Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2023, n. 02588

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/01/2023, n. 02588
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02588
Data del deposito : 27 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

PU ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 568/2020 R.G. proposto da: Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentato e difeso in giudizio dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è ex legedomiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.12;
-ricorrente -

contro

S M C, notaio in Roma, ivi el.dom.ta in Via Nomentana 91 presso lo studio dell’avv. G B che la rappresenta e difende in giudizio come da procura speciale in atti;
-controricorrente - Ricorso avverso sentenza Commissione Tributaria Regionale Lazio n.5955/18 del 17.9.18;
Udita la relazione svolta dal Consigliere G M S;
Udito il Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori delle parti presenti all’udienza dell’ 11 gennaio 2023. Rilevato che: § 1. L’Agenzia delle Entratepropone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l'avviso di liquidazione notificato al notaio S in recupero, ex art.34 d.P.R. 131/86, della maggiore imposta di registro dovuta sull'atto di divisione di comunione ereditaria (eredità C) da lei rogato il 7.4.2014 e già sottoposto ad auto-liquidazione telematica. La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che: - correttamente il notaio aveva proceduto al versamento dell'imposta di registro con aliquota dell’1% e non con la maggiore aliquota dovuta, ex art.34, co. 2^ cit., in caso di conguaglio superiore del 5% del valore della quota di diritto divergente da quella di fatto, dal momento che alla base imponibile per l'imposta di registro concorreva anche il valore del bene donato in vita dal de cujus ad uno dei condividenti (Marcella C), e come tale sottoposto al regime civilistico della collazione;
- per contro, diversamente ragionando (cioè determinando la base imponibile sul solo relictum oggetto di divisione) si determinava una tassazione indebita facendo emergere dei conguagli eccedenti (nella specie a favore, non a carico, della donataria) in forza di un'operazione non rispondente né al principio di capacità contributiva nè alla disciplina civilistica della collazione, con stravolgimento a fini esclusivamente fiscali degli effetti propri della divisione. Resiste concontroricorso e memoria la S. § 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta – ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli artt.34 d.P.R. 131/86, 8, co. 4^, d.lgs. 546/90, nonché 737, 747, 750 e 751 cod.civ.. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che, per le comunioni ereditarie, la massa comune ai fini dell'articolo 34 cit. (co. 1^) è costituita ex lege dall'asse ereditario netto determinato a norma dell'imposta di successione la quale, appunto (art.8 cit.), fa esclusivo riferimento al relictum non anche al donatum oggetto di collazione (invece rilevante ai diversi fini della franchigia);
inoltre, la donazione del bene oggetto di collazione (la cui esclusione dalla base imponibile è stata già affermata dalla giurisprudenza della S.C.) integra un’attribuzione di ricchezza esulante dalla divisione, nella quale rientra soltanto come imputazione diquota e calcolo fittizio. Nel caso di specie, si osserva, “la divisione tra i coeredi interessati è avvenuta proprio mediante l'imputazione alla quota a sé spettante ad opera della condividente donataria, signora Marcella C, dei beni da lei ricevuti a titolo di donazione, con prelievo, ad opera dei restanti condividenti, di quote superiori a quelle di diritto del relictum” (ric. pag.13). § 2.2Già assegnato a decisione con rito camerale non partecipato ex art. 380 bis 1 cod.proc.civ., il ricorso è stato rinviato a nuovo ruolo per la trattazione in udienza pubblica, stante la rilevanza nomofilattica della decisione (ordinanza interlocutoria 26.5.2022). § 2.3 L’eccezione di tardività del ricorso per cassazione, come opposta dalla controricorrente, è infondata. Si osserva in proposito che, in base all’art.6, co. 11, d.l. 119/18 conv. in l. 136/18: “Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonche' per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto eil 31 luglio 2019”. Come si evince dalla chiara lettera di legge, a differenza dell’ipotesi di sospensione del giudizio, che presuppone l’istanza del contribuente (co.10), la sospensione dei termini di impugnazione opera automaticamente per il solo fatto che la lite pendente rientri tra quelle definibili, e che i termini in questione vengano a scadere entro l'arco temporale indicato dalla norma. Sul punto si è già affermato da parte di questa Corte di legittimità (con riguardo ad un diverso provvedimento di condono ma disciplinato, sul punto, in identica maniera) che (Cass.n. 11913/19): “in tema di definizione agevolata delle controversie tributarie ai sensi dell'art. 11 del d.l. n. 50 del 2017, conv. in l. n. 96 del 2017, ai fini dell'accesso al beneficio è necessaria la domanda del contribuente, trattandosi di scelta insindacabile dell'interessato, mentre ai fini della proposizione del ricorso, la sospensione semestrale dei termini di impugnazione (in via principale o incidentale) ovvero per riassumere la causa a seguito di rinvio, prevista dal comma 9 del cit. art. 11, opera automaticamente, purché la lite rientri tra quelle definibili e il termine spiri tra il 24 aprile 2017 e il 30 settembre 2017 (v. Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 22/E del 28luglio 2017)”. Quanto alla (astratta) definibilità della presente lite, si ritiene che non sia ostativo il nomen (avviso di liquidazione) assegnato all'atto impugnato, rilevando piuttosto come quest'ultimo, nella sua portata sostanziale, esprima appieno una pretesa impositiva che muove, se non dalla rettifica dei valori dedotti nell'atto presentato alla registrazione, dalla diversa determinazione della base imponibile ed anche dalla maggiore aliquota ritenuta applicabile dall'amministrazione finanziaria all'atto divisionale medesimo. Dunque la lite verte proprio sul recupero di una maggiore imposta proporzionale di registro preceduta, non già da una diversa e già palesata richiesta, quanto soltanto dall'auto-liquidazione e versamento telematico dell'imposta dovuta secondo la valutazione datane dal notaio rogante. Ricorre anche in proposito l'orientamento di legittimità, in termini, secondo cui, ai fini della inclusione della lite tra quelle definibili, occorre considerare la natura sostanziale, non nominalistica, dell'atto;
non potendosi a priori escludere efficacia prettamente impositiva anche ad atti che, per la prima volta, portino a conoscenza del contribuente la liquidazione di una maggiore imposta in ragione della ritenuta diversità di taluni elementi costitutivi del rapporto tributario: “in tema di condono fiscale, ai fini della qualificazione dell'atto come impositivo, e della conseguente inclusione della relativa controversia nell'ambito applicativo dell'art. 16 della l. n. 289 del 2002, rileva la sua effettiva funzione, a prescindere dalla sua qualificazione formale, sicché, con specifico riferimento agli avvisi di liquidazione dell'imposta di registro, non può escludersene la natura di atto impositivo quando essi siano destinati ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale maggiore di quella applicata, potendosi considerare sufficiente, a tal fine, che la contestazione del contribuente sia idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sui presupposti e sui contenuti dell'obbligazione tributaria” (Cass.nn.13136/16;
20683/21 ed altre). Orbene, nel caso di specie il ricorso per cassazione è stato notificato a mezzo Pec il 17 dicembre 2019 e, dunque, l'ultimo giorno utile, tenuto conto della sospensione legale di 9 mesi (vertendosi di sentenza di appello, non notificata, pubblicata il 17 settembre 2018), in dovuta applicazione del criterio di calcolo, non ‘ex numero’, ma ‘ ex nominatione dierum’ (Cass.n. 17640/20 e molte altre). § 3.1Il ricorso è infondato. La lite ha ad oggetto l’individuazione del regime impositivo di registro applicabile – segnatamente sotto il profilo dell’esatta determinazione della base imponibile - ad un atto di divisione di comunione ereditaria posto in essere in presenza di donazioni effettuate in vita dal de cujus a favore di taluno dei condividenti, e civilisticamente tenute a collazione. Più in particolare, si pone qui il quesito se nella divisione ereditaria ex art.34 d.P.R. 131/86, al fine di stabilire la massa comune e, di conseguenza, al fine di accertare la eventuale divergenza tra quote di fatto/quote di diritto e la sussistenza di eccedenze/conguagli tra coeredi tassabili come vendita, si debba tenere conto - oppure no - del valore del bene donato in vita dal de cujus ad uno dei coeredi condividenti, ed appunto oggetto di collazione. Il dato normativo di immediato riferimento è costituito dall’art.34 d.P.R. 131/86, secondo cui: “1. La divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, e' considerata vendita limitatamente alla parte eccedente. La massa comune e' costituita nelle comunioni ereditarie dal valore, riferito alla data della divisione, dell'asse ereditario netto determinato a norma dell'imposta di successione, e nelle altre comunioni, dai beni risultanti da precedente atto che abbia scontato l'imposta propria dei trasferimenti.
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