Cass. pen., sez. I, sentenza 07/06/2022, n. 21931

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 07/06/2022, n. 21931
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21931
Data del deposito : 7 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GORLA CLAUDIO nato a SARNICO il 25/05/1969 avverso l'ordinanza del 16/01/2020 del TRIBUNALE di BERGAMOudita la relazione svolta dal Consigliere D F;
lette/€4e le conclusioni del PG Il Procuratore generale, L G, chiede l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. C G ricorre avverso l'ordinanza del 16 gennaio 2020 del Tribunale di Bergamo che, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta di rideterminazione della pena di anni tre, mesi otto di reclusione ed euro 14.000,00 di multa, in ordine al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, applicata con la sentenza della Corte di appello di Brescia del 19 settembre 2017, divenuta definitiva, in seguito alla pronuncia n. 40 del 2019, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 nella parte in cui prevede la pena minima edittale di anni otto di reclusione, anziché quella di anni sei. Il giudice dell'esecuzione ha evidenziato che la pena in concreto irrogata a G, considerando anche l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, era inferiore a quella di anni sei di reclusione indicata dalla Corte costituzionale.

2. Il ricorrente denuncia erronea applicazione della legge penale o di altra norma giuridica, di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale, con riferimento all'art. 136 Cost., e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata, perché il giudice dell'esecuzione avrebbe omesso di considerare che la valutazione sull'illegalità della pena doveva essere rapportata alla pena base e non alla pena in concreto irrogata a seguito della diminuzione per le circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 23 gennaio 2019, che ha dichiarato la illegittimità dell'art. 73, comma 1, T.U. stup., nella parte in cui fissa in anni otto di reclusione, anziché in anni sei, il minimo della pena edittale, deve ritenersi illegale la pena inflitta a G per tale reato, con conseguente necessità di modificare l'entità della pena stessa.

2. A tal fine, giova premettere che, precedentemente alla riforma in vigore dal 28 febbraio 2006, la suddetta figura di reato distingueva le sostanze stupefacenti in due categorie, una relativa alle c.d. droghe pesanti elencate nelle tabelle I e III di cui all'art. 14 T.U. stup., e l'altra relativa alle c.d. droghe leggere, catalogate nelle tabelle II e IV previste nel medesimo articolo. La cessione delle droghe pesanti era punita dall'art. 73, comma 1, T.U. stup. con la pena da otto a venti anni di reclusione, oltre alla pena pecuniaria. La cessione delle droghe leggere, invece, era sanzionata con una pena più mite. A seguito del d.l. 30 dicembre 2005 n. 272 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2006 n. 49), è venuta meno la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere e si è proceduto ad assimilare tutti i tipi di sostanze stupefacenti, fatte rientrare in un'unica tabella, senza più riconnettere alcuna conseguenza alla diversa tipologia di effetti ed al diverso grado di dipendenza riferibili alle diverse sostanze. Per compensare l'aggravamento del trattamento sanzionatorio previsto per le droghe leggere, è stato fissato un minimo edittale pari ad anni sei di reclusione, oltre alla pena pecuniaria. Successivamente, è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 25 febbraio 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.
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