Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 09/02/2018, n. 03217

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 09/02/2018, n. 03217
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03217
Data del deposito : 9 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

te SENTENZA sul ricorso 16382-2012 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ELISABETTA LANZETTA, C C, LUCIA POLICASTRO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

LA PERGOLA ALBERTO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAllA

COLA DI RIENZO

69, presso lo studio degli avvocati PAOLO BOER, ALBERTO BOER, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 540/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 22/06/2011 R.G.N. 245/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/10/2017 dal Consigliere Dott. U B;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G S che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato C C;
udito l'Avvocato CLO DE A per delega verbale Avvocato PAOLO BOER.

Fatti di causa

Si tratta di decidere se ai fini del calcolo dei trattamenti di previdenza integrativa e di quiescenza fruibili da parte degli avvocati dipendenti dell'Inps debba farsi riferimento alla quota onorari percepita durante l'ultimo anno di servizio ovvero a quella risultante dalla media degli onorari percepiti nell'ultimo triennio antecedente al collocamento in quiescenza. Il Tribunale di Catania, pronunciando sul ricorso proposto da La Pergola Alberto nei confronti dell'Inps, accolse la domanda volta alla condanna dell'ente di previdenza alla riliquidazione della pensione integrativa e dell'indennità di buonuscita attraverso l'inserimento nella base contributiva della quota mensile degli onorari percepiti negli ultimi dodici mesi. La Corte d'appello di Catania (sentenza pubblicata il 22.6.2011), investita dall'impugnazione dell'Inps, riformò parzialmente la gravata decisione limitatamente al pagamento degli accessori di legge, stabilendo che gli interessi legali erano dovuti solo dal primo giorno del secondo mese successivo alla cessazione dal servizio, per quel che concerneva la pensione, e dal centoventesimo giorno dalla cessazione dal servizio, per quel che riguardava l'indennità di buonuscita. Per la cassazione della sentenza ricorre l'Inps con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso La Pergola Alberto. Ragioni della decisione 1. Col primo motivo l'Inps denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 14 della legge 20 marzo 1975 n. 70, dell'art. 2121 cod. civ., dell'art.2129 cod. civ., degli artt. 5, 27 e 34 del Regolamento di previdenza e di quiescenza del personale dell'Inps, nonché dell'art. 30, comma 2, del D.P.R. n. 411/1976, il tutto in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. In pratica, l'Inps contesta quanto affermato dalla Corte d'appello di Catania secondo la quale l'unico criterio che può ricavarsi dal regolamento relativamente al calcolo della quota onorari sulla quale commisurare il trattamento di previdenza e quiescenza è quello della retribuzione fissa e continuativa degli ultimi dodici mesi. Obietta, invece, la difesa del ricorrente che il criterio corretto è quello adottato nella delibera n. 99/1982 del Consiglio di amministrazione dell'istituto che, in ossequio alla sentenza del Consiglio di Stato n. 120/1980, fa riferimento alla media degli importi erogati nel triennio precedente alla cessazione dal servizio. Invero, si fa osservare, da parte ricorrente, che il Consiglio di Stato, nella successiva decisione n. 78/1982, oltre a sancire la rilevanza ai fini della quiescenza della quota degli onorari, ha chiarito che il metodo pratico da seguire ai fini della determinazione dei trattamenti in esame è quello della media degli ultimi tre anni, secondo quanto stabilito dall'art. 2121 cod. civ. Inoltre, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2181/1986, ha avallato la legittimità della modalità di determinazione della quota onorari all'interno del complessivo trattamento pensionistico e di fine rapporto come operata dal Consiglio di amministrazione dell'Inps con la delibera del 30.4.1982, in quanto il riferimento alla media rapportata a mese delle quote di onorari erogate nell'ultimo triennio risulta coerente con la regola generale rinvenibile per analogia nell'art. 2121 cod. civ., essendo tali onorari assimilabili ai premi di produzione o alle partecipazioni agli utili disciplinati da tale norma codicistica. La difesa dell'ente evidenzia, inoltre, che nella pronunzia n. 7280 del 2003 il Consiglio di Stato aveva, peraltro, sottolineato la ragionevolezza del criterio che prende a riferimento gli ultimi tre anni, anziché l'ultimo anno, del rapporto lavorativo, in considerazione della compensazione, nel più ampio arco temporale di riferimento, di oscillazioni dovute al carattere variabile dell'emolumento, così come nella sentenza n. 2181 del 2006 dello stesso giudice amministrativo si è chiarito che il riferimento degli artt. 27 e 34 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale dell'Inps all'ultima retribuzione spettante al dipendente non esclude affatto che la base di calcolo possa essere variabile e, quindi, che la quota onorari spettante sia quella individuata, con criterio logico, in base alla media dell'ultimo triennio. Al riguardo, il ricorrente rileva che la Corte d'appello di Catania, nel richiamare il principio di sussidiarietà, non menziona alcuna norma speciale che dovrebbe assumersi a parametro per la valutazione della fattispecie ed a preferenza di quella dettata dal codice civile;
nel contempo la stessa difesa fa notare che la normativa speciale del Regolamento detta norme specifiche per il calcolo della base quiescibile relativamente alla pensione diretta, ma nulla dispone per quanto riguarda la modalità di calcolo della quota onorari, per cui, in assenza di una specifica disciplina di calcolo, la normativa regolamentare deve ritenersi supplita, contrariamente a quanto ritenuto nell'impugnata sentenza, dal ricorso al criterio generale di cui all'art. 2121, comma 2, cod. civ.

2. Col secondo motivo l'Inps deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1372 e 2123 cod. civ., dolendosi della parte della sentenza impugnata nella quale è stata disapplicata la disciplina negoziale contenuta nella delibera dell'ente n. 99/1982. Al riguardo si fa osservare che a seguito della privatizzazione del pubblico impiego, il Regolamento aveva perduto la sua originaria natura di atto amministrativo per assumere, ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3, la qualità di atto negoziale di natura privatistica quale contratto normativo da collocare nell'ambito degli atti di previdenza volontaria ed operando, quindi, con l'efficacia propria del contratto al pari di ogni altro atto di gestione del rapporto di lavoro;
con la conseguenza che l'individuazione del criterio di computo triennale, a suo tempo adottato dall'Istituto, doveva considerarsi non solo applicazione dei criterio normativamente previsto dall'art. 2121 c.c., ma altresì quale atto di autonomia privata, essendo stata recepita nel contratto individuale di lavoro dei dipendenti.
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