Cass. civ., sez. III, sentenza 19/09/2019, n. 23334

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 19/09/2019, n. 23334
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23334
Data del deposito : 19 settembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente Cron.

SENTENZA

Rep. (P, I sul ricorso 19376-2016 proposto da: Ud. 16/05/2019 MANCHISI MARCO VITO ALBERTO, elettivamente Pu domiciliato in ROMA, VIA

LIMA

31, presso lo studio dell'avvocato G T, rappresentato e difeso dall'avvocato M D P;

- ricorrente -

contro

COMUNE CONVERSANO in persona del Sindaco pro tempore G L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE, 44, presso lo studio dell'avvocato A R, rappresentato e difeso dall'avvocato A P;

- controricorrente -

avverso l'ordinanza n. 1879/2016 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 13/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/2019 dal Consigliere Dott. F F;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. T B che ha concluso per il rigetto;
udito l'Avvocato M D P;
udito l'Avvocato A P;RG 19376/2016

SVOLGIMENTO IN FATTO

1. Con ricorso notificato 9 agosto 2016 M V A M ricorre per cassazione sia avverso la sentenza numero 267-2016 del Tribunale di Rutigliano depositata 19 gennaio 2016, sia avverso l'ordinanza di inammissibilità dell'impugnazione emessa ex articolo 348 bis cod.proc.civ. dalla Corte di appello di Bari con provvedimento depositato il 13/7/2016, con le quali è stata respinta la domanda di riconoscimento di un compenso professionale reso dal ricorrente a favore del Comune di Conversano, per mancanza di un incarico formale ricevuto dal Comune, sia la domanda di ingiustificato arricchimento proposta in via residuale ex articolo 2041 cod.civ., in relazione a competenze professionali vantate dal ricorrente nei confronti dell'ente convenuto per l'attività di consulenza tecnico- ingegneristica, svolta in un periodo che va dalla fine del 1997 fino all'estate 1999, in cui il professionista assumeva di avere ricevuto dal sindaco vari incarichi onde consentire la partecipazione dell'ente a vari bandi di concorso che richiedevano la stesura di progetti tecnici. La parte intimata ha resistito con controricorso deducendo l'inammissibilità dei motivi sotto più profili.

2. La sentenza del Tribunale qui impugnata ha escluso che potesse riconoscersi il diritto del professionista a ricevere un compenso sotto il profilo contrattuale per mancanza di prova in ordine al conferimento di un incarico, anche solo informale, da parte della pubblica amministrazione, risultando pacifica la mancanza di incarico formale;
nel merito ha escluso che fosse stata sufficientemente provata, sia tramite la documentazione offerta che tramite la deposizione per testi, la prestazione di opere professionali di apprezzabile rilevanza, sì da ritenere che l'ente si fosse ingiustificatamente arricchito in conseguenza della prestazione professionale resa dal ricorrente.

3. In sede di appello, promosso dallo stesso professionista in relazione al mancato accoglimento della domanda residuale di ingiustificato arricchimento, la Corte d'appello dichiarava in limine inammissibile l'appello ex art. 348 bis cod.proc.civ., ritenendo non sussistente una ragionevole probabilità che esso potesse essere accolto e confermava entrambe le statuizioni del giudice di primo grado, «sia pure attraverso un percorso argomentativo parzialmente diverso». Rilevava in proposito che la relativa pattuizione, per essere valida, avrebbe dovuto assumere la forma scritta ad substantiam, in conformità alla giurisprudenza espressasi sul punto, per poter valere nei confronti della pubblica amministrazione, risultando altrimenti radicalmente nullo il contratto di prestazione d'opera privo del suddetto requisito;
riteneva quindi che l'azione residuale di ingiustificato arricchimento difettasse del requisito della residualità o sussidiarietà di cui all'articolo 2042 cod.civ. (citando in proposito i precedenti di cui a Cass. n. 24860-2015, numero 1391-2014 e numero 12.880-2010), in quanto all'epoca il professionista avrebbe potuto agire direttamente nei confronti dell'amministratore o del funzionario dell'ente locale sulla base della norma applicabile ratione temporis, vale a dire dell'articolo 23, co.

4. D. I. 66/ 89, convertito dalla legge n. 144/89, come riprodotta dall'articolo 35 D.Igs. n. 77 del 1995, senza soluzione di continuità confluita nell'articolo 191 del successivo d. Igs. n.267 del 2000 in tema di nullità assoluta del contratto stipulato dalla pubblica amministrazione privo dei requisiti di forma.

4. Il ricorrente censura con tre motivi sia la statuizione di rigetto nel merito dell'azione di ingiustificato arricchimento contenuta nella sentenza del Tribunale, sia la condanna alle spese processuali nonostante la ritenuta complessità della controversia, sia la statuizione di inammissibilità dell'azione residuale di arricchimento pronunciata dalla Corte d'appello con I' ordinanza di inammissibilità pronunciata con un percorso argomentativo parzialmente diverso a conferma delle statuizioni del giudice di primo grado;
infine censura il provvedimento con cui è stata disposta la condanna alle spese del secondo grado di giudizio.

5. Dopo una preliminare valutazione, in sede di adunanza camerale, delle questioni processuali che si pongono in relazione all' impugnabilità delle ordinanze emesse ex art. 348 bis cod. proc. civ., il procedimento veniva rinviato per la discussione in pubblica udienza, in quanto avente rilievo nomofilattico. Il ricorrente produceva memoria. Il Pubblico Ministero concludeva come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I MOTIVI. Con il primo motivo ex articolo 360, 1 co., n. 3 cod. proc. civ. il ricorrente denuncia che il Tribunale, nel giudizio di primo grado sia incorso in erronea, illegittima e contraddittoria motivazione in ordine al contenuto delle prove orali e dei documenti esibiti in ordine alla natura e alla prova della domanda di arricchimento senza causa della p.a ex articolo 2041 e 2042 cod.civ.. e l'omesso esame di un fatto decisivo in relazione all'articolo 360 numero 5 cod.proc.civ.. Il Comune resistente deduce l'inammissibilità delle deduzioni per violazione del principio di autosufficienza. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l'erronea, contraddittoria e falsa applicazione dell'articolo 91 cod.proc.civ. in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. posto che il giudice di primo grado, dopo aver liquidato le spese a favore della controparte tenendo conto della complessità della causa dell'attività di stima svolta, ha ritenuto di condannare il ricorrente al pagamento delle spese, mentre la complessità della causa avrebbe giustificato l'integrale compensazione delle spese di lite. Il controricorrente deduce l'inammissibilità di tale deduzione, stante la totale soccombenza del ricorrente. Con il terzo motivo il ricorrente, in relazione alla ordinanza ex art. 348 bis cod. proc. civ., denuncia l'erronea e falsa applicazione del principio della residualità dell'azione di arricchimento senza causa e della norma di cui all'articolo 23, comma 4 del decreto legislativo 66 / 1989 convertito in legge 144/1989, in relazione all'articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. Il Comune resistente deduce l'inammissibilità dell'impugnazione dell'ordinanza della Corte territoriale, stante la mancata deduzione di vizi procedurali nell'applicazione dell'art. 348 bis cod.proc. civ.. Deduce altresì l'erroneità della ricostruzione del ricorrente in merito all'avvicendarsi delle norme in tema di azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, rilevando che la motivazione attiene alla valutazione d'inammissibilità dell'appello per motivi collegati alla sua manifesta infondatezza, collegati anche all'applicazione di diversi principi in ordine alla applicazione della corretta normativa, posto che il ricorrente omette di richiamare l'art. 35 d.lvo n. 77/1995, norma che, senza soluzione di continuità, rifluisce nell'art 191, co 4, del d.l.vo n. 267 /2000 (testo unico degli enti locali) che prevede l'azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del pubblico funzionario in caso di mancanza di negozio ad sustantiam con impegno di bilancio con la pubblica amministrazione .

2. Il primo e terzo motivo vanno trattati in ordine logico: la decisione dell'uno o dell'altro, richiede infatti la soluzione di una questione preliminare di tipo processuale che costituisce la ragione per cui la trattazione del presente ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza, rendendosi necessaria una riflessione sullo stato della giurisprudenza in tema di impugnabilità in cassazione dell'ordinanza emessa ex art. 348 bis cod. proc. civ.. 3. Il terzo motivo, logicamente preliminare, va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
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