Cass. pen., sez. III, sentenza 03/05/2023, n. 18261
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1) M F, nato a Milano il 21/01/1994 2) B M, nato a Luino il 13/06/1981 avverso la sentenza del 14/04/2022 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere G F R;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G P, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modiff., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 aprile 2022, la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna alle pene di legge degli odierni ricorrenti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 (così riqualificata l'originaria imputazione ex art. 73, comma 1, t.u.s.) in relazione alla cessione di una dose di sostanza stupefacente di tipo cocaina ad una persona che, a seguito dell'assunzione, era deceduta per insufficienza cardiaca acuta (in primo grado era stato contestato anche il reato di cui agli artt. 113 e 586 cod. pen., ma da quest'addebito gli imputati erano stati assolti per mancanza della prova del nesso causale).
2. Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, gl'imputati hanno proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge per la ritenuta utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche poste a base della condanna, che erano state disposte, in altro procedimento, per il reato di cui all'art.416 cod. pen. Si lamenta, in particolare, che, disattendendo la doglianza di inutilizzabilità proposta con l'appello e concentrandosi esclusivamente sull'irrilevanza dell'intervenuta riqualificazione dell'addebito rispetto all'originaria imputazione, che prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza, la sentenza non
udita la relazione svolta dal consigliere G F R;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G P, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modiff., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 aprile 2022, la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna alle pene di legge degli odierni ricorrenti per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 (così riqualificata l'originaria imputazione ex art. 73, comma 1, t.u.s.) in relazione alla cessione di una dose di sostanza stupefacente di tipo cocaina ad una persona che, a seguito dell'assunzione, era deceduta per insufficienza cardiaca acuta (in primo grado era stato contestato anche il reato di cui agli artt. 113 e 586 cod. pen., ma da quest'addebito gli imputati erano stati assolti per mancanza della prova del nesso causale).
2. Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, gl'imputati hanno proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge per la ritenuta utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche poste a base della condanna, che erano state disposte, in altro procedimento, per il reato di cui all'art.416 cod. pen. Si lamenta, in particolare, che, disattendendo la doglianza di inutilizzabilità proposta con l'appello e concentrandosi esclusivamente sull'irrilevanza dell'intervenuta riqualificazione dell'addebito rispetto all'originaria imputazione, che prevedeva l'arresto obbligatorio in flagranza, la sentenza non
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