Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/10/2018, n. 23776

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/10/2018, n. 23776
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23776
Data del deposito : 1 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso 16597-2017 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIETTA CTTI, V S, V T, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

N OESTE, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall' avvocato G B, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1567/2016 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 09/01/2017, r.g.n. 926/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2018 dal Consigliere Dott. R M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. STEFANO VISONA', che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
uditi gli Avvocati ANTONIETTA CTTI e V S. ig16597/ 2017 INPS a/ Negri Oreste udienza del 16 maggio 2018

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 9 gennaio 2017, ha rigettato il gravame svolto dall'INPS avverso la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto dell'attuale parte intimata al pagamento, da parte del Fondo di Garanzia Inps, del TFR maturato alle dipendenze della società cessionaria fallita, e comprensivo della quota maturata alle dipendenze della società cedente.

2. La Corte territoriale riconosceva, in caso di cessione d'azienda e di fallimento del cedente, il diritto del lavoratore ad esigere il pagamento del TFR dal Fondo di garanzia, argomentando dal vincolo di solidarietà tra cedente e cessionario posto a tutela del lavoratore e dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la definitiva ammissione al passivo dei crediti in questione determina l'insorgere dell'obbligo a carico dell'INPS, a prescindere non solo dalla partecipazione dell'INPS alla procedura fallimentare ma anche dell'effettiva sussistenza del trasferimento d'azienda, e della reale cessazione del rapporto di lavoro.

3. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps con un motivo, ulteriormente illustrato con memoria, cui ha resistito, con controricorso, l'intimato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con l'unico motivo di ricorso l'INPS lamenta la violazione degli articoli 2, commi primo, secondo, quarto, quinto, settimo ed ottavo della legge n. 297 del 1982, con riferimento all'art. 2112 cod. civ., dal momento che, essendosi verificata la cessione dell'azienda, il Giudice del lavoro aveva accertato il diritto degli assicurati a percepire dai" Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" gestito dall'Inps, anche la quota di T.F.R. maturata per lo svolgimento di attività lavorativa in favore del datore di lavoro cedente, poi sottoposto alla procedura concorsuale del fallimento, per essere stati i relativi crediti dei lavoratori ammessi al passivo della rg 16597/2017 R M estensore procedura concorsuale, nonostante la responsabilità solidale ex lege del datore di lavoro cessionario in bonis.

5. Il ricorso è ammissibile e fondato.

6. La parte intimata denuncia l'inammissibilità dell'unico motivo formulato dall'Inps in relazione al disposto dell'art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., ritenendo ostativa all'esame nel merito la presenza di una giurisprudenza della Corte di cassazione di segno opposto a quello prospettato in ricorso;
il rilievo di inammissibilità sarebbe configurabile in presenza di una decisione delle Sezioni Unite, di un orientamento consolidato delle Sezioni semplici, di più pronunce convergenti delle Sezioni semplici, di una sola sentenza, se convincente, di una Sezione semplice.

7. Il rilevo è infondato giacché la funzione di filtro, secondo l'interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione n. 7155 del 2017, che va ora riaffermata, non può trovare applicazione in quanto essa consiste in ciò, che «la Corte è in un certo qual senso esonerata - ex art. 360-bis - dall'esprimere compiutamente la sua adesione alla soluzione interpretativa accolta dall'orientamento giurisprudenziale precedente: è sufficiente che rilevi che la pronuncia impugnata si è adeguata alla giurisprudenza di legittimità e che il ricorrente non la critica adeguatamente. In questo senso l'art. 360-bis è una norma-filtro perché consente di delibare rapidamente ricorsi "inconsistenti". Ma si tratta pur sempre di una "inammissibilità di merito", compatibile con la garanzia dell'art. 111 Cost., comma 7».

8. Nel caso di specie, il motivo, lungi dal limitarsi alla mera riproposizione di critiche già esaminate dai precedenti di questa Corte, si misura con i due precedenti (Cass. Sez. Lav. nn. 23258 del 2015 e 24730 del 2015) che, apportando conseguenze ulteriori a precedenti arresti, hanno ispirato la sentenza impugnata e propone una lettura critica degli esiti dei medesimi che non risulta aver formato oggetto, ad oggi, di disamina specifica da parte di questa Corte di legittimità e di cui si darà specifico conto nel corso dei punti successivi.rg 16597/2017 R M estensore 9. Da ciò l'assenza delle condizioni per giungere alla declaratoria di inammissibilità. 10. Prima della risoluzione della questione esclusivamente giuridica occorre premettere, in fatto, le vicende circolatorie che hanno interessato le aziende presso le quali l'attuale parte intimata ha prestato, e per quanto emerge dagli atti ancora presta, la propria attività di lavoro. 11. La società Lodigiana Strade di Albuge L.&C. s.a.s., presso la quale lavorava l'intimato, aveva ceduto l'azienda in affitto alla Mac s.r.I., con passaggio dei lavoratori alle dipendenze di quest'ultima che, a sua volta, cedeva il ramo d'azienda alla Giona s.r.I.;
con sentenza del 24 febbraio 2012 il Tribunale di Lodi aveva dichiarato il fallimento della Mac s.r.l. e il lavoratore aveva depositato istanza di insinuazione al passivo del fallimento, avente ad oggetto la quota di TFR maturato alle dipendenze della s.a.s. Lodigiana Strade e della s.r.l. Mac;
accolta l'istanza, il credito del lavoratore era stato ammesso allo stato passivo;
richiesto l'intervento del Fondo di garanzia presso l'INPS, per ottenere il pagamento della quota di t.f.r. maturato alle dipendenze delle società, cedente e cessionaria fallita, a tale domanda è stato opposto un rifiuto motivato con riferimento alla circostanza che con il trasferimento del rapporto di lavoro da Lodigiana Strade di Albuge L.&C. s.a.s. a Mac s.r.l. e da quest'ultima a Giona s.r.I., con passaggio dei lavoratori alle dipendenze di quest'ultima, per effetto del contratto di affitto d'azienda, il cessionario, in bonis, era l'unico obbligato a corrispondere il t.f.r. anche per la parte relativa alle varie società cedenti. 12. Il successivo fallimento anche della s.r.l. Giona, dichiarato in data 8 luglio 2015, risulta, peraltro, non dedotto tempestivamente innanzi alla Corte del gravame (neanche con la memoria di costituzione in appello, del cui tardivo deposito, in data 15 novembre 2016, viene dato atto nella sentenza ora impugnata) e la relativa questione, non trattata nella sentenza impugnata e sollevata per la prima volta innanzi a questa Corte, va ritenuta inammissibile.rg 16597/2017 R M estensore 13. A fronte di tale complessivo svolgimento dei fatti, la Corte di merito, con la sentenza impugnata, ha ritenuto che, a prescindere dalla effettiva ricostruzione della vicenda circolatoria e dalla effettiva prosecuzione dei rapporti di lavoro ai sensi dell'art. 2112 cod. civ., dovesse farsi applicazione dei principi espressi nelle sentenze di questa Corte di cassazione, nn. 24730 e 23258 del 2015, che, facendo leva sul consolidato orientamento secondo cui l'INPS subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente, previo accertamento del credito del lavoratore e dei relativi accessori mediante insinuazione nello stato passivo divenuto definitivo e nella misura in cui risulta in quella sede accertato, hanno affermato l'incontestabilità, da parte dell'Istituto, di tale accertamento, a torto o a ragione, avvenuto in sede fallimentare, ancorché l'Istituto sia rimasto estraneo alla procedura stessa avendo forza di cosa giudicata. 14. La ragione giustificatrice di tale contenuto della norma sarebbe, secondo l'opzione interpretativa fatta propria della Corte di merito, quella di garantire il soddisfacimento dei crediti insoddisfatti dei lavoratori senza costringerli ad ulteriori e defatiganti accertamenti in altra sede. 15. In termini essenziali, si tratta, ora, di stabilire se l'obbligo del Fondo di garanzia di cui all'art. 2 della legge n. 297 del 1982, valutate tutte le ricadute sul sistema, possa scaturire, incondizionatamente, dalla sola ammissione al passivo della domanda del lavoratore: anche se, ciò che si è domandato in sede fallimentare è la sola quota di t.f.r. maturata presso il precedente datore di lavoro assoggettato a fallimento, successivamente alla cessione dell'azienda ed a prescindere dalla verifica dell'avvenuta cessazione del rapporto di lavoro intercorso con il cedente. 16. La questione, ad avviso del Collegio, non può trovare risposta nei termini di cui ai precedenti indicati dalla sentenza impugnata, dei quali vanno condivise le premesse relative alla ricostruzione sistematica dell'istituto di cui all'art. 2 della legge n. 297 del 1982.rg 16597/2017 R M estensore 17. In particolare, deve ricordarsi che secondo il consolidato orientamento espresso da questa Corte di legittimità, cui si intende dare continuità, il diritto del lavoratore di ottenere dall'Inps, in caso d'insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del TFR a carico dello speciale Fondo di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 2, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è, perciò, distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell'esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all'esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all'Inps e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia (cfr., in termini, Cass. 23 luglio 2012 n. 12852 ed anche nn. 10875, 20675 del 2013;
12971 del 2014). 18. Va, tuttavia, rimarcato che gli arresti della giurisprudenza di questa Corte di legittimità appena citati non hanno mai affrontato la specifica questione appena indicata, giacché non era prospettata, nelle precedenti occasioni, la carenza di taluno degli elementi costitutivi della stessa fattispecie di cui all' art. 2 della legge n. 297 del 1982, ma si discuteva, fra l'altro, della relazione giuridica esistente tra l'obbligo retributivo del datore di lavoro insolvente e l'obbligo del fondo di sostituirsi al medesimo datore di lavoro, con particolare riferimento al regime della prescrizione, ed al termine iniziale di decorrenza, alla eventuale soggezione alla decadenza prevista per le prestazioni previdenziali, al regime degli atti interruttivi della prescrizione, alla disciplina degli accessori in caso di ritardo, all' eventuale regime di solidarietà esistente con il datore di lavoro ai fini dell'applicazione dell'art. 1310 cod. civ. 19. In altri termini, quella giurisprudenza ha operato un inquadramento sistematico della disciplina del Fondo di garanzia che, attraverso il rg 16597/2017 R M estensore riconoscimento della finalità esclusivamente assicurativa e previdenziale, funzionale alla pienezza di protezione dei lavoratori dal rischio dell'insolvenza del datore di lavoro, ha avuto il merito di svincolare l'operatività del meccanismo di garanzia dal legame con i presupposti concreti delle obbligazioni retributive rimaste inadempiute a causa dell'insolvenza che, dunque, diventano l'oggetto della diversa ed autonoma prestazione previdenziale. 20. Se tali sono senso e contenuto del percorso interpretativo segnato dalle citate pronunce, resta, dunque, da dimostrare che dalla natura autonoma, rispetto all'originario obbligo retributivo datoriale, e previdenziale della prestazione possa ricavarsi anche l'astrazione totale dal separato ed originario credito retributivo fino al punto che, una volta ottenuta l'ammissione al passivo fallimentare, nulla possa più impedire l'obbligo di intervento del Fondo di garanzia. 21. Infatti, mentre è chiaro che la natura autonoma dell'obbligo di corresponsione della prestazione impedisce all'Inps di poter opporre eccezioni derivanti da ragioni interne al rapporto di lavoro che mirino a contestare esistenza ed entità dei crediti in ragione del concreto atteggiarsi delle situazioni giuridiche soggettive del lavoratore e del datore di lavoro, come costantemente affermato da questa Corte di cassazione, non altrettanto agevole è fare derivare dall'autonomia dell'obbligazione assicurativa attribuita al Fondo anche l'effetto di totale inibizione dell'accertamento giudiziale relativo agli elementi soggettivi ed oggettivi al cui ricorrere scatta l'obbligo di tutela assicurativa, e che sono interni alla stessa autonoma fattispecie previdenziale. 22. Non può, in particolare, ad avviso del Collegio, trarsi la necessaria conseguenza che una volta ottenuta (a torto o a ragione) l'ammissione della domanda di insinuazione al
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