Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/07/2019, n. 32581

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 22/07/2019, n. 32581
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32581
Data del deposito : 22 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: GAGLIARDI CESARE nato a MONTESARCHIO il 12/02/1964 avverso la sentenza del 06/06/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLIdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere L I;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 6/6/2017, ha confermato il giudizio di penale responsabilità di G C in ordine al delitto di cui all'art. 648 cod. pen., espresso dal tribunale di Benevento, sezione di Airola, il 24/6/2011, con la pena nella misura ritenuta di giustizia. Propone ricorso per cassazione l'imputato deducendo i seguenti motivi: - con il primo motivo di ricorso, la violazione di legge per la mancanza della minima motivazione in ordine alle ragioni della ritenuta responsabilità del ricorrente, affermata senza valutare le ragioni addotte dalla difesa idonee a contrastare l'affermazione di responsabilità;
- con il secondo il motivo di ricorso, la mancanza di motivazione in ordine alla determinazione della pena;
- con il terzo motivo di ricorso, la violazione di legge per non essersi riconosciuto l'impedimento a comparire del ricorrente, all'udienza del 6/6/2017, a seguito di visita fiscale eseguita alle 13,00, ben cinque ore dopo la visita del medico curante. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell'impugnazione di legittimità stabiliti dall'art. 606 cod. proc. pen. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall'art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta, non specifica quali possano essere le argomentazioni difensive non esaminate dalla Corte territoriale e così, non indicando gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consente al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato. Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142), ciò che - nel caso di specie - non ricorre, avendo adeguatamente argomentato la Corte territoriale in ordine alla determinazione della pena in misura vicina ai minimi edittali nonostante il valore elevato portato dall'assegno di cui si tratta. Peraltro, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596). La doglianza di cui al terzo motivo di ricorso, relativa al mancato riconoscimento dell'impedimento a comparire del ricorrente, all'udienza del 6/6/2017, non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall'art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l'odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell'odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
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