Cass. civ., sez. I, sentenza 01/07/2008, n. 17956
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L'impugnazione con reclamo del decreto di approvazione del rendiconto finale del tutore, emesso dal giudice monocratico di prima istanza quale giudice tutelare, deve decidersi con sentenza del tribunale in sede contenziosa ai sensi dell'art. 45 disp.att.cod.civ. ed in composizione collegiale ex art. 50 bis cod.proc.civ.; tale sentenza, la cui natura decisoria si ricava dall'effetto di rendere definitivi ed irrevocabili gli accertamenti sul rendimento di conto del tutore, è appellabile ai sensi dell'art. 339 cod.proc.civ., ma non ricorribile per cassazione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. F F - rel. Consigliere -
Dott. G F A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ROBERTO VERDE, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via di Porta Pinciana n. 6, presso l'avv. G E che, con l'avv. FERRARI Mariagrazia, di biella, lo rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
1) P E, residente in Alessandria, alla Via Cristoforo Colombo n. 2 2/b;
2) VERDE R, già elettivamente domiciliato nel merito, presso l'avv. FERRARI Mariagrazia, in Biella, alla Via Malta n. 3;
3) P.M. presso il Tribunale di Alessandria, con sede in Alessandria al Corso Crimea n. 81;
- intimati -
avverso la sentenza del Tribunale di Alessandria, sez. civ., n. 29 del 27 aprile 2005;
Udita, all'udienza del 5 giugno 2008, la relazione del Cons. Dott. F F;
Udito il P.M. Dott. S F, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 27 aprile 2005, il Tribunale di Alessandria in sede contenziosa, in parziale accoglimento dei distinti reclami proposti da R e R Verde, figli ed eredi della tutelata, avverso il decreto del giudice tutelare di approvazione del rendiconto di Evaldo Pavanello, già tutore di Carla Pastorini deceduta in Alessandria il 14 marzo 2003, rettificava il conto finale di detto tutore, con l'aumento della voce "cassa" dello stesso da Euro 290,00 ad Euro 1908,25, da restituire agli aventi diritto. Il conto del tutore era stato approvato con decreto del 20 febbraio 2004 del giudice tutelare (da ora: g.t.), che aveva contestualmente dichiarato chiusa la tutela;ad avviso dei reclamanti, il g.t. non aveva correttamente verificato regolarità, esattezza, legittimità ed opportunità delle singole poste o partite in entrata e in uscita del rendiconto, ritenendo che la mera inerenza alla gestione dei beni della tutelata fosse sufficiente a giustificare l'inserimento delle singole voci di spesa nelle poste passive del rendiconto. Il Tribunale, nella sentenza oggetto di ricorso, ha premesso che il reclamo introduce un riesame del rendiconto, da esso modificabile o anche redigibile, ai sensi dell'art. 386 c.c., u.c., e, in base alla relazione contabile del c.t.u. nominato in corso di causa, ha ritenuto che vi erano uscite non documentate o prive dei requisiti di certezza probatoria, pari ad Euro 1618,25, e non alla minor somma accertata dal g.t., affermando che il consulente aveva avuto incarico anche di acquisire, in contraddittorio tra le parti, ogni notizia e documento, sulle partite del rendiconto, che doveva pertanto modificarsi nella voce sopra riportata. Per la cassazione di tale sentenza, propone ricorso di cinque motivi, ai sensi dell'art. 111 Cost., notificato a mezzo posta il 2 luglio 2005, Verde R e
le altre parti del processo, intimate in questa sede, non svolgono attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Pregiudizialmente deve accertarsi la ammissibilità del ricorso, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 1, per la cassazione della sentenza del Tribunale in sede contenziosa, che decide sul reclamo avverso il decreto del g.t. relativo alla approvazione del rendiconto del tutore.
Occorre quindi accertare se tale pronuncia rientri o meno tra quelle "pronunciate in primo grado", di cui all'art. 339 c.p.c., e debba quindi ritenersi appellabile, cioè soggetta ad una impugnazione di per sè incompatibile con il ricorso per cassazione, che deve di conseguenza ritenersi precluso. Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, art. 244, comma 2, che ha istituito il giudice unico di primo grado,
prevede che "le funzioni del pretore non espressamente attribuite ad altra autorità sono attribuite al tribunale in composizione monocratica, anche se relative a procedimenti disciplinati dall'art.737 c.p.c. e segg. o nei quali è previsto l'intervento obbligatorio
del pubblico ministero".
In sede di merito, si è posto il problema anzitutto se la modifica di cui al citato D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 73 sul "giudice dell'appello", di cui all'art. 341 c.c., abbia inciso anche in rapporto ai reclami contro i decreti del g.t..
Le funzioni di quest'ultimo, di cui all'art. 344 c.c., sono state infatti attribuite al tribunale in composizione monocratica, che le esercita di regola in Camera di consiglio e in sede di giurisdizione volontaria, ai sensi dell'art. 737 c.p.c. e segg., con l'intervento del P.M., provvedendo, sulle richieste dei tutori o degli altri interessati, con decreto, ai sensi dell'art. 43 disp. att. c.c.. L'art. 739 c.p.c., nell'ambito delle Disposizioni comuni ai procedimenti in Camera di consiglio, precisa che "contro i decreti del giudice tutelare si può proporre reclamo con ricorso al tribunale;che pronunzia in Camera di consiglio";l'art. 45 disp. att. c.c. prevede, però, che la competenza a decidere sui reclami
avverso i decreti del giudice tutelare spetta in genere al tribunale per minorenni, attribuendola a quello ordinario solo in casi specifici, tra i quali è quello dell'art. 386 c.c., relativo al decreto che approva o nega l'approvazione del conto finale del tutore. La stessa norma ora citata delle disposizioni di attuazione del codice civile sancisce che, "nell'ipotesi prevista nell'art. 386 c.c., u.c.", cioè "qualora il conto non sia stato presentato o sia
impugnata la decisione del giudice tutelare", il tribunale ordinario decide "in sede contenziosa", cioè "nel contraddittorio degli interessati", come espressamente previsto nel richiamato articolo del codice civile. Le incertezze della giurisprudenza di merito hanno riguardato la competenza del tribunale in composizione collegiale o della Corte d'appello sul reclamo del decreto del medesimo tribunale in composizione monocratica, nell'esercizio delle funzioni di g.t. (così il regolamento facoltativo di competenza, proposto dal P.M. presso il tribunale, dichiarato inammissibile da Cass. 21 luglio 2006 n. 16799).
Prima della istituzione del giudice unico di primo grado, era incontestata l'appellabilità della sentenza del tribunale di cui all'art. 45 disp. att. c.c., u.c. e sul ricorso per la cassazione di una sentenza di Corte d'appello che si era pronunciata sul gravame avverso tale tipo di sentenza in sede contenziosa del tribunale relativa ad un'azione di rendiconto di un tutore si è pronunciata anche questa Corte (Cass. 19 luglio 2000 n. 9470). Nel senso del permanere della competenza del tribunale in composizione collegiale, trattandosi di norma processuale, ha peculiare rilievo la lettera dell'art. 739 c.p.c., in collegamento a quella dell'art. 45 disp. att. c.c. (e quindi può condividersi il principio di diritto già enunciato per il quale "il reclamo contro i provvedimenti del giudice tutelare va proposto al tribunale in composizione collegiale e non alla corte d'appello, in conformità alla regola generale sul reclamo dei provvedimenti cautelari di cui all'art. 669 terdecies c.p.c." (Così Cass. 7 febbraio 2008 n. 2937 e Cass. 10 marzo 2006 n. 5274). Pertanto la impugnazione con reclamo del decreto del giudice monocratico di prima istanza, quale giudice tutelare, in ogni ipotesi di giudizio di rendiconto sulla gestione della tutela, deve decidersi con sentenza dal tribunale in sede contenziosa ai sensi dell'art. 45 disp att. c.c. e in composizione collegiale, ex art. 50 bis c.p.c., inserito del D.Lgs. n. 51 del 1998, art. 56, con l'intervento obbligatorio del P.M., anche se, sulle impugnazione degli altri decreti camerali del tribunale in composizione monocratica, di norma e in base alle regole generali sulle impugnazioni, deve invece pronunciarsi la corte d'appello, a seguito della novella del 1998, come chiarito anche da questa Corte (con la citata Cass. n. 5274/06, cfr. Cass. 16 febbraio 2005 n, 3122, 16 giugno 2004 n. 11308, 26 novembre 2003 n. 18047, tra molte). Sia nell'ipotesi di reclamo ai sensi dell'art. 45 disp att. c.c., u.c., che nel caso in cui il tutore non abbia presentato alcun conto e non vi sia stata quindi nessuna attività di giurisdizione volontaria del g.t., l'azione di rendimento del conto del tutore si esercita dinanzi al Tribunale in sede collegiale, che decide con sentenza di primo grado, da qualificare appellabile e quindi non ricorribile per cassazione.
Il reclamo avverso la decisione del g.t. sul rendiconto del tutore è assimilabile per un verso alle impugnazioni di atti non idonei in alcun caso a divenire giudicato, che introducono cause del tipo di quelle di cui all'art. 50 bis c.p.c., n. 5 e, ancor più, ai reclami che impugnano i provvedimenti emessi;all'esito di procedimenti cautelari, di cui all'art. 669 bis c.p.c. e segg., decisi dallo stesso tribunale in composizione collegiale.
Pur affermandosi correttamente in dottrina che del collegio che decide sul reclamo avverso un provvedimento del tribunale in composizione monocratica non deve far parte il giudice che lo ha emesso, anche quale g.t., in applicazione dei principi generali sulle incompatibilità e dell'art. 669 terdecies c.p.c., comma 2, la fase camerale, come quella cautelare, si conclude anche essa con un provvedimento definitivamente instabile e sempre modificabile e revocabile (art. 742 c.p.c.). L'azione contenziosa introdotta con reclamo al Tribunale, analogamente ad ogni ordinaria azione di rendiconto iniziata con ricorso o citazione, tende a rendere definitivi e irrevocabili gli accertamenti sul rendimento di conto del tutore su cui pronuncia la sentenza, che ha quindi natura decisoria e definitiva, anche in rapporto ai diritti del tutelato e dei suoi aventi causa, e può quindi divenire giudicato in base alle regole generali del c.p.c. sulle impugnazioni, solo in mancanza di esse o all'esito delle stesse. Analogamente a quanto accade in materia societaria (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 17) e in caso di decreto del giudice
delegato, in materia fallimentare (L. Fall., art. 26, come modificato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), anche nel caso, dopo una pronuncia del tribunale in composizione monocratica, a seguito di reclamo degli interessati, il Tribunale decide in primo grado e in composizione collegiale. In quanto la sentenza emessa dal Tribunale di Alessandria oggetto del presente giudizio è, ai sensi dell'art. 339 c.p.c., appellabile, deve in conclusione negarsi la esperibilità contro di essa di ogni altra forma di impugnazione e il ricorso per Cassazione deve dichiararsi inammissibile, nulla disponendo per le spese, non essendosi difeso in questa sede nessuno degli intimati con il ricorso.