Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/08/2009, n. 17903
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In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, il divieto di esercitare industrie o commerci di cui all'art. 16, comma primo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (richiamato nell'art. 3, comma primo, lett. d), del d.lgs. n. 109/2006), opera in riferimento allo svolgimento professionale di tali attività, mentre singole operazioni commerciali, anche realizzate con finalità speculativa, non possono di per sé ritenersi generalmente vietate al magistrato. (La Corte ha così cassato la sentenza disciplinare di condanna per l'addebito mosso al magistrato di avere operato quale finanziatore e socio occulto per la ristrutturazione di un immobile, consentendone la sua fittizia intestazione).
Ai sensi della disposizione transitoria di cui all'art. 32-bis, comma primo, del d.lgs. n. 109/2006, deve ritenersi la persistente unicità dello stesso procedimento disciplinare promosso in base alla normativa anteriormente in vigore, quando, a seguito della pronuncia di una sentenza penale (di assoluzione o di condanna), i fatti oggetto del processo penale, già contestati anche in sede disciplinare, vengano ivi riformulati sia mediante la riduzione degli addebiti, sia mediante la valorizzazione di aspetti intrinseci alla vicenda oggetto dell'imputazione in sede penale, fermo restando in ogni caso che le semplici modificazioni dell'atto di incolpazione non determinano l'instaurarsi di un nuovo e diverso procedimento disciplinare. (Fattispecie in cui il procedimento disciplinare, già promosso ai sensi del previgente rito in ordine alla violazione di cui all'art. 18 r.d.lgs. n. 511/1946, era stato sospeso in attesa della definizione del processo penale ed in seguito riavviato con la conseguente riformulazione dei capi d'incolpazione).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S S - Primo Presidente f.f. -
Dott. E A - Presidente di Sezione -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. T S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1301/2009 proposto da:
P.E. ((omesso) ), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 59, presso lo studio dell'avvocato G S, rappresentato e difeso dagli avvocati Z M, S S, per procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 117/2008 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 12/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/05/2009 dal Consigliere Dott. S T;
uditi gli avvocati S S, M Z;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 17 ottobre 2008 - 12 novembre 2008 (comunicata con nota in data 14.11.2008, asseritamente ricevuta il 17.11.2008), la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha inflitto al Dott. E..P. , al tempo dei fatti P di XXXXXX e Giudice del Tribunale di XXXXXXX, la sanzione disciplinare della rimozione, rigettandone la richiesta di revoca della misura cautelare della sospensione facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio e dichiarandone, ai sensi del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n.511, art. 35, la responsabilità in ordine alle incolpazioni
ascrittegli, nell'ambito del procedimento disciplinare recante il n. 34/2008 R.G..
2. L'azione disciplinare era stata promossa dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione con nota del 14 luglio 2003, in ordine alla violazione di cui al R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, art. 18, "per essersi reso immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere, così compromettendo il prestigio dell'ordine giudiziario", in relazione ad una serie di fatti oggetto di imputazioni penali nell'ambito di una indagine avviata presso la Procura della Repubblica di Trieste.
Con sentenza del Tribunale di Trento in data 25 ottobre 2007 (ove il processo era stato trasferito per competenza), il Dott. P. veniva assolto perché il fatto non sussiste dai capi di imputazione pervenuti al dibattimento.
Con nota del 23 novembre 2007 il P.G. presso la Corte di cassazione revocava il decreto di sospensione del procedimento disciplinare - adottato il 15 aprile 2004 in attesa della definizione del processo penale - e disponeva procedersi nella relativa istruttoria riformulando i capi di imputazione.
3. Le condotte oggetto di contestazione in relazione all'addebito della violazione di cui al R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18, così come individuate nei relativi capi d'incolpazione, possono essere così riassunte:
A) avere intrattenuto rapporti con persone coinvolte in procedimenti penali e comunque di discutibile moralità, frequentando locali pubblici e di divertimento, concludendo transazioni commerciali a condizioni di favore, esplicando attività incompatibili con la dignità della funzione, sempre ostentando quest'ultima e facendola valere per ottenere favori e considerazione (così come nei capi successivi meglio specificato);
B) avere, con l'apparente motivazione di collezionare orologi di pregio, preteso e trattenuto, senza pagarne il relativo valore, un orologio "Breitling" da persona con cui intratteneva intensi rapporti, anche d'affari, per la vendita di un'auto e per l'attività di antiquario, nonché per aver acquistato dal "mercato parallelo", tramite il cognato, un altro orologio di marca Rolex risultato rubato in un'orologeria di (omesso) ;
C) avere intrattenuto con numerosi e specificati rivenditori, intermediari e concessionari intensi rapporti commerciali, facendo valere la sua attività di pretore, accettando di fare da "testimonial" per l'attività di vendita, richiedendo ed ottenendo sconti e facilitazioni di pagamento, cambiando in media un'auto all'anno, mantenendo un intenso giro di assegni e rapporti di debito e credito per la vendita e l'acquisto di varie autovetture, nonché ottenendo per la moglie un'auto "di cortesia" e per il suocero un'altra auto a prezzo di favore;
D) avere, con le medesime modalità, ottenuto sconti e facilitazioni nell'acquisto di vestiti presso una specifica ditta, nonché, servendosi dell'intermediazione di taluni geometri che compensava con abnormi nomine quali C.T.U., forniture di serramenti, porte e scale interne per la sua casa in ristrutturazione;
E) aver operato quale finanziatore e socio occulto di uno dei suddetti geometri per la ristrutturazione di una casa ad opera di un'impresa, e consentito la sua fittì zia intestazione, svolgendo di fatto attività incompatibile con la funzione di magistrato;
F) omissis, G) aver violato ogni norma di legge, opportunità ed equilibrio, nominando quale C.T.U. un geometra per n. 96 volte, ed un altro geometra per n. 46 volte, utilizzandoli contestualmente per le sue attività private;
fatti commessi nell'arco temporale ricompreso tra il (omesso) ed oggetto di valutazione nell'ambito del procedimento penale concluso dal Tribunale di Trento con la citata sentenza del 25 ottobre 2007. Fatti altresì qualificabili ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 1, e art. 2, lett. a) e d), art. 3, lett. a), b), d)
ed e), nonché art. 4, lett. d).
4. La già indicata sentenza della Sezione disciplinare del C.S.M. preliminarmente riteneva che l'azione disciplinare, che era relativa a fatti commessi sotto il regime della vecchia normativa, dovesse ritenersi iniziata in occasione del suo originario promovimento in data 14.7.2003 e quindi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n.109 del 2006, il quale quindi rimaneva totalmente inapplicabile a
norma della relativa disciplina transitoria (art. 32 bis, introdotto dalla L. n. 269 del 2006). Ciò in quanto la modificazione e integrazione del capo di incolpazione effettuata dal Procuratore generale il 23.11.2007 non rappresentava l'esercizio di una nuova azione disciplinare, essendo i fatti materiali i medesimi dell'originario capo di incolpazione del 14.7.2003. Pertanto nel capo di incolpazione come da ultimo modificato 18.4.2008 il riferimento anche a disposizioni identificatrici degli illeciti disciplinari del D.Lgs. n. 109 del 2006, doveva considerarsi ultroneo rispetto alla contestazione ritualmente effettuata ai sensi del R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18. E i riferimenti alle norme del nuovo testo normativo nelle ordinanze del 18.2.2008 (di conferma della sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio) e 9 maggio 2008 (di non doversi procedere per uno dei capi di incolpazione), dovevano ritenersi inesatti e produttivi di mere irregolarità non incidenti sulla sostanza e legittimità delle decisioni adottate.
Conseguentemente non era applicabile neanche il nuovo regime della prescrizione dell'azione disciplinare per il decorso di dieci anni dalla commissione dei fatti (D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1 bis), ne' il regime previsto in sede penale relativamente al
fascicolo del dibattimento (artt. 238 e 238 bis c.p.p.), peraltro incompatibile anche con il. nuovo procedimento disciplinare.
5. Circa l'efficacia nel giudizio disciplinare del giudicato penale, trovava applicazione il R.D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 29, u.c., secondo cui hanno autorità di cosa giudicata "i fatti che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla sentenza passata in giudicato", restando salva, fuori di questi limiti, ogni autonomia del giudizio disciplinare. Autonomia implicante che anche un fatto non qualificato come reato per difetto dell'elemento oggettivo, con adozione quindi in sede penale della formula assolutoria "il fatto non sussiste", può essere configurato come illecito disciplinare e determinare la condanna nella relativa sede. Nella specie doveva acclararsi se i medesimi fatti per cui era intervenuta l'assoluzione "perché il fatto non sussiste" configurassero l'illecito disciplinare di cui citato D.Lgs. n. 511 del 1946, art. 18. Il vincolo del giudicato quanto ai fatti accertati in sede penale, infine, rendeva inammissibili in quanto superflue le richieste formulate dalla difesa dell'incolpato in materia di prova testimoniale e documentale.
6. Quanto all'eccezione di nullità dell'incolpazione per genericità, la Sezione disciplinare non la riteneva fondata, osservando che i fatti relativi risultavano tutti analiticamente descritti nella contestazione formulata all'incolpato - salvo quanto successivamente precisato per il capo A - e non lasciavano dubbi sull'esatta configurazione dei fatti e delle violazioni addebitate, in maniera da consentire l'adeguato esercizio della difesa.
7. La sentenza disciplinare, passando all'esame delle incolpazioni contestate, ha rilevato, relativamente al capo A), che con lo stesso erano addebitate, genericamente, alcune condotte che, in diversi casi, si coloravano disciplinarmente solo tenendo conto dei comportamenti specifici contestati nei successivi capi di incolpazione. Tenendo conio anche del fatto che ci si doveva obbligatoriamente orientare solo con riferimento ai fatti incontestabilmente accertati o esclusi dalla sentenza penale del Tribunale di Trento in data 25 ottobre 2007, la sentenza precisava ulteriormente che le condotte genericamente addebitate in tale capo di incolpazione o non trovano riscontro nella predetta sentenza, come nel caso della contestata frequentazione di locali pubblici o di divertimento (frequentazione peraltro che, da sola, non integrava alcuna condotta deontologicamente rilevante), o, trovandovi totale o parziale riscontro, intanto erano addebitatoli al Dott. P. , in quanto si riverberassero nei singoli episodi specificamente contestati.
7. Quanto agli addebiti di cui al capo