Cass. civ., sez. V trib., sentenza 27/12/2018, n. 33403
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 11273/2011 R.G. proposto da G A, rappresentato e difeso dall'avv. F L, ed elettivamente domiciliata in Roma, via Di San Valentino n. 34, presso lo studio dell'avv. S C.
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato.
- controricorrente -
RG n. 11273/2011 Cons. est. R G avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell Sicilia, sezione staccata di Messina, sezione 2, n. 229/02/10, pronunciata il 12/07/2010, depositata 1'11/10/2010. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2018 dal Consigliere R G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. A G, esercente attività di allevamento di ovini e caprini, ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, nei confronti dell'Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia (hinc: CTR) n. 229/02/10, che - in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento, notificato 1'11/03/2002, che recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, per l'anno d'imposta 1996, il contributo AIMA (lire 18.776.727) qualificandolo come reddito d'impresa - ha confermato la sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente. Il giudice d'appello, innanzitutto, ha disatteso il rilievo d'illegittimità dell'atto impositivo, evidenziando che l'Agenzia delle entrate, sulla base del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, ha accertato che il contribuente svolgeva attività d'impresa e non attività agricola, e, pertanto, ha assoggettato ad imposta il contributo AIMA, come componente positivo del reddito;
d'altro canto, la CTR ha sottolineato che l'appellante non ha prodotto, nell'arco dell'intero giudizio, alcun documento capace di contrastare la pretesa erariale, ossia idoneo a dimostrare la natura agricola dell'attività, alla stregua del criterio previsto dall'art. 29 TUIR.
CONSIDERATO IN DIRITTO
0. Nell'epilogo del ricorso il contribuente riferisce che, nelle more di questo giudizio, è divenuta definitiva la sentenza della Commissione tributaria di Messina n. 236/12/07, del 18/04/2007 - che, secondo la sua prospettazione difensiva, rileva come giudicato esterno - la quale, in una controversia identica a quella in esame, tra le stesse parti, in tema di IVA, per l'anno d'imposta 1995, ha accolto il suo ricorso contro l'atto impositivo dell'Amministrazione finanziaria.RG n. 11273/2011 Cons. est. R G 0.1. L'eccezione di giudicato esterno è priva di pregio. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: «La sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato, nei giudizi
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato.
- controricorrente -
RG n. 11273/2011 Cons. est. R G avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell Sicilia, sezione staccata di Messina, sezione 2, n. 229/02/10, pronunciata il 12/07/2010, depositata 1'11/10/2010. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 aprile 2018 dal Consigliere R G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. A G, esercente attività di allevamento di ovini e caprini, ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, nei confronti dell'Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia (hinc: CTR) n. 229/02/10, che - in controversia avente ad oggetto l'impugnazione di un avviso di accertamento, notificato 1'11/03/2002, che recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, per l'anno d'imposta 1996, il contributo AIMA (lire 18.776.727) qualificandolo come reddito d'impresa - ha confermato la sentenza di primo grado, sfavorevole alla contribuente. Il giudice d'appello, innanzitutto, ha disatteso il rilievo d'illegittimità dell'atto impositivo, evidenziando che l'Agenzia delle entrate, sulla base del processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, ha accertato che il contribuente svolgeva attività d'impresa e non attività agricola, e, pertanto, ha assoggettato ad imposta il contributo AIMA, come componente positivo del reddito;
d'altro canto, la CTR ha sottolineato che l'appellante non ha prodotto, nell'arco dell'intero giudizio, alcun documento capace di contrastare la pretesa erariale, ossia idoneo a dimostrare la natura agricola dell'attività, alla stregua del criterio previsto dall'art. 29 TUIR.
CONSIDERATO IN DIRITTO
0. Nell'epilogo del ricorso il contribuente riferisce che, nelle more di questo giudizio, è divenuta definitiva la sentenza della Commissione tributaria di Messina n. 236/12/07, del 18/04/2007 - che, secondo la sua prospettazione difensiva, rileva come giudicato esterno - la quale, in una controversia identica a quella in esame, tra le stesse parti, in tema di IVA, per l'anno d'imposta 1995, ha accolto il suo ricorso contro l'atto impositivo dell'Amministrazione finanziaria.RG n. 11273/2011 Cons. est. R G 0.1. L'eccezione di giudicato esterno è priva di pregio. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che: «La sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato, nei giudizi
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