Cass. pen., sez. V, sentenza 25/10/2021, n. 1363
Sentenza
25 ottobre 2021
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25 ottobre 2021
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Massime • 1
Non contrasta con il principio del "ne bis in idem" - non ricorrendo l'identità del fatto considerato in tutti i suoi elementi costitutivi - la condanna per il delitto di omicidio preterintenzionale nei confronti di un soggetto già condannato per lesioni personali con sentenza divenuta irrevocabile in relazione alla medesima condotta, ma il giudice del secondo procedimento, in ossequio al principio di detrazione, deve assicurare, mediante un meccanismo di compensazione, che le sanzioni complessivamente applicate siano proporzionate alla gravità dei reati considerati.
Sul provvedimento
Testo completo
01363-22 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUINTA SEZIONE PENALE Composta da: 2650 -Presidente - Sent. n. sez. /2021 Gerardo Sabeone Barbara Calaselice -PU 25/10/2021 Michele Romano R.G.N. 26693/2020 Matilde Brancaccio Giuseppe Riccardi -Relatore- ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MA EI, nato in [...]-Erzegovina il 09/09/1992 avverso la sentenza del 15/04/2019 della Corte di Assise di Appello di Venezia visti gli atti, provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Paola Filippi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, Avv. Giovanni Gentilini, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza emessa il 15/04/2019 la Corte di Assise di Appello di Venezia ha confermato l'affermazione di responsabilità pronunciata dal Gup del Tribunale di Padova il 20/06/2018 nei confronti di MA EI per il reato di omicidio preterintenzionale di CO IN;
in parziale riforma, ha riconosciuto la prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 2 cod. pen. sulla recidiva ed ha ridotto la pena, dichiarando assorbita la pena irrogata all'imputato con sentenza della Corte di Appello di Venezia del 27/10/2015. се Secondo la ricostruzione dei fatti accertata, l'imputato, durante la reclusione nel carcere di Padova, in seguito ad un alterco con il detenuto CO, lo colpiva al capo con un pugno, facendolo cadere a terra privo di conoscenza, e provocandogli lesioni personali che, dopo un ricovero di oltre 8 mesi, determinavano la morte (in data 15/12/2015). L'imputato era stato già condannato a 2 anni di reclusione per il reato di lesioni personali, inizialmente contestatogli, ed accertato con sentenza della Corte di Appello di Venezia del 27/10/2015, divenuta irrevocabile con la conferma della Corte di Cassazione (Sez. 5, n. 34153 del 30/05/2017).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di MA EI, Avv. Giovanni Gentilini, deducendo tre motivi di ricorso, qui enunciati, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo di ricorso deduce l'erronea applicazione dell'art. 50 FU e dell'art. 4 Prot. 7 CEDU, in riferimento all'art. 649 cod. proc. pen. Lamenta l'errore di metodo della Corte territoriale in merito alla cogenza generalizzata delle decisioni europee, come affermato dalla Grande Camera 28/06/2018, GI c. Italia, e nell'omessa considerazione del principio della c.d. protezione equivalente. Nel merito deduce l'erronea interpretazione di alcune decisioni della Corte EDU concernenti la nozione di idem factum: la sentenza della Grande Camera, UK c. Russia, che ha regolato il giudizio sull'identità della condotta, al contrario della Corte costituzionale, che è ferma alla identità della 'triplice' (condotta, nesso, evento); la sentenza BU c. Romania ha accertato la violazione del divieto di bis in idem in un caso in cui, terminato il primo processo per lesioni con una assoluzione, era stato avviato un nuovo processo per rapina (furto+lesioni); la sentenza AR c. CR ha accertato la violazione convenzionale in un caso di lesioni lievi successivamente giudicate come lesioni gravi da altro giudice, nonostante l'assorbimento della pena inflitta per il reato meno grave.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine all'interpretazione del lemma "grado" di cui all'art. 649 cod. proc. pen. L'evento "morte" di cui all'art. 584 cod. pen. costituirebbe un "grado" ulteriore rispetto all'evento delle lesioni, uno specifico sviluppo normativo della fattispecie meno grave. 2 2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine all'assenza, nell'ordinamento processuale, di una norma che dirima la coesistenza di più titoli, uno dei quali contenga l'altro. Non è infatti applicabile la revisione, che postula l'inconciliabilità tra giudicati. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La questione oggetto del ricorso in esame può essere così sintetizzata: se, ai fini del divieto del bis in idem processuale, l'identità del fatto ricorre solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale), o se sussiste anche quando vi sia identità della sola condotta. La fattispecie in esame riguarda la duplice condanna per il reato di lesioni personali e, successivamente, per il reato di omicidio preterintenzionale, conseguenti alla medesima condotta di aggressione fisica posta in essere dall'imputato ai danni della medesima persona offesa;
in altri termini, alla condotta di aggressione fisica è conseguito prima l'evento delle lesioni, e successivamente l'evento della morte.
2. L'esame della questione merita di essere inquadrata in un più ampio contesto interpretativo che concerne l'evoluzione della nozione di bis in idem rilevante e gli approdi ermeneutici raggiunti, in particolare dopo le rimodulazioni operate dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Corte Costituzionale.
3. Va, al riguardo, premesso che la questione in esame era stata affrontata, con riferimento a fattispecie del tutto sovrapponibili di 'progressione' tra lesioni personali e omicidio preterinterenzionale, da due sentenze di questa Corte, peraltro concernenti il medesimo ricorrente, prima in fase cautelare, e poi in fase di cognizione: Sez. 5, n. 28548 del 01/07/2010, Carbognani, Rv. 247895 ha, infatti, affermato che, ai fini della preclusione connessa al principio del "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (in applicazione del principio, ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il Tribunale della libertà ha escluso l'identità del fatto, rilevante ai fini della preclusione di cui all'art. 649 3 cod. proc. pen., con riguardo a procedimento per il delitto di omicidio preterintenzionale nel caso che le lesioni per le quali si sia già proceduto - - abbiano solo successivamente determinato la morte della persona offesa dalla condotta dell'agente); il principio è stato ribadito da Sez. 5, n. 52215 del 30/10/2014, Carbognani, Rv. 261364, secondo cui, ai fini della preclusione connessa al principio del "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità della preclusione derivante da identità del fatto con riguardo a procedimento relativo al reato di omicidio preterintenzionale instaurato a seguito della morte della persona offesa, sopravvenuta dopo che l'agente era stato già condannato in relazione alla medesima condotta per il reato di lesioni personali). Le decisioni appena richiamate si inserivano, peraltro, nel solco interpretativo del principio affermato dalle Sezioni Unite nel 2005 (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799: "Ai fini della preclusione connessa al principio "ne bis in idem", l'identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona").
4. Tanto premesso, giova richiamare, sia pur sinteticamente, ed ai limitati fini del corretto inquadramento della questione in esame, l'evoluzione giurisprudenziale che ha investito il tema del bis in idem processuale. Va innanzitutto chiarito che il principio del ne bis in idem sostanziale ed il principio del ne bis in idem processuale hanno confini ed ambiti applicativi (almeno parzialmente) diversi: il bis in idem sostanziale, infatti, concerne le ipotesi di qualificazione normativa multipla di un medesimo fatto, e, mediante il criterio regolativo della specialità (artt. 15 e 84 cod. pen.), fonda la disciplina del concorso apparente di norme, vietando che uno stesso fatto sia accollato giuridicamente due volte alla stessa persona;
il bis in idem processuale, invece, concerne non già il rapporto astratto tra norme penali, bensì il rapporto tra il fatto ed il giudizio, vietando l'esercizio di una nuova azione penale dopo la formazione del giudicato.
4.1. Al riguardo, con la sentenza n. 200 del 21/07/2016, la Corte costituzionale - che ha dichiarato illegittimo l'art. 649 cod. proc. pen. nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste If 4 un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale ha ridefinito il - principio del ne bis in idem processuale, recependo, sul piano ermeneutico, l'opzione della Corte EDU, in ciò affermando il criterio dell'idem factum, e non dell'idem legale, ai fini della valutazione della medesimezza del fatto storico oggetto di nuovo giudizio. L'affrancamento dall'inquadramento giuridico (non, però, dai criteri normativi di individuazione) del fatto (Corte Cost., n. 200 del 2016, § 4), cioè dall'idem legale, ha comportato la riaffermazione della "dimensione esclusivamente processuale" del divieto di bis in idem, che "preclude non il simultaneus processus per distinti reati commessi con il medesimo fatto, ma una seconda iniziativa penale, laddove tale fatto sia già stato oggetto di una pronuncia di carattere definitivo" (Corte Cost., n. 200 del 2016, § 10). La conseguenza della svolta interpretativa si è, dunque, registrata proprio nel punto di