Cass. civ., sez. VI, ordinanza 01/02/2019, n. 03151

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 01/02/2019, n. 03151
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03151
Data del deposito : 1 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente ORDINANZA sul ricorso 12665-2018 proposto da: TRALICCI GINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAIO MARIO, 13, presso lo studio dell'avvocato S C, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA - MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

- controricorrente -

avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 13/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. M C;

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso alla Corte d'Appello di Perugia depositato in data 2.4.2012 T G si doleva per l'eccessiva durata del giudizio di opposizione a precetto promosso nei suoi confronti dall'Inps dinanzi al Tribunale di Velletri, conclusosi in primo grado con l'accoglimento dell'opposizione e con il conseguente rigetto da parte della Corte di Cassazione del ricorso straordinario promosso dalla ricorrente, con sentenza n. 2627/2012. Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle a ristoro dei danni subiti per l'irragionevole durata del giudizio "presupposto" un equo indennizzo. Resisteva il Ministero della Giustizia che instava per il rigetto dell'avversa domanda. Con decreto n. 450/2018 la Corte d'Appello di Perugia dichiarava l'estinzione del giudizio in quanto tardivamente riassunto e condannava la ricorrente alle spese. Evidenziava la corte che il giudizio, interrotto a seguito della sospensione dall'albo a tempo indeterminato dell'avvocato Staniscia, difensore costituito della T, era stato riassunto tardivamente, con ricorso depositato il 17.9.2014, allorchè il termine perentorio di cui all'art. 305 c.p.c., era già giunto a compimento. Evidenziava in particolare che la ricorrente, avvocato a sua volta, inserito nello stesso studio professionale dell'avvocato, suo coniuge, N S, aveva ricevuto la comunicazione del 24.10.2013 del consiglio dell'ordine degli avvocati di sospensione del suo difensore, siccome interessata al medesimo provvedimento di sospensione;
che in forza di tali circostanze, per nulla contestate, la ricorrente aveva quindi Ric. 2018 n. 12665 sez. M2 - ud. 06-12-2018 -2- acquisito dell'evento interruttivo la conoscenza legale idonea ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Avverso tale decreto ha proposto ricorso T G sulla base di un motivo. Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso. Con il motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione degli artt.301, 302, 303, 305, 324 c.p.c. e 2697 c.c. Deduce che la comunicazione del consiglio dell'ordine degli avvocati di sospensione dall'albo dell'avvocato Staniscia non ha avuto come destinataria la ricorrente ma il suo difensore;
che dunque tale comunicazione non è consistita in un'attività diretta a portare a sua conoscenza la verificazione dell'evento interruttivo. Deduce quindi che la notificazione di tale comunicazione non è idonea a fornire riscontro della conoscenza legale da parte sua dell'evento interruttivo che ha colpito il proprio legale, e della data dell'evento interruttivo nè rileva che analogo provvedimento di sospensione sia stato ad ella ricorrente, parte dello stesso studio professionale dell'avvocato Staniscia, indirizzato. Deduce che il provvedimento gravato ha fatto ricorso a deduzioni e circostanze di fatto che non sopperiscono alla carenza di conoscenza legale dell'evento interruttivo, come richiesto anche dalla giurisprudenza costituzionale. Il motivo è destituito di fondamento. Ritiene il Collegio che debba assicurarsi continuità ai precedenti di questa Corte che già occupatisi della medesima vicenda / i hanno ritenuto che le doglianze della ricorrente fossero prive di fondamento (Cass. n. 27348/2018;
Cass. n. 22042/2018;
Ric. 2018 n. 12665 sez. M2 - ud. 06-12-2018 -3- Cass. n. 25694/2018;
Cass. n. 12493/2018;
Cass. n. 13564/2018;
Cass. n. 28759/2017;
Cass. n. 26909/2017). In tal senso deve ritenersi che la corte territoriale ha valorizzato ben precise situazioni di fatto e di diritto al fine di addivenire all'affermazione circa la conoscenza da parte della ricorrente dell'evento interruttivo. In primo luogo ha evidenziato la circostanza per cui l'avvocato T e l'avvocato N S sono coniugi;
in secondo luogo la circostanza per cui l'una e l'altro avvocato fanno parte dello stesso studio professionale;
in terzo luogo la circostanza per cui l'avvocato T e l'avvocato N S sono stati coinvolti in veste di indagati nel medesimo procedimento penale nell'ambito del quale è stata adottata e nei confronti dell'una e nei confronti dell'altro la misura della custodia cautelare in carcere;
in quarto luogo alla circostanza per cui e l'avvocato T e l'avvocato N S sono stati fatti segno, in dipendenza del coinvolgimento nello stesso procedimento penale, di analogo provvedimento di sospensione cautelare dall'esercizio della professione a tempo indeterminato da parte del competente consiglio dell'ordine degli avvocati. Del resto la ricorrente ha dedotto di aver contestato nel corso della prima udienza successiva alla riassunzione propriamente "l'eccezione di estinzione e soprattutto di aver avuto conoscenza legale", ossia ha addotto di aver contestato il corollario che la corte umbra ha inteso inferire dalle circostanze dapprima enunciate. In siffatti termini questa Corte deve reiterare il proprio insegnamento, alla cui stregua l'art. 305 c.p.c. - a seguito delle sentenze n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971 e n. 36 del 1976 della Corte costituzionale - deve essere interpretato nel senso che il termine per la riassunzione o la Ric. 2018 n. 12665 sez. M2 - ud. 06-12-2018 -4- prosecuzione del processo, interrotto per morte o impedimento del procuratore, decorre non dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, bensì da quello in cui lo stesso evento sia venuto a conoscenza della parte, interessata alla riassunzione, in forma legale, risultante cioè da dichiarazione, notificazione o certificazione, non essendo sufficiente la conoscenza "aliunde" acquisita (cfr. Cass. sez. lav. 29.12.1999, n. 14691;
Cass.25.2.2015, n. 3782). E tuttavia è innegabile che, allorquando la ricorrente ha ricevuto notificazione del provvedimento alla stessa indirizzato di "sua" sospensione cautelare dall'esercizio della professione a tempo indeterminato, ha inevitabilmente preso atto che il "suo" provvedimento le prefigurava - le "dichiarava" - al contempo - in ragione delle premesse ("visto l'esposto disciplinare (...) a carico degli avvocati N S e T G (...) attualmente entrambi sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere (...)"), della riproduzione nel corpo del provvedimento dell'"ordinanza di applicazione di misura cautelare" e delle imputazioni elevate e nei suoi confronti e nei confronti del coniuge nonchè delle "osservazioni" inserite nel testo, ove è riferimento all'istanza di ricusazione congiuntamente formulata da ella ricorrente e dal marito - l'analoga sospensione assunta, per i medesimi illeciti penali, nei confronti del coindagato, coniuge e collega di studio. La notificazione del "suo" provvedimento di sospensione vale quindi come "dichiarazione" e dunque in forma legale a renderla edotta dell'analogo provvedimento di "sospensione" assunto dallo stesso consiglio dell'ordine nei confronti del coniuge, suo difensore nel procedimento per cui è causa. Non si è quindi al cospetto di una conoscenza acquista aliunde ovvero induttivamente, sibbene di una conoscenza radicatasi Ric. 2018 n. 12665 sez. M2 - ud. 06-12-2018 -5- direttamente ed immediatamente in occasione della notificazione alla ricorrente del "suo" provvedimento di sospensione cautelare dall'esercizio della professione. A ciò deve aggiungersi, ed in relazione all'argomento speso in ricorso secondo cui la notifica di tale provvedimento, avvenuta allorquando la ricorrente era ristretta nella casa circondariale di Rebibbia, sarebbe nulla in quanto non rispettosa delle formalità di cui all'art. 7 co. 6 della legge n. 890/82, come novellato dal d.l. n. 248/2007, che sempre in occasione della prima comparizione della parte dopo la riassunzione, nulla è stato eccepito circa l'asserita invalidità della notifica de qua, sicchè la questione si pone come del tutto nuova, e come tale inammissibile in sede di legittimità, non rinvenendosene traccia nel provvedimento impugnato, né avendo la parte indicato in quale atto del processo di merito sia stata dedotta. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio. La liquidazione segue come da dispositivo (si tenga conto che, in sede di condanna del soccombente al rimborso delle spese del giudizio a favore di un'amministrazione dello Stato - nei confronti del quale vige il sistema della prenotazione a debito dell'imposta di bollo dovuta sugli atti giudiziari e dei diritti di cancelleria e di ufficiale giudiziario - riguardo alle spese vive la condanna deve essere limitata al rimborso delle spese prenotate a debito: cfr. Cass. 18.4.2000, n. 5028;
Cass.22.4.2002, n. 5859). Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, Ric. 2018 n. 12665 sez. M2 - ud. 06-12-2018 -6- n. 115, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. sez. un.28.5.2014, n. 11915).
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