Cass. civ., sez. II, sentenza 18/03/1999, n. 2487
Sentenza
18 marzo 1999
Sentenza
18 marzo 1999
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Massime • 1
In tema di legato modale, l'inadempimento del "modus" da parte del legatario legittima i prossimi congiunti del "de cuius" a proporre sia l'azione di adempimento, sia quella di risoluzione, giusta disposto dell'art. 648 cod. civ. (e ciò tanto se essi cumulino la qualità di prossimi congiunti con quella di eredi del testatore, quanto se facciano valere esclusivamente la prima qualità). Le azioni predette sono funzionali alla tutela del medesimo diritto all'esecuzione della prestazione modale (pur nella incontestabile diversità del relativo "petitum"), sicché la proposizione della domanda di adempimento ha efficacia interruttiva della prescrizione anche con riferimento al diritto di chiedere, successivamente, la risoluzione della disposizione modale, diritto che potrà essere, pertanto, legittimamente esercitato sino a quando il termine prescrizionale non sia nuovamente decorso per l'intero, poiché l'attribuzione, ad un soggetto, da parte dell'ordinamento, di una pluralità di mezzi di tutela, lasciando al predetto, nel contempo, la facoltà di scelta tra essi, non può, poi, risolversi nella negazione di fatto dei rimedi non azionati se, nel tempo necessario per far valere l'uno, gli altri risultino suscettibili di venir meno per prescrizione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Francesco FAVARA - Presidente -
Dott. Franco PONTORIERI - Consigliere -
Dott. Michele ANNUNZIATA - Consigliere -
Dott. Antonino ELEFANTE - Consigliere -
Dott. Giovanni SETTIMJ - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
ISTITUTO CASA DEL RIFUGIO "C. GIAVANTI" in persona del legale rapp.te Dott. Giuseppe Lumera e del Presidente, elettivamente domiciliato in ROMA VIA S.CATERINA DA SIENA 46, presso lo studio dell'avvocato ANTONIO D'ALESSIO, difeso dall'avvocato MARIO FIACCAVENTO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
TI OR, DECEDUTO, E PER ESSO GLI EREDI TI MA, TI ZA IN GOZZI, TI IN IN CADEMARTIRI, TI EN IN VILLANI, TI NA IN AGNETTI, TI RA, TI VI, TI RI, per procura speciale n. 18989 di repertorio Parma 9/6/97 e n. 18991 di repertorio Parma 10/6/97, del Notaio Dr. Michele Micheli, tutti domiciliati ex legge presso la cancelleria della Corte Suprema di Cassazione, difesi dall'avvocato MICHELE ACCARDO;
- resistenti con procura -
avverso la sentenza n. 170/95 della Corte d'Appello di CATANIA, depositata il 28/02/95;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/98 dal Consigliere Dott. Giovanni SETTIMJ;
udito l'Avvocato MICHELE ACCARDO, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carlo DE GREGORIO che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione 20.12.82, OR ER - premesso che RM CI ved. Galli, per testamento olografo 10.11.33, aveva legato all'Istituto Casa del Rifugio "C. Giavanti" di Noto una villa con giardino e fabbricato sita in quel territorio, "allo scopo d'istituire un convalescenziario per le orfane ammalate" in memoria d'un proprio figlio premorto;
che tale legato, già soggetto per disposizione della de cuius ad usufrutto in favore di due figlie della medesima, AR ed NO, intervenute morte e rinunzia, rispettivamente, di queste ultime, era divenuto efficace il 18.12.64 con l'immissione del beneficiarlo nella disponibilità del bene;
che, peraltro, l'Istituto non aveva dato al complesso la destinazione imposta dalla testatrice, anzi l'aveva lasciato in condizioni precarie, non ostante fosse stato ripetutamente sollecitato ad adempiere ed anche specificamente diffidato con lettera 22.11.74;
che esso esponente era discendente d'una delle figlie eredi della testatrice - conveniva in giudizio il detto Istituto innanzi al Tribunale di Siracusa al fine di sentir dichiarare risolto il legato, ai sensi del secondo comma dell' art. 648 CC, per inadempimento da parte del beneficiario all'onere che aveva rappresentato per la testatrice l'unico e determinante motivo della disposizione. Costituendosi, l'Istituto eccepiva, anzi tutto,
l'inammissibilità della domanda ai sensi del codice civile vigente all'epoca dell'apertura del testamento ed, in secondo luogo, l'intervenuta prescrizione del diritto fatto valere ex adverso;
contestava, comunque, nel merito, quanto sostenuto dall'attore chiedendo la reiezione della domanda.
Il Tribunale, investito della decisione sulle questioni pregiudiziali, con sentenza non definitiva del 10.1.91 - ritenuto che anche il codice civile del 1865 sanzionasse con la risolubilità della disposizione testamentaria l'inadempimento agli oneri cui la attribuzione fosse stata subordinata e che, nella specie, la relativa azione non fosse da ritenere prescritta per l'effetto interruttivo dell'intimazione ad adempiere contenuta nella lettera del 22.11.74, intervenuta prima del compimento del decennio dall' immissione del legatario nel possesso dei beni, verificatasi il 21.12.64 - respingeva le eccezioni pregiudiziali del convenuto e disponeva la prosecuzione del giudizio per il merito.
Tale sentenza dei primi giudici veniva impugnata con appello dall'Istituto, che riprospettava le medesime questioni;
resisteva il ER.
Con sentenza del 28.2.95, la Corte d'Appello di Catania respingeva il gravame ribadendo, da un lato, la identità di ratio legis tra vecchio e nuovo codice civile in ordine al dovuto rispetto della testatoris voluntas con particolare riferimento alla risolubilità della disposizione prevista dal secondo comma del vigente art. 648 CC e, dall'altro, l'assoggettabilità dell'adempimento della disposizione modale alla disciplina dell'attuazione del rapporto obbligatorio da applicarsi, pertanto, sia all'azione di risoluzione sia alla conservazione di questa per effetto di atti interruttivi della prescrizione.
Avverso tale decisione della Corte di merito proponeva ricorso per cassazione l'Istituto con un unico motivo illustrato da successiva memoria;
resistevano gli eredi del ER, nel frattempo deceduto, costituendosi all'udienza di discussione nella quale svolgevano difesa orale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e 2943 CC in relazione all'art. 360 n. 3 CPC ed erronea ed insufficiente motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 CPC, il ricorrente si duole che la Corte di merito, confermando sul punto la decisione del giudice di primo grado, abbia disatteso anch'essa l'eccezione d'intervenuta prescrizione del diritto di chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria de qua vantato dalla controparte.
Assume, infatti, il ricorrente che la Corte di merito abbia erroneamente attribuito connotati obbligatori al rapporto in discussione laddove, non essendovi tra erede e beneficiario d'un legato gravato d'onere "alcun rapporto diretto e sinallagmatico rispetto all'attuazione dell'obbligo imposto" dal testatore, l'erede stesso non può essere considerato, a suo avviso, creditore della prestazione ne' legittimato a pretenderne l'adempimento, ma solo titolare d'un diritto potestativo ad agire in risoluzione, diritto soggetto all'ordinario termine di prescrizione decennale insuscettibile d'interruzione se non a mezzo dell'esercizio dell'unica specifica azione consentita dal secondo comma dell'art.648 CC. Siffatta tesi non merita accoglimento, in quanto si basa essenzialmente su assiomi che, alla luce dell'elaborazione operata dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti in subiecta materia, non possono essere condivisi.
Così per l'esclusione del carattere d'obbligazione in senso tecnico del modus, come se a fronte dell'onere non sussistessero pretese azionabili;
così per la commistione tra obbligazione e sinallagma, quasi che l'una non possa sussistere al di fuori dell'altro;
così per la focalizzazione della problematica sulla sola figura dell'erede agente in risoluzione, come se la legittimazione ad agire per l'adempimento ex art. 648 primo comma CC e quella ad gire per la risoluzione ex art. 648 secondo comma CC non potessero anche coincidere in capo al medesimo soggetto, come nella specie coincidono, con le necessarie conseguenze.
Le varie questioni vanno separatamente esaminate anche se le relative trattazioni convergono, poi, verso un unico risultato che rappresenta la soluzione della controversia.
Nel rapporto obbligatorio quel che viene in considerazione sono soltanto i soggetti, l'uno tenuto all'adempimento, l'altro legittimato ad ottenerlo, e l'oggetto, che è il medesimo, rispettivamente, per la prestazione a parte debitoris e per la pretesa a parte creditoris, indipendentemente dal fatto che l'obbligazione tragga origine in un negozio unilaterale o bilaterale, oneroso o gratuito;
nel rapporto sinallagmatico, quel che viene in considerazione è, per contro, non l'obbligazione ma il negozio, che è per definizione bilaterale ed oneroso e nel quale entrambe le parti sono al contempo reciprocamente tenute ad una prestazione e legittimate ad una pretesa corrispondenti a due distinte obbligazioni aventi ciascuna un proprio oggetto.
Rappresenta, dunque, un'inesatta generalizzazione il sostenere la necessità d'un sinallagma, id est d'un rapporto di corrispettività tra le posizioni delle parti, in qualsiasi rapporto obbligatorio, perché sia configurabile a carico dell'una un'obbligazione in senso tecnico cui corrisponda una pretesa suscettibile di tutela in sede giudiziaria in favore dell'altra. Nel caso in esame, poi, si è in presenza dell'unico negozio mortis causa previsto dall'ordinamento, la disposizione testamentaria, che è regolato quale negozio unilaterale a titolo gratuito anche ove gravato da onere a carico del beneficiato, onde esula dall'ambito della trattazione in questa sede qualsiasi prospettazione inerente ai rapporti sinallagmatici, che si costituiscono nell'ambito di negozi bilaterali, onerosi, commutativi, mentre si deve trattare dell'obbligazione in quanto costituisca il contenuto dell'onere, o modus, apposto alla disposizione testamentaria ed in particolare, per