Cass. civ., sez. II, ordinanza 25/01/2021, n. 01435
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Testo completo
o la seguente CC 10/09/2020 ORDINANZA apl/n) sul ricorso 4188-2016 proposto da: D P, rappresentato e difeso in proprio, ed elettivamente domiciliato in USMATE-VELATE, VIA
VENEZIA
15
- ricorrente -
contro
U A rappresentato e difeso dall'Avvocato M R ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. A C in ROMA, V.le
GIULIO CESARE
14
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4443/2014 della CORTE d'APPELLO di M, depositata il 10/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2020 dal Consigliere Dott. U B.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 522/2010, depositata in data 9.2.2010, il Tribunale di Monza respingeva la domanda proposta dall'avv. D P nei confronti dell'ex cliente A U per il pagamento della somma complessiva di € 6.763,19, che l'attore asseriva dovuta per prestazioni professionali a suo tempo svolte. Il Tribunale basava la propria decisione sulla ritenuta fondatezza dell'eccezione di prescrizione presuntiva ex artt. 2956 e 2957, comma 2, c.c. (risalendo le prestazioni svolte agli anni 1999-2000) e sul rigetto della domanda di cancellazione di frasi sconvenienti e offensive avanzata dal convenuto ex art. 89 c.p.c. (sul rilievo che tali frasi risulterebbero correlate al diritto di difesa e continenti). Avverso detta sentenza proponeva appello l'avv. P, lamentando che il primo Giudice sarebbe incorso in errore, non avendo rilevato l'inammissibilità dell'eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal convenuto debitore, che aveva contestato "integralmente, in fatto e in diritto la richiesta avversaria" e che non aveva affermato di aver pagato quanto richiestogli, rendendo così impraticabile il giuramento decisorio, il cui mancato deferimento il Tribunale aveva pure richiamato a sostegno del rigetto delle pretese attoree. L'appellante chiedeva la riforma della sentenza impugnata, il rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva e la condanna dell'appellato al pagamento della somma già indicata, oltre accessori e spese. Si costituiva in giudizio l'appellato, insistendo preliminarmente per la cancellazione ex art. 89 c.p.c. delle espressioni offensive e sconvenienti riproposte in sede di appello e per la condanna dell'appellante al risarcimento del danno così subìto;
nel merito, chiedeva il rigetto dell'appello, nonché, in via di appello incidentale, la riforma della sentenza del Tribunale in punto di spese, con la condanna dell'avv. P alla loro integrale rifusione. Con sentenza n. 4443/2014, depositata in data 10.12.2014, la Corte d'Appello di Milano rigettava l'appello principale e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, condannava l'avv. P a rifondere ad A U le spese di entrambi i gradi del giudizio. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'avv. P sulla base di quattro motivi e con "formulzione del giurmento decisorio";
resiste A U con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la «Violazione art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt.166 c.p.c. e 2954 e ss. c.c.. Sulla natura della prescrizione presuntiva in relazione ai rapporti regolati da rapporto scritto, e quindi se sia applicabile ai mandati professionali assistiti da prova scritta, in questo caso da procura alle liti». 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrete eccepisce la «Violazione art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 166 c.p.c. e 2659 e ss. c.c. Se l'eccezione di prescrizione presuntiva sia ammissibile qualora il debitore non dichiari espressamente di aver pagato e di aver pagato esattamente quanto richiesto». Osserva il ricorrente che nella comparsa di costituzione il convenuto non aveva affermato di aver pagato e di aver pagato esattamente quanto preteso dal creditore, ma si era limitato a rilevare il lungo tempo trascorso dal termine delle prestazioni professionali, risalenti agli anni 1999-2000. Tali omissioni, a detta del ricorrente, renderebbero inammissibile l'eccezione di prescrizione presuntiva.1.3. - Con il terzo motivo, il ricorrente richiede «Il deferimento del giuramento decisorio. Violazione artt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Se la genericità della contestazione possa valere a formulare il capitolo di prova per il deferimento del giuramento decisorio: vero che la somma richiesta dall'avv. P è stata pagata dal sig. A U, sebbene mai abbia dichiarato di averla pagata». 2. - In considerazione della loro connessione logico- giuridica e la analoga modalità di formulazione, i motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente. 2.1. - I motivi stessi non possono trovare accoglimento. 2.2. - In primo luogo [quanto alla loro inammissibilità], va rilevato che, in materia di ricorso per cassazione, l'articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d'inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d'impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 6734 del 2020;
Cass. n. 26790 del 2018). Pertanto, nella formulazione del motivo di ricorso per cassazione, è inammissible la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei ed incompatibili, facenti riferimento [come nella specie] alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo
VENEZIA
15
- ricorrente -
contro
U A rappresentato e difeso dall'Avvocato M R ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. A C in ROMA, V.le
GIULIO CESARE
14
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4443/2014 della CORTE d'APPELLO di M, depositata il 10/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2020 dal Consigliere Dott. U B.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 522/2010, depositata in data 9.2.2010, il Tribunale di Monza respingeva la domanda proposta dall'avv. D P nei confronti dell'ex cliente A U per il pagamento della somma complessiva di € 6.763,19, che l'attore asseriva dovuta per prestazioni professionali a suo tempo svolte. Il Tribunale basava la propria decisione sulla ritenuta fondatezza dell'eccezione di prescrizione presuntiva ex artt. 2956 e 2957, comma 2, c.c. (risalendo le prestazioni svolte agli anni 1999-2000) e sul rigetto della domanda di cancellazione di frasi sconvenienti e offensive avanzata dal convenuto ex art. 89 c.p.c. (sul rilievo che tali frasi risulterebbero correlate al diritto di difesa e continenti). Avverso detta sentenza proponeva appello l'avv. P, lamentando che il primo Giudice sarebbe incorso in errore, non avendo rilevato l'inammissibilità dell'eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal convenuto debitore, che aveva contestato "integralmente, in fatto e in diritto la richiesta avversaria" e che non aveva affermato di aver pagato quanto richiestogli, rendendo così impraticabile il giuramento decisorio, il cui mancato deferimento il Tribunale aveva pure richiamato a sostegno del rigetto delle pretese attoree. L'appellante chiedeva la riforma della sentenza impugnata, il rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva e la condanna dell'appellato al pagamento della somma già indicata, oltre accessori e spese. Si costituiva in giudizio l'appellato, insistendo preliminarmente per la cancellazione ex art. 89 c.p.c. delle espressioni offensive e sconvenienti riproposte in sede di appello e per la condanna dell'appellante al risarcimento del danno così subìto;
nel merito, chiedeva il rigetto dell'appello, nonché, in via di appello incidentale, la riforma della sentenza del Tribunale in punto di spese, con la condanna dell'avv. P alla loro integrale rifusione. Con sentenza n. 4443/2014, depositata in data 10.12.2014, la Corte d'Appello di Milano rigettava l'appello principale e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, condannava l'avv. P a rifondere ad A U le spese di entrambi i gradi del giudizio. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'avv. P sulla base di quattro motivi e con "formulzione del giurmento decisorio";
resiste A U con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la «Violazione art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt.166 c.p.c. e 2954 e ss. c.c.. Sulla natura della prescrizione presuntiva in relazione ai rapporti regolati da rapporto scritto, e quindi se sia applicabile ai mandati professionali assistiti da prova scritta, in questo caso da procura alle liti». 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrete eccepisce la «Violazione art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 166 c.p.c. e 2659 e ss. c.c. Se l'eccezione di prescrizione presuntiva sia ammissibile qualora il debitore non dichiari espressamente di aver pagato e di aver pagato esattamente quanto richiesto». Osserva il ricorrente che nella comparsa di costituzione il convenuto non aveva affermato di aver pagato e di aver pagato esattamente quanto preteso dal creditore, ma si era limitato a rilevare il lungo tempo trascorso dal termine delle prestazioni professionali, risalenti agli anni 1999-2000. Tali omissioni, a detta del ricorrente, renderebbero inammissibile l'eccezione di prescrizione presuntiva.1.3. - Con il terzo motivo, il ricorrente richiede «Il deferimento del giuramento decisorio. Violazione artt. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Se la genericità della contestazione possa valere a formulare il capitolo di prova per il deferimento del giuramento decisorio: vero che la somma richiesta dall'avv. P è stata pagata dal sig. A U, sebbene mai abbia dichiarato di averla pagata». 2. - In considerazione della loro connessione logico- giuridica e la analoga modalità di formulazione, i motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente. 2.1. - I motivi stessi non possono trovare accoglimento. 2.2. - In primo luogo [quanto alla loro inammissibilità], va rilevato che, in materia di ricorso per cassazione, l'articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d'inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d'impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass. n. 6734 del 2020;
Cass. n. 26790 del 2018). Pertanto, nella formulazione del motivo di ricorso per cassazione, è inammissible la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d'impugnazione eterogenei ed incompatibili, facenti riferimento [come nella specie] alle diverse ipotesi contemplate dall'art. 360, co. 1, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo
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