Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 29/03/2007, n. 7731
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In presenza delle condizioni richieste dall'art. 3 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (e successive modifiche) è legittimo l'inserimento del soggetto con il titolo di avvocato in una struttura avente le caratteristiche proprie della subordinazione e, al riguardo, mentre da un lato la legge professionale garantisce che l'attività espletata sia di natura forense, dall'altro la professione così esercitata si prospetta compatibile con l'inquadramento dell'avvocato con qualifiche impiegatizie e con l'inserimento in un rapporto gerarchicamente strutturato, con la conseguenza che, in ogni caso, è la disciplina del rapporto di lavoro subordinato - la quale può trovare la sua fonte nei regolamenti interni dell'ente di appartenenza e nella contrattazione collettiva - che stabilisce i rispettivi diritti ed obblighi delle parti e vincola, in via definitiva, il professionista all'ente datore di lavoro. L'assegnazione di una qualifica - come quella, nella specie, di capo ufficio del ruolo legale (con funzioni di avvocato iscritto nel ruolo speciale) - rileva, pertanto, nella disciplina comune del rapporto di lavoro ai fini della identificazione della prestazione convenzionalmente pattuita e della collocazione della posizione lavorativa così stabilita nel sistema di inquadramento contrattuale, ma non comporta, per nessuno di tali profili, il riconoscimento di un diritto, in favore del suddetto dipendente, alla qualifica in termini di denominazione formale, attraverso l'attribuzione di un titolo o appellativo (come quello di avvocato abilitato dinanzi alle magistrature superiori con sua relativa indicazione sulla targa della porta dell'ufficio), delle funzioni proprie dell'attività pattuita, quando (come nella fattispecie) non si faccia questione della tutela del contenuto professionale delle mansioni svolte accordata dall'art. 2103 cod. civ. .
Per servizi "soltanto sussidiari del servizio dei trasporti" secondo la norma dettata dall'art.7, lett. b), del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, ai fini della sottrazione dei relativi addetti all'applicazione della normativa sul rapporto di lavoro per il personale dei pubblici servizi di trasporto in concessione, devono intendersi non quelli forniti all'azienda di trasporto da unità organizzative interne, ma quelli erogati agli utenti esterni come da qualsiasi azienda produttrice di servizi e, quindi, oggetto di attività, diverse da quelle di trasporto, esercitate in forma imprenditoriale. (Nella specie, la S.C., rigettando il relativo ricorso proposto da un dipendente rivestente la qualifica di capo ufficio del ruolo legale di una società di trasporti, ha rilevato che, nella questione dedotta, veniva per l'appunto in considerazione l'attività dell'ufficio legale, corrispondente ad un'unità organizzativa interna dell'azienda e che la suddetta qualifica attribuita al ricorrente rientrava tra quelle proprie del "Regolamento per le promozioni e le nomine del personale", secondo il sistema di classificazione stabilito dalle tabelle di cui alla legge 1° febbraio 1978, n. 30).
In tema di qualifiche dei prestatori di lavoro, la violazione dei principi della correttezza (art. 1175 cod. civ.) e della buona fede (art. 1375 cod. civ.) si configura solo nell'ipotesi in cui vengano lesi diritti soggettivi già riconosciuti in base a norme di legge, riguardando le modalità di adempimento degli obblighi a tali diritti correlati. Le stesse regole non valgono, invece, a configurare obblighi aggiuntivi che non trovino, ai sensi dell'art. 1173 cod. civ., la loro fonte nel contratto, nel fatto illecito o in ogni altro atto o fatto idoneo a produrlo in conformità dell'ordinamento giuridico. (Nella specie, la S.C., rigettando il ricorso, ha confermato, sulla scorta dell'enunciato principio, la sentenza impugnata che aveva respinto la domanda di un dipendente di una società privata con la qualifica di capo ufficio del ruolo legale per il riconoscimento del diritto ad essere adibito alle funzioni di patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, siccome ritenute corrispondenti alla superiore qualifica di "avvocato cassazionista legalmente conseguita", e tanto anche sul presupposto che la pretesa si basava su un insussistente collegamento organico funzionale tra gli "status professionali degli avvocati" e le qualifiche spettanti nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato con l'azienda).
L'apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all'oggetto della lite, nonché l'emanazione o meno dell'ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell'art. 89 cod. proc. civ., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legittimità.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE LUCA Michele - Presidente -
Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - rel. Consigliere -
Dott. CELENTANO Attilio - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. MONACI Stefano - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CC IN, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEI PARIOLI 76, presso lo studio dell'avvocato Del Vecchio Alfredo C/O STUDIO LIBERATI e D'Amore, rappresentato e difeso da me medesimo, nonché anche disgiuntamente, dagli avvocati NC NO, Francesco Maria Del Vecchio, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
C.T.P. COMPAGNIA TRASPORTI PUBBLICI S.P.A., (già Consorzio Trasporti Pubblici) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 28, presso lo studio dell'avvocato Raffaele Izzo, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Castiglione, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1820/03 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 07/07/03 r.g.n. 2391/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/01/07 dal Consigliere Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio;
udito l'Avvocato NO NC;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NC NO, dipendente della Compagnia Trasporti Pubblici S.p.a. (già Consorzio Trasporti Pubblici), con qualifica di capo ufficio del ruolo legale e funzioni di avvocato iscritto nel ruolo speciale, ha convenuto in giudizio il datore di lavoro chiedendo l'accertamento del proprio diritto al riconoscimento delle qualifiche professionali previste dalla legge forense e da ultimo quella di avvocato cassazionista, all'assegnazione delle funzioni di patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre magistrature superiori, nonché all'indicazione del titolo professionale sulla targa della porta dell'ufficio. La domanda è stata respinta dal giudice adito, con decisione confermata dalla Corte di Appello di Napoli. Con la sentenza oggi impugnata la Corte territoriale ha rilevato che nessuna norma legale o contrattuale impone al datore di lavoro di adottare un sistema di classificazione che preveda il conferimento della qualifica di avvocato ai legali dipendenti, e che nella specie il regolamento del personale dell'azienda prevedeva anche per il ruolo legale qualifiche amministrative;
tale organizzazione risultava conforme alla disciplina del R.D. n. 148 del 1931 (applicabile nel caso concreto) che affida al regolamento speciale di ciascuna azienda la determinazione dei gradi e delle qualifiche del personale. L'esigenza di tutela della specifica professionalità dei dipendenti addetti a funzioni legali era adeguatamente assicurata dalla creazione di un'apposita struttura legale, distinta da quella amministrativa, che consentiva l'espletamento in via esclusiva di attività professionale. Il giudice dell'appello escludeva poi la configurabilità di un diritto ad essere impiegato anche nel patrocinio dinanzi alle magistrature superiori, nonché alla indicazione del titolo professionale di avvocato cassazionista sulla targa apposta all'ingresso dell'ufficio del NO.
Veniva infine respinta la richiesta di cancellazione di alcune espressioni contenute nella memoria di costituzione della convenuta in primo grado.
Avverso tale sentenza l'Avv. NO propone ricorso con cinque motivi.
La S.p.a. C.T.P. resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si denunciano i vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 2095 c.c. e art. 96 disp. att. c.p.c. in combinato disposto con il R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 1, comma 1 e R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, comma 4, lett. b), nonché difetto di motivazione.
Si afferma che la Corte territoriale, escludendo che alcuna norma imponga al datore di lavoro l'adozione di un determinato sistema di classificazione dei dipendenti, disconosce "il principio di sussunzione posto dall'art. 2095 c.c. e art. 96 disp. att. c.p.c.", ritenendo solo parzialmente applicabili agli avvocati
degli enti pubblici la normativa dettata dalla legge professionale forense: affermando così che l'avvocato dipendente è tale solo quando esplica la sua funzione nelle aule di giustizia e non quando opera nell'ambito aziendale. La parte richiama il principio, affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui gli uffici legali degli enti pubblici devono essere formati esclusivamente da avvocati e procuratori, ed osserva che questi titoli "devono necessariamente valere anche da qualifiche organiche, essendo essi infungibili con qualsivoglia altra denominazione".
Si critica la sentenza impugnata nella parte in cui nega che le posizioni professionali previste dalla legge forense debbano trovare corrispondenza negli organigrammi delle aziende esercenti servizi pubblici, in nome di un criterio di economicità di gestione;
si sostiene che l'autonomia organizzativa dell'imprenditore trova i suoi limiti nel precetto dell'art. 41 Cost. e deve essere contemperata con i precetti della Carta
fondamentale in tema "di elevazione professionale e di giusta retribuzione del lavoratore (artt. 35 e 36 Cost.), nonché di tutela della personalità, dell'eguaglianza, della dignità della persona umana e, soprattutto, della elevazione sociale del lavoratore stesso (artt. 2 e 3 Cost.)". Si conclude che le funzioni professionali di patrocinio attribuite al ricorrente non sono assolutamente sussumibili nelle qualifiche amministrative attribuitegli, e richiedono invece il formale riconoscimento di una qualifica che identifichi esaustivamente la sua attività professionale forense, infungibile con ogni altra denominazione e titolo.
2.1. Con il secondo, complesso motivo si denunciano, per un primo profilo, i vizi di violazione e falsa applicazione dell'art. 1708 c.c. "nonché della procura generale alle