Cass. civ., sez. I, sentenza 24/05/2019, n. 14324

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 24/05/2019, n. 14324
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14324
Data del deposito : 24 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

so della nullità afferente la capitalizzazione trimestrale rispetto a quanto osservato in relazione alla CMS ed al tasso di interessi, secondo il rinvio agli usi piazza.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 360 n.3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1421, 1418, 1419, 1284, 1325 e 1346 cod. civ.. per non avere la sentenza impugnata rilevato d'ufficio la nullità parziale del contratto di apertura di credito in conto corrente richiamante, per la determinazione dei tassi passivi e CMS, gli usi piazza, costituendo la validità del contratto antecedente logico- giuridico della sua esecuzione.

3. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, data la stretta connessione delle questione trattate, non sono fondati e vanno rigettati. Va preliminarmente osservato che nelle note difensive del 28/4/1998 - il cui contenuto è stato adeguatamente riportato nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza e specificità del ricorso - gli odierni ricorrenti avevano effettivamente sottoposto all'esame dell'organo giudicante plurimi profili di nullità delle pattuizioni contrattuali intervenute con la banca, attinenti alla determinazione del tasso di interesse passivo con il rinvio agli "usi piazza" , alla mancata specifica sottoscrizione della clausola che abilitava la banca alla variazione in senso sfavorevole dell'interesse debitore, all'addebito della commissione di massimo scoperto a sua volta determinata con rinvio all'uso piazza, oltre alla capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi (profilo quest'ultimo che è stato oggetto dell'esame della Corte d'Appello). I ricorrenti avevano, altresì, dedotto il ritardo della banca negli accreditamenti degli importi, formulando la richiesta di condanna del Banco Napoli alla restituzione delle somme indebitamente percepite.Non vi è dubbio che la società debitrice e i fideiussori, attraverso tali domande ed eccezioni, avessero notevolmente immutato l'oggetto della pretesa introducendo un tema di indagine e, quindi, di decisione, completamente nuovo perché fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell'atto introduttivo del giudizio e tali da disorientare la difesa predisposta dalla controparte, tale da integrare una mutatio libelli (Cass. 28 gennaio 2015 n. 1585). Nell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, infatti, come ricostruito dalla Corte territoriale, gli odierni ricorrenti si erano limitati a dedurre la nullità della notifica del decreto ingiuntivo, la mancanza di prova scritta del credito ed errori di calcolo nella quantificazione del debito. Né può ritenersi, per quanto sopra illustrato, che i debitori si fossero limitati ad un mera modifica e precisazione delle domande ed eccezioni già formulate, come loro consentito dal testo allora vigente dell'art. 183 cod. proc. civ.. Si pone quindi una seria questione di ammissibilità delle domande sollevate dagli allora opponenti nelle note difensive del 2/5/ 1998. Va, in primo luogo, osservato che le domande ed eccezioni in oggetto non possono senz'altro ritenersi tout court ammissibili, come invocano i ricorrenti, sul rilievo che la banca avesse accettato il contraddittorio per essersi difesa sul punto. In proposito, questa Corte ha più volte affermato che l'accettazione esplicita o implicita del contraddittorio come strumento di sanatoria delle decadenze in cui erano incorse le parti nello svolgimento della loro attività processuale si applica soltanto ai procedimenti pendenti alla data del 30 aprile 1995, per i quali trovano applicazione le disposizioni degli artt.183, 184 e 345 c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla "novella" di cui alla legge n.353 del 1990, come statuito dall'art.9 D.L. n.432 del 1995, conv. nella legge n.534 del 1995 (Sez. U, Sentenza n.4712 del 22/05/1996, Rv.497728;
conf. Cass. Sez. 1, n.3813 del 02/05/1997, Rv.504037;
Sez. 3, n.2805 del 10/03/2000, Rv.534759). L'odierno giudizio è stato introdotto solo successivamente e precisamente nell'anno 1997. Ne consegue che la domanda con cui i ricorrenti hanno dedotto il ritardo negli accreditamenti e richiesto la restituzione di quanto indebitamente percepito, in quanto nuova e non mera modifica di conclusioni già formulate, incorre nella sanzione dell'inammissibilità e quindi correttamente la Corte d'Appello di Napoli ha ritenuta la medesima, riproposta nell'atto di appello, come inammissibile, essendo incorsa nel divieto dello ius novorum di cui all'art. 345 cod. proc. civ. Tale ragionamento non può invece svolgersi con riferimento a tutti i profili di nullità del contratto di conto corrente bancario dedotti dai ricorrenti. Sul punto, è, infatti, giurisprudenza consolidata di questa Corte che nelle controversie promosse per far valere diritti che presuppongono la validità di un contratto o di una clausola di esso, la nullità può essere sempre rilevata d'ufficio, anche nel giudizio di appello ed in quello di Cassazione (sul punto vedi S.U. n. 26242 del 12/12/2014,Rv. 633509-01) e non è soggetta a vincolo preclusivo. da Ne consegue che la domanda nullità, oltre a poter essere dedotta in primo grado per tutto il corso del processo e sino al momento della precisazione delle conclusioni, può essere introdotta anche per la prima volta in appello, sia in risposta ad un eventuale rilievo effettuato dal giudice a norma dell'art. 101 comma 2° cod. proc. civ., sia anche anticipando tale rilievo, con la conseguenza che tale domanda (o la relativa eccezione) non può mai essere considerata inammissibilmente nuova (sez 1 n. 2910 del 15.02.2016, Rv. 638554-01). Esaminando, a questo punto, i singoli profili di nullità dedotti dai ricorrenti, con riferimento alle clausole "uso piazza" contenute nel contratto di conto corrente bancario sia per la determinazione degli interessi passivi che della CMS per cui è causa - questione che la Corte d'appello ha affrontato - deve osservarsi che correttamente il giudice di secondo grado ha ritenuto non trovarsi in presenza di una fattispecie di nullità, bensì di inefficacia sopravvenuta. Infatti, essendo tali clausole state pattuite dalla società ricorrente dall'istituto bancario (secondo la ricostruzione della sentenza impugnata) nel 1989, e quindi antecedentemente all'entrata in vigore sia della L 154/92 che del successivo art. 117 T.U.B., le stesse non possono ritenersi colpite dalla sanzione della nullità (prevista per le clausole pattuite dopo l'entrata in vigore dei summenzionati testi normativi), ma sono divenute inefficaci ex nunc. Deve, allora, condividersi, sul punto, l'impostazione della Corte d'Appello, secondo cui l'inefficacia sopraggiunta di un accordo di durata, estinguendo in tutto o in parte i diritti con esso costituiti, avrebbe dovuto essere oggetto di eccezione della parte interessata (vedi sez. 1 n. 4092/2005) che, nel caso di specie, è intervenuta solo tardivamente.
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