Cass. civ., sez. I, sentenza 11/11/2003, n. 16914
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Le parti, con il cd. "patto di rotatività" del pegno - la cui legittimità risulta anche dalle disposizioni di cui agli artt. 87, d.lgs. n. 58 del 1998, 34, d.lgs. n. 213 del 1998 e 5 del regolamento CE n.1346 del 2000 - convengono sin dall'origine la sostituzione totale o parziale dei beni oggetto della garanzia, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico, e, quindi, tale patto dà luogo ad una fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall'accordo delle parti e si perfeziona con la sostituzione dell'oggetto del pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni, nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni originariamente dati in pegno; pertanto, ai fini dell'esperibilità dell'azione revocatoria fallimentare, la genesi del diritto reale di garanzia deve stabilirsi al momento della stipulazione originaria e non a quello successivo della sostituzione.
In materia di revocatoria fallimentare delle rimesse sul conto corrente bancario dell'imprenditore, qualora la banca creditrice realizzi il pegno costituito a garanzia dell'apertura di credito in conto corrente, l'eventuale accreditamento sul medesimo della somma ricavata dal pegno non entra nella disponibilità del debitore e non ha natura solutoria, in quanto costituisce effetto del diritto di prelazione legittimamente esercitato dal creditore e, pertanto, non è revocabile.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. P V - rel. Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FALLIMENTO ALIMENTA SRL, in persona del curatore "pro tempore" elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA VESCOVIO 21, presso l'avvocato T M, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
C B S, in persona del Direttore Generale "pro tempore" elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CARSO 77, presso l'avvocato E P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato U C, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sent. n. 822/00 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 8 maggio 2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 giugno 2003 dal Consigliere Dott. V P;
udito per il resistente l'Avvocato P che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R P che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Con sentenza in data 29 maggio 1993 fu dichiarato il fallimento della società Alimenta s.r.l. Con atto notificato il 23 febbraio 1995 la curatela fallimentare convenne in giudizio davanti al Tribunale di Rovigo la Banca del Monte di Rovigo s.p.a., esponendo:
- che il 2 gennaio 1992 la società Alimenta aveva costituito in pegno il certificato di deposito n. 635P di L. 100.000.000, emesso nella stessa data dalla Banca del Monte di Rovigo, con scadenza 3 gennaio 1993, a garanzia di un'apertura di credito a tempo indeterminato con disponibilità fino a L. 200.000.000, già posta in essere con l'istituto di credito, relativamente al c./c. n. 5904503;
- che l'utilizzazione del conto era stata bloccata (non essendo stati effettuati movimenti, salvo addebiti per interessi e spese) dal 29 maggio 1992, con un saldo negativo di L. 106.439.995;
- che alla scadenza del 3 gennaio 1993, su disposizione dell'Alimenta, il controvalore del titolo costituito in pegno era stato accreditato sul conto per l'importo di L. 106.384.842;
- che il giorno successivo la Banca aveva comunicato il proprio recesso con effetto immediato dall'apertura di credito, chiedendo alla società la copertura della residua posizione debitoria. Dedusse, quindi, che la costituzione del pegno era priva di data certa e non conteneva sufficienti indicazioni del credito, del bene e della sua materiale consegna, e concluse chiedendo l'accertamento dell'invalidità dell'atto costitutivo del pegno, e la condanna dalla Banca convenuta alla restituzione della somma accreditata sul conto corrente intestato alla società. Rilevato, inoltre, che il pegno era stato costituito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento e che alla prestazione di garanzia non era correlato alcun vantaggio in favore della società, chiese, in via gradata, la revoca del pegno ai sensi dell'art. 64 L.fall. (R.D. n. 267 del 1942) e, ove l'atto fosse stato qualificato a titolo oneroso, la revoca ai sensi dell'art. 67, primo comma, n. 3, L.fall. In ulteriore subordine, sostenendo che l'accredito del controvalore del titolo sul conto corrente aveva avuto natura solutoria, chiese la revoca del pagamento della somma di L. 106.384.842, ai sensi dell'art. 67, secondo comma, L.fall..
La Banca, costituitasi, chiese il rigetto della domanda, rilevando:
- circa la data dell'atto costitutivo del pegno, che essendo stata realizzata prima della dichiarazione di fallimento, la garanzia era stata costituita necessariamente in epoca ad essa precedente, e che quello del 2 gennaio 1992 era, comunque, un semplice rinnovo del pegno costituito, con atto di data certa, il 29 dicembre 1990 e già rinnovato il 28 giugno 1991, secondo l'espressa previsione dell'atto di costituzione che aveva stabilito l'assoggettamento all'originario vincolo dei titoli eventualmente depositati, con il consenso della banca, in sostituzione di quelli inizialmente consegnati;
- la sufficiente determinatezza del credito garantito e la regolare consegna del certificato di deposito da parte del legale rappresentante della società Alimenta.
Rilevò inoltre, l'applicabilità dell'art. 53 L.fall. e contestò sia la revocabilità della costituzione in pegno (avvenuta nel 1990, e risalente perciò ad oltre due anni prima della dichiarazione di fallimento), sia la revocabilità della rimessa sul conto corrente (negando che il conto fosse stato di fatto bloccato). 2) Il Tribunale (sent. 4 febbraio 1997), accogliendo la domanda proposta dal fallimento in via principale, dichiarò la nullità del titolo costitutivo del pegno e condannò la Banca a restituire al fallimento l'importo richiesto. Osservò che la sostituzione del titolo originariamente costituito in garanzia configurava la costituzione di un nuovo pegno, con conseguente necessità, per il sorgere della prelazione, di rispettare le condizioni di cui all'art. 2787, terzo comma, c.c.;condizioni non osservate nella specie,
mancando il requisito della data certa in relazione alla scrittura del 2 gennaio 1992.
La Banca del Monte di Rovigo impugnò questa decisione davanti alla Corte d'Appello di Venezia, deducendo che il primo giudice, per valutare la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 2787 c.c., terzo comma, c.c., avrebbe dovuto fare riferimento all'atto di data certa del 28 dicembre 1990 con cui il pegno era stato costituito, anziché alla scrittura del 2 gennaio 1993, che ne rappresentava un mero rinnovo, attraverso la sostituzione del titolo originariamente costituito in garanzia e nel frattempo venuto a scadenza, secondo l'espressa previsione del contratto originario.
il fallimento resistette all'impugnazione, riproponendo (nell'ipotesi in cui fosse stata dichiarata valida ed opponibile la costituzione in pegno) le domande già formulate in via subordinata.
In corso di causa si costituì la Cariverona Banca s.p.a. (fusa per incorporazione con la Banca del Monte di Rovigo), facendo propria la posizione dell'appellante.
3) Con sentenza 8 maggio 2000 la Corte territoriale, riformando la decisione impugnata, rigettò le domande della curatela fallimentare. Premesso che non era stata eccepita la mancanza di data certa della scrittura del 28 dicembre 1990 e che il fallimento non aveva interesse ad eccepire la mancanza di prova della "traditio" del possesso, ex art. 2786 c.c., del certificato di deposito costituito in pegno su cui la Banca si era soddisfatta, la Corte osservò:
- in relazione alla domanda principale proposta dal Fallimento, che nella fattispecie il pegno (in adesione all'indirizzo espresso da questa Corte con la sent. n. 10685 del 1999) doveva ritenersi validamente costituito il 28 dicembre 1990 con affetto reale sul certificato n. 288P, e con effetto obbligatorio sui successivi certificati che, una volta venuti ad esistenza, avevano sostituito l'oggetto del pegno, ed erano pertanto opponibili al fallimento;
- con riferimento alle ipotesi previste dall'art. 64 e dall'art. 67, n. 3, L.fall., che era decorso il termine biennale, dovendo il pegno considerarsi costituito in data 28 dicembre 1990;
- in relazione all'accreditamento in conto corrente in data 3 gennaio 1993, che la rimessa non era revocabile, sia in ragione della genesi dell'accreditamento stesso, sia perché in ogni caso il fallimento avrebbe dovuto fornire la prova che la soddisfazione del creditore pignoratizio avrebbe leso altri creditori con titoli pozioni. 4) Avverso questa sentenza. il Fallimento Alimenta s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi e li ha illustrati con memoria. La Cariverona Banca ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo si denunciano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., n. 4, dell'art. 118 disp.att.c.p.c. e omessa motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5).
Secondo il Fallimento ricorrente, la sentenza impugnata ha ritenuto esistente un patto di rotatività tra l'istituto di credito e la società Alimenta, senza indicare, tuttavia, gli elementi di fatto e di diritto sui quali ha fondato il proprio convincimento. Col secondo motivo si denunciano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 67 L.fall., degli artt. 2796 e 2787 c.c. e vizi motivazionali. Il ricorrente deduce che la Corte d'Appello - ritenendo il patto di rotatività intervenuto tra le parti validamente costituito il 28 dicembre 1990 con effetto reale sul certificato n. 288P e con effetto obbligatorio sui successivi certificati che, venuti ad esistenza, hanno costituito l'oggetto del pegno - non avrebbe considerato che i requisiti previsti dagli artt. 2786 c.c. e ss. per la costituzione del pegno c.d. rotativo su beni
mobili dovrebbero essere rispettati con riferimento sia all'atto originario di costituzione della garanzia, sia ai successivi atti di trasferimento del vincolo sui nuovi beni, sia al piano di rotatività. Pertanto, l'atto di pegno del 2 gennaio 1992 avrebbe dovuto essere dichiarato inesistente ed inopponibile alla massa, sia perché i nuovi titoli non sarebbero stati specificatamente indicati in una scrittura privata avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, sia perché nessun riferimento espresso all'originario atto costitutivo di pegno sarebbe contenuto nella scrittura del 2 gennaio 1992.