazionale della gestione dell'impresa. Nella raccomandazione della Commissione CE del 7 dicembre 1994 (94/1069/CE) sulla successione delle piccole e medie imprese, si è constatato che, ogni anno, diverse migliaia di imprese sono obbligate a cessare la loro attività a causa di difficoltà insormontabili, inerenti alla successione dell'imprenditore, con ripercussioni negative sul tessuto economico imprenditoriale, nonché sui creditori e sui lavoratori che in tali aziende trovano impiego. È stato anche evidenziato che la connessa perdita di posti di lavoro e di benessere economico è particolarmente deplorevole, perché non è dovuta alle forze di mercato, ma ad un'insufficiente pianificazione della successione ed all'inadeguatezza della legislazione di alcuni Stati membri, soprattutto in materia di diritto societario, successorio e fiscale. La Commissione ha, pertanto, ritenuto necessaria l'adozione di una serie di interventi volti a sensibilizzare, informare e formare gli imprenditori, affinché preparino efficacemente la loro successione fintanto che sono ancora in vita, al fine di aumentare le probabilità di riuscita della successione stessa, ed ha evidenziato l'esigenza di modificare le leggi degli Stati membri, al fine di rendere più razionali ed efficienti le norme successorie, che regolano il trasferimento delle imprese di piccole e medie dimensioni alla morte dell'imprenditore. All'art. 1 della menzionata raccomandazione, vengono sinteticamente individuati gli obiettivi che essa si propone. È, infatti, stabilito, che: «Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per facilitare la successione nelle piccole e medie imprese al fine di assicurare la sopravvivenza delle imprese ed il mantenimento dei posti di lavoro. In particolare, essi sono invitati ad adottare le misure più adeguate, a completamento del quadro giuridico, fiscale e amministrativo, al fine di: - sensibilizzare l'imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione finché è ancora in vita;
- creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione;
- consentire all'imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua disposizione gli strumenti adeguati;
- assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso di uno dei soci o dell'imprenditore;
- assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza o dell'impresa;
- incoraggiare fiscalmente l'imprenditore a trasferire la sua impresa tramite vendita o cessione ai dipendenti, soprattutto quando non vi sono successori nell'ambito della famiglia».
1.3 Lo Stato italiano si è adeguato al contenuto di detta risoluzione, emanando la legge sul patto di famiglia. Si tratta della Legge 14 febbraio 2006 n. 55 (portante "Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia"), il cui art. 2 ha introdotto un nuovo capo (comprensivo della sequenza degli artt. 768 -bis - 768 -octies cod. civ.) nel titolo IV (divisione ereditaria) del libro TI del codice civile (successioni). È una riforma operata senza modificare la materia delle successioni, nel suo assetto complessivo, limitandosi il legislatore a ricondurre il patto di famiglia alla disciplina dei patti successori, quale deroga al corrispondente divieto (l'art.1 della Legge 14 febbraio 2006 n. 55 ha premesso al primo periodo dell'art. 458 cod. civ. il seguente inciso: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,»). La definizione del patto di famiglia è fornita dall'art. 768-bis cod. civ., ove è stabilito che «È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti». Viene disciplinato un nuovo contratto tipico (da stipularsi, a pena di nullità, nelle forme dell'atto pubblico), che si pone l'obiettivo di agevolare il trasferimento di aziende o di partecipazioni societarie all'interno del nucleo familiare, quando il disponente è ancora in vita. L'imprenditore può operare una sorta di successione anticipata nell'impresa, con l'accordo di tutti coloro che, in caso di apertura della successione, al momento della stipula del patto, assumerebbero la qualità di legittimari, in modo tale da regolare per tempo il passaggio generazionale nella gestione dell'impresa, evitando che, al momento della sua morte, l'azienda o le partecipazioni al capitale della società cadano nella comunione ereditaria (con il rischio di frazionamento in conseguenza della divisione). Occorre sottolineare che, da un punto di vista oggettivo, il patto può riguardare esclusivamente l'azienda o le partecipazioni sociali dell'imprenditore. Non vi è spazio per ammettere un patto di famiglia che abbia ad oggetto le possibili altre voci che concorrono a formare il futuro relictum del disponente (il denaro, i crediti, la mobilia, gli immobili, ecc.), il quale, ove stipulato, ricadrebbe nel divieto sancito dall'art. 458 cod. civ.. Ovviamente l'imprenditore può continuare a disporre dei beni del suo patrimonio diversi dall'azienda o dalle partecipazioni societarie, ma a tali disposizioni non può applicarsi la disciplina propria del patto di famiglia, restando operante quella preesistente all'introduzione di tale istituto. Per quanto attiene all'individuazione dei destinatari dell'attribuzione, l'art. 768-bis cod. civ. prevede chiaramente che possono essere tali soltanto i discendenti (ma non necessariamente i figli, potendo l'imprenditore decidere di saltare una generazione e beneficiare i nipoti ex filiis). Né il coniuge né gli ascendenti possono, dunque, subentrare al disponente attraverso il patto di famiglia, neppure altri parenti e, men che mai, soggetti estranei alla famiglia.
1.4 Come si è
RICORRENTE
CONTRO
D I, M C S, M N e M E, rappresentati e difesi dall'Avv. C R, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliati, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTI AVVERSO la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - Sezione Staccata di Brescia il 28 marzo 2019 n. 1451/25/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24 maggio 2021 dal Dott. G L S;
RILEVATO CHE: L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia - Sezione Staccata di Brescia il 28 marzo 2019 n. 1451/25/2019, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione dell'imposta di donazione in dipendenza del "patto di famiglia", con il quale, a mezzo di rogito notarile del 21 novembre 2014, D I aveva assegnato al figlio M C S la quota di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l.", nella misura del 39,89% del capitale sociale, con il consenso delle figlie M N e M E, salva la liquidazione dei diritti loro spettanti in veste di future legittimarie, e della "liquidazione in adempimento di patto di famiglia", con il quale, a mezzo di rogito notarile del 21 novembre 2014, M C S aveva attribuito a M N e M E, a tacitazione dei diritti di legittima, le quote di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l.", nelle misure, rispettivamente, del 3,21% e del 10,66% del capitale sociale, ha accolto l'appello proposto da D I, M C S, M N e M E nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona il 23 novembre 2016 n. 272/03/2016, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la sentenza di prime cure, sul presupposto che M N e M E avessero ricevuto l'attribuzione delle quote di compartecipazione nella "Filmag Italia S.r.l." dalla madre D I, ancorché mediante l'onere adempiuto da M C S. Il ricorso è affidato ad un unico motivo. D I, M C S, M N e M E si sono costituiti con controricorso. In prossimità dell'adunanza camerale, i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.. CONSIDERATO CHE: Con unico motivo, si denunciano, al contempo, falsa applicazione degli artt. 768-quater, 1362 e 1363 cod. civ., nonché violazione degli artt. 3 e 7 del D.L.vo 31 ottobre 1990 n. 346, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la liberalità posta in essere con la liquidazione in adempimento del patto di famiglia fosse stata indirettamente compiuta da D I - attraverso M C S - a favore di M N e M E.
RITENUTO CHE:
1. Il motivo è infondato.
1.1 La questione è stata specificamente ed approfonditamente esaminata da questa Corte (Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29506) con soluzione condivisibile, che si ritiene di confermare e ribadire in questa sede.
1.2 Preliminarmente, si valuta l'opportunità di una sintetica ricostruzione dell'istituto del "patto di famiglia" sul piano civilistico e sul piano fiscale. L'esigenza di una legge volta a favorire il passaggio generazionale delle imprese di famiglia è stata per molto tempo fortemente avvertita in ambito nazionale e sovranazionale. Sin dall'anno 1994, l'Unione Europea aveva invitato l'Italia — ed anche quei Paesi (quali Francia, Belgio, Portogallo, Spagna e Lussemburgo) in cui il divieto dei patti successori è ancora vigente — ad intervenire per abrogare o almeno ridurre l'ambito di operatività di tale divieto, nell'ottica di una tutela del patrimonio aziendale nel passaggio generazionale della gestione dell'impresa. Nella raccomandazione della Commissione CE del 7 dicembre 1994 (94/1069/CE) sulla successione delle piccole e medie imprese, si è constatato che, ogni anno, diverse migliaia di imprese sono obbligate a cessare la loro attività a causa di difficoltà insormontabili, inerenti alla successione dell'imprenditore, con ripercussioni negative sul tessuto economico imprenditoriale, nonché sui creditori e sui lavoratori che in tali aziende trovano impiego. È stato anche evidenziato che la connessa perdita di posti di lavoro e di benessere economico è particolarmente deplorevole, perché non è dovuta alle forze di mercato, ma ad un'insufficiente pianificazione della successione ed all'inadeguatezza della legislazione di alcuni Stati membri, soprattutto in materia di diritto societario, successorio e fiscale. La Commissione ha, pertanto, ritenuto necessaria l'adozione di una serie di interventi volti a sensibilizzare, informare e formare gli imprenditori, affinché preparino efficacemente la loro successione fintanto che sono ancora in vita, al fine di aumentare le probabilità di riuscita della successione stessa, ed ha evidenziato l'esigenza di modificare le leggi degli Stati membri, al fine di rendere più razionali ed efficienti le norme successorie, che regolano il trasferimento delle imprese di piccole e medie dimensioni alla morte dell'imprenditore. All'art. 1 della menzionata raccomandazione, vengono sinteticamente individuati gli obiettivi che essa si propone. È, infatti, stabilito, che: «Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per facilitare la successione nelle piccole e medie imprese al fine di assicurare la sopravvivenza delle imprese ed il mantenimento dei posti di lavoro. In particolare, essi sono invitati ad adottare le misure più adeguate, a completamento del quadro giuridico, fiscale e amministrativo, al fine di: - sensibilizzare l'imprenditore ai problemi della successione e indurlo a preparare tale operazione finché è ancora in vita;
- creare un contesto finanziario favorevole al buon esito della successione;
- consentire all'imprenditore di preparare efficacemente la sua successione mettendo a sua disposizione gli strumenti adeguati;
- assicurare la continuità delle società di persone e delle imprese individuali in caso di decesso di uno dei soci o dell'imprenditore;
- assicurare il buon esito della successione familiare evitando che le imposte sulla successione ereditaria e sulla donazione mettano in pericolo la sopravvivenza o dell'impresa;
- incoraggiare fiscalmente l'imprenditore a trasferire la sua impresa tramite vendita o cessione ai dipendenti, soprattutto quando non vi sono successori nell'ambito della famiglia».
1.3 Lo Stato italiano si è adeguato al contenuto di detta risoluzione, emanando la legge sul patto di famiglia. Si tratta della Legge 14 febbraio 2006 n. 55 (portante "Modifiche al codice civile in materia di patto di famiglia"), il cui art. 2 ha introdotto un nuovo capo (comprensivo della sequenza degli artt. 768 -bis - 768 -octies cod. civ.) nel titolo IV (divisione ereditaria) del libro TI del codice civile (successioni). È una riforma operata senza modificare la materia delle successioni, nel suo assetto complessivo, limitandosi il legislatore a ricondurre il patto di famiglia alla disciplina dei patti successori, quale deroga al corrispondente divieto (l'art.1 della Legge 14 febbraio 2006 n. 55 ha premesso al primo periodo dell'art. 458 cod. civ. il seguente inciso: «Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti,»). La definizione del patto di famiglia è fornita dall'art. 768-bis cod. civ., ove è stabilito che «È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti». Viene disciplinato un nuovo contratto tipico (da stipularsi, a pena di nullità, nelle forme dell'atto pubblico), che si pone l'obiettivo di agevolare il trasferimento di aziende o di partecipazioni societarie all'interno del nucleo familiare, quando il disponente è ancora in vita. L'imprenditore può operare una sorta di successione anticipata nell'impresa, con l'accordo di tutti coloro che, in caso di apertura della successione, al momento della stipula del patto, assumerebbero la qualità di legittimari, in modo tale da regolare per tempo il passaggio generazionale nella gestione dell'impresa, evitando che, al momento della sua morte, l'azienda o le partecipazioni al capitale della società cadano nella comunione ereditaria (con il rischio di frazionamento in conseguenza della divisione). Occorre sottolineare che, da un punto di vista oggettivo, il patto può riguardare esclusivamente l'azienda o le partecipazioni sociali dell'imprenditore. Non vi è spazio per ammettere un patto di famiglia che abbia ad oggetto le possibili altre voci che concorrono a formare il futuro relictum del disponente (il denaro, i crediti, la mobilia, gli immobili, ecc.), il quale, ove stipulato, ricadrebbe nel divieto sancito dall'art. 458 cod. civ.. Ovviamente l'imprenditore può continuare a disporre dei beni del suo patrimonio diversi dall'azienda o dalle partecipazioni societarie, ma a tali disposizioni non può applicarsi la disciplina propria del patto di famiglia, restando operante quella preesistente all'introduzione di tale istituto. Per quanto attiene all'individuazione dei destinatari dell'attribuzione, l'art. 768-bis cod. civ. prevede chiaramente che possono essere tali soltanto i discendenti (ma non necessariamente i figli, potendo l'imprenditore decidere di saltare una generazione e beneficiare i nipoti ex filiis). Né il coniuge né gli ascendenti possono, dunque, subentrare al disponente attraverso il patto di famiglia, neppure altri parenti e, men che mai, soggetti estranei alla famiglia.
1.4 Come si è
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi