Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/07/2018, n. 19282

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/07/2018, n. 19282
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19282
Data del deposito : 19 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

ciato la seguente SENTENZA sul ricorso 2927-2017 proposto da: STUDIO LEGALE F.F. CALABRESE SOCIETA' PROFESSIONALE IN ACCOMANDITA SEMPLICE DEGLI AVVOCATI FRANCESCO E FILIPPO CALABRESE & C., in persona del socio accomandatario F C, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI SAN TOMMASO D'

AQUINO

116, presso lo studio dell'avvocato E B, rappresentata e difesa dall'avvocato F C;

- ricorrente -

contro

R.G. n. 2927/17 CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PERUGIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA;

- intimati -

avverso la sentenza n. 334/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 24/11/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/2018 dal Presidente A M;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale R F G, che ha concluso per raccoglimento, p.q.r., del ricorso;
udito l'Avvocato F C.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza pubblicata il 24.11.16 il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso degli avvocati F e F C contro la delibera del 29.11.13 con cui il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Perugia aveva respinto la loro domanda di iscrizione all'albo dello Studio Legale F.F. Calabrese Società Professionale in accomandita semplice degli avvocati Francesco e F C & C., società costituita fra i medesimi avvocati Calabrese ed un terzo socio, la dott.ssa Francesca Cerulli, laureata in economia, quest'ultima con una partecipazione del 20%.

2. In proposito il CNF ha ritenuto inapplicabile la disciplina di cui all'art. 10, commi da 3 a 11, della legge n. 183 del 2011 e vigente il divieto di società multidisciplinari per gli avvocati contenuto nell'art. 5 R.G. n. 2927/17 della relativa legge professionale (legge n. 247 del 2012);
ha altresì escluso che nel caso di specie si sia formato, ex art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010, il silenzio-assenso sulla domanda di iscrizione.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre lo Studio Legale F.F. Calabrese Società Professionale in accomandita semplice degli avvocati Francesco e F C & C., affidandosi a due motivi.

4. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Perugia non ha svolto attività difensiva.

5. Inizialmente fissata l'udienza del 23.5.2017, con ordinanza interlocutoria n. 15278 del 20.6.2017 queste Sezioni Unite - impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del primo motivo di ricorso - sul secondo motivo di doglianza formulato da parte ricorrente hanno disposto acquisirsi relazione dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo per una ricostruzione completa del quadro normativo di riferimento e dei contributi, anche dottrinari, concernenti la questione della legittimità o non di società tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti all'albo forense e, in particolare, della questione attinente al significato da attribuire alla clausola di salvaguardia contenuta nel comma 9 del cit. art. 10 legge n. 183 del 2011, che espressamente fa salvi i diversi modelli societari e le associazioni professionali già vigenti alla data di entrata in vigore della legge.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010 - concernente il silenzio assenso decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione - per averne il CNF escluso l'applicazione in base all'erroneo presupposto dell'applicabilità al caso in esame, quale disciplina R.G. n. 2927/17 speciale, dell'art. 17, comma 7, legge 31.12.2012, n. 247 (legge professionale), nonostante che W.ir quest'ultima disposizione fosse stata emanata in epoca successiva alla formazione di detto silenzio assenso, atteso che la domanda di iscrizione della società era stata presentata, mediante notifica del relativo atto costitutivo, il 16.5.12. 1.2. Con il secondo motivo ci si duole di violazione, falsa ed errata applicazione dell'art. 10 legge n. 183 del 2011, norma che ha introdotto la facoltà di costituire società, anche di capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o di soci di capitale;
lamenta parte ricorrente che la pronuncia impugnata abbia ritenuto tale art. 10 inapplicabile sull'erroneo presupposto d'un perdurante divieto, per gli avvocati, di costituire società multidisciplinari contenuto nell'art. 5 legge n. 247 del 2012, nonostante che la delega legislativa in essa contenuta sia scaduta il 4.8.13, senza che il Governo abbia provveduto ad esercitarla.

2.1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Ai sensi dell'art. 45, comma 5, d.lgs. n. 59 del 2010, relativo al procedimento di iscrizione in albi, registri o elenchi per l'esercizio di professioni regolamentate, «L'iscrizione all'albo o all'elenco speciale per l'esercizio di una professione regolamentata, in mancanza di provvedimento espresso, si perfeziona al momento della scadenza del termine per la formazione del silenzio assenso.» (termine che il precedente comma 2, stesso articolo, fissa in due mesi dalla presentazione della domanda). La censura in esame muove dal presupposto che la notifica al COA di Perugia, avvenuta il 16.5.12, dell'atto costitutivo della società equivalga a domanda di sua iscrizione, sicché, allo scadere dei 60 R.G. n. 2927/17 giorni senza alcun espresso provvedimento del COA medesimo, l'iscrizione richiesta dovrebbe considerarsi come perfezionatasi, senza che in contrario possa opporsi - come invece si legge nella sentenza impugnata - la diversa regolamentazione contenuta nell'art. 17, comma 7, legge 31.12.2012, n. 247 (legge professionale), intervenuta posteriormente al formarsi del silenzio assenso. In contrario va - invece - osservato che già il COA di Perugia, come riferito nello stesso ricorso, aveva ritenuto che la mera notifica dell'atto costitutivo della S.a.s. oggi ricorrente non equivalesse a domanda di iscrizione e che solo il 3.4.13 gli avv.ti Calabrese avevano fatto pervenire al COA di Perugia una nota con cui ritenevano di qualificare come domanda di iscrizione la notificazione al medesimo COA - avvenuta il 16.5.12 - della costituzione della società. Né con il ricorso al CNF si è specificamente censurato o confutato tale rilievo, sicché la doglianza si palesa inammissibile perché nuova. Pertanto, l'unico atto che potrebbe considerarsi equipollente ad una domanda di iscrizione sarebbe la nota presentata il 3.4.13, in epoca in cui era già entrata in vigore la nuova legge professionale, che esclude che l'iscrizione possa perfezionarsi mediante silenzio assenso. Né tale nota può retrodatare la decorrenza dell'obbligo del COA di pronunciarsi, obbligo sorto soltanto a partire dal 3.4.13. 2.2. La disamina del secondo motivo di ricorso, che merita accoglimento nei sensi di seguito chiariti, va preceduta da un breve excursus (senza pretesa alcuna di esaustività) dell'evoluzione legislativa in materia di esercizio in forma associata della professione di avvocato.R.G. n. 2927/17 2.3. L'esercizio in comune dell'attività professionale fu regolamentato per la prima volta con la legge 23.11.1939, n. 1815, che consentiva l'esercizio in forma associata della professione da parte di persone abilitate, ma con l'obbligo di utilizzare esclusivamente la dizione di "studio tecnico, legale, commerciale, contabile, amministrativo o tributario" seguita dal nome e cognome e dai titoli professionali dei singoli associati (art. 1);
ogni diversa forma di esercizio associato di attività professionale era vietato (art. 2). Il divieto venne meno soltanto nel 1997 con l'abrogazione dell'art. 2 della legge n. 1815 del 1939 da parte dell'art. 24, comma 1, della legge 7.8.1997, n. 266, che al comma successivo rinviava la regolamentazione della materia ad un successivo decreto ministeriale, mai emanato (con conseguente permanente incertezza sul modello societario utilizzabile). L'intera legge n. 1815 del 1939 è stata definitivamente abrogata soltanto dall'art. 10, comma 11, della legge n. 183 del 2011, ma prima di allora a disciplinare le società tra avvocati (e non quelle fra altri professionisti) è intervenuto il titolo II del d.lgs. 2.2.2001, n. 96, di attuazione della direttiva comunitaria 98/5/CE, che all'art. 16 dispone: «L'attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio può essere esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società tra professionisti, denominata nel seguito società tra avvocati». Il relativo modello societario è regolato dalle norme sulla società in nome collettivo di cui al capo III del titolo V del libro V del codice civile. In sintesi, la disciplina introdotta dal d.lgs. n. 96 del 2001 prevede che la società tra avvocati abbia quale oggetto esclusivo l'esercizio in comune della professione da parte dei propri soci (art. 17), tutti necessariamente in possesso del titolo di avvocato (art. 21, R.G. n. 2927/17 comma 1);
la società deve essere iscritta nel registro delle imprese (nella sezione speciale relativa alle società tra professionisti, con funzione di pubblicità notizia) e all'albo degli avvocati, nell'apposita sezione speciale (artt. 16 e 27);
la ragione sociale deve contenere l'indicazione di "società tra avvocati" (nota anche con l'acronimo STA);
la partecipazione ad una STA è incompatibile con la partecipazione ad altra STA (art. 21, comma 2);
l'amministrazione spetta ai soci (a ciascuno di essi disgiuntamente dagli altri, fatta salva eventuale diversa pattuizione) e non può essere affidata a terzi (art. 23);
non è soggetta a fallimento (art. 16, comma 3);
ai sensi dell'art. 24, comma 1, l'incarico professionale conferito alla società tra avvocati può essere eseguito solo da uno o più soci in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale richiesta;
secondo l'art. 26, comma 1, il socio o i soci incaricati sono personalmente e illimitatamente responsabili per l'attività professionale svolta in esecuzione dell'incarico, mentre la società risponde con il suo patrimonio;
è sancita anche la responsabilità disciplinare della società (ai sensi dell'art. 30 essa risponde delle violazioni delle norme professionali e deontologiche applicabili all'esercizio in forma individuale della professione forense;
se la violazione commessa dal socio è ricollegabile a direttive impartite dalla società, la responsabilità disciplinare del socio concorre con quella della società). Qualche anno dopo, il d.l. 4.7.2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4.8.2006, n. 248, ha eliminato in linea generale il divieto di esercizio professionale di tipo interdisciplinare stabilendo (art. 2, comma 1) che «In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di R.G. n. 2927/17 comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: (...) c) il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità.». La possibilità di costituire società di persone multidisciplinari è stata poi confermata, sempre in via generale (cioè non con specifico riferimento agli avvocati), dall'art. 10, comma 8, della legge n. 183 del 2011 - modificato dal d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Lo stesso articolo ha poi introdotto ulteriori novità nell'intento di favorire la liberalizzazione del fenomeno delle società tra professionisti. Il comma 3 consente «la costituzione di società per l'esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dal titolo V e VI de/libro V del codice civile», vale a dire anche secondo i modelli delle società di capitali o cooperative di professionisti con almeno tre soci. Il comma 4 dispone che possono assumere la qualifica di "società tra professionisti" (nota anche con l'acronimo STP) le società il cui atto costitutivo preveda, tra l'altro, l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci (lett. a), l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, R.G. n. 2927/17 purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero di soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento, ma in ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci (lett. b). Sempre il cit. comma 4 prevede che l'esecuzione dell'incarico professionale sia curata solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta (lett. c). Il comma 5 dispone che la denominazione sociale deve comunque contenere l'indicazione di "società tra professionisti". Il comma 6 stabilisce l'incompatibilità in caso di partecipazione del socio a più STP. Il comma 7 ribadisce l'obbligo dell'osservanza del codice deontologico del proprio ordine da parte dei soci professionisti e la soggezione della STP al regime disciplinare dell'ordine al quale risulta iscritta. Tuttavia il comma 9 del cit. art. 10 contiene una clausola di salvaguardia che ha determinato le incertezze interpretative che sono alla base del presente giudizio: «Restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.». E fra tali modelli societari vi è anche quello delineato, specificamente per la professione forense, dagli artt. 16 e ss. del d.lgs. n. 96 del 2001. La citata legge n. 183 del 2011 si è limitata a dettare disposizioni di principio, demandando (art. 10, comma 10) l'attuazione delle materie non direttamente da essa disciplinate - ossia quelle di cui ai commi 4, lett. c), 6 e 7) - ad un regolamento da adottarsi dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico (tale disciplina attuativa è contenuta nel d.m. 8.2.2013, n. 34).R.G. n. 2927/17 Nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale è intervenuta la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, la legge n. 247 del 2012, poi modificata - per gli aspetti che in questa sede interessano - dall'art. 1, comma 141, della legge 4 agosto 2017, n. 124 (v. meglio infra). Nella sua formulazione originaria la nuova legge professionale si limitava, all'art. 4, a prevedere che la professione forense potesse essere esercitata individualmente o con la partecipazione ad associazioni tra avvocati, demandando al Governo, con la disposizione delegante contenuta nel successivo art. 5, la disciplina dell'esercizio della professione forense in forma societaria nel rispetto di principi e criteri direttivi fra i quali annoverava il principio secondo cui l'esercizio della professione forense in forma societaria sarebbe stato consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritti all'albo. Restava, quindi, esclusa la partecipazione di soci di mero investimento o di soci non abilitati all'esercizio della professione forense. Inoltre, sempre il cit. art. 5 inseriva tra i principi e i criteri direttivi della delega anche la previsione che alla società tra avvocati si applicassero, in quanto compatibili, le disposizioni sull'esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al summenzionato d.lgs. n. 96 del 2001. In tal modo ne confermava espressamente la vigenza, consentendo di superare i dubbi a riguardo derivanti dall'art. 2, comma 1, del cit. dl. 4.7.2006, n. 223, che - con disposizione generale valevole per tutte le libere professioni - aveva abrogato il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo R.G. n. 2927/17 interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Infine, l'art. 1, comma 141, della legge 4 agosto 2017, n. 124, al dichiarato scopo di garantire una maggiore concorrenzialità nell'ambito della professione forense, ha modificato le previsioni della legge di riforma dell'ordinamento forense n. 247 del 2012 sulle associazioni tra avvocati e multidisciplinari di cui all'art. 4 (eliminando il limite della partecipazione dell'avvocato ad una sola associazione) e, previa abrogazione espressa del cit. art. 5 della legge professionale (che, come detto, conteneva la delega legislativa al Governo per la disciplina dell'esercizio della professione forense in forma societaria, delega poi scaduta), ha nuovamente modificato la disciplina dell'esercizio in forma societaria della professione forense inserendo nella legge n. 247 del 2012 l'art.
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