Cass. pen., sez. I, sentenza 03/03/2023, n. 09186
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Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MACRI' ANTONIO nato a CROTONE il 20/02/1969 avverso l'ordinanza del 21/04/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO A;
lette le conclusioni del PG PIERGIORGIO MOROSINI che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da A M avverso il provvedimento ministeriale di proroga del regime differenziato di cui all'art. 41 bis Ord. Pen. Nel valutare la sussistenza dei presupposti di legge, riferiti alla proroga ed in particolare la capacità di M di mantenere, ove ammesso al regime carcerario ordinario, i collegamenti con l'organizzazione criminale, il Tribunale, valorizzando, in risposta alle doglianze difensive, quanto accertato nelle sentenze in esecuzione e nelle informative inviate dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, ha posto in evidenza: - il ruolo ricoperto per un lungo periodo nell'omonima articolazione di ‘ndrangheta", sottolineando: - il ruolo di vertice svolto da M, per un lungo periodo, nell'ambito del gruppo di 'ndrangheta operante nel quartiere Fondo Gesù di Crotoneed in rapporti di alleanza organica con altre cosche;
- l'attuale vitalità delle compagini associative tra loro federatesi;
- il mantenimento da parte di M di una posizione egemonica nella gestione delle attività estorsive e spaccio di stupefacenti, come dimostrato da recenti accertamenti processuali 2. Avverso l'illustrato decreto, A M ha proposto ricorso per cassazione affidato a due distinti atti di impugnazione, a firma dei difensori di fiducia avv. ti R T e S S, di seguito sintetizzati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. at.t. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo atto denuncia, ai sensi dell'art. 606 lett:. b) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione agli artt. 41 -bis, comma 2, Ord. pene 111, comma 6, Cost.Lamenta l'assenza nella motivazione dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità in ordine alla verifica del pericolo attuale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che costituisce il presupposto normativo della proroga. L'apparato giustificativo, infatti, non contiene alcun riferimento ai quasi quindici anni trascorsi dal condannato in regime differenziato, partecipando attivamente al trattamento penitenziario. Il provvedimento impugnato, anziché fondare la prognosi di perdurante pericolosità su elementi concreti ed individualizzanti, si sarebbe limitato a ribadire, in termini astratti, l'irrilevanza della risalenza nel tempo dei reati commessi da M trascurando del tutto, la mancata sopravvenienza di nuove incriminazioni, il modesto tenore di vita dei suoi familiari, i mutamenti avvenuti all'interno del clan durante la detenzione anche a seguito di numerose operazioni di polizia. Sono state considerate rilevanti perché sintomatiche dalla vitalità del gruppo di apparQrtg del M vicende criminali recenti cui quest'ultimo è, tuttavia, rimasto del tutto estraneo (operazioni Hydra, Old family). Parimenti, sono state valutate condotte ascritte ai familiari di M nei colloqui carcerari pur rimaste prive di effettivo risconto 2 2.2. L'atto a firma dell'avv. Staiano deduce violazione dell'art. 41-bis Ord. pen. in relazione all'art. 125 cod. proc. pen. e all'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.L'ordinanza impugnata, sostiene il ricorrente, è incappata in un evidente errore di diritto ritento il proprio intervento cognitivo assimilabile ad un giudizio di pura legittimità anziché ad un giudizio di merito che impone un rigoroso accertamento in concreto concreto della sussistenza degli elementi di fatto idonei a giustificare la proroga. In quest'ottica, il Tribunale di sorveglianza si è limitato a sviluppare considerazioni generiche ed assertive, del tutto trascurando l'assenza di elementi dimostrativi dell'attuale operatività del gruppo di appartenenza, tali non potendosi considerare quelli desunti dalle operazioni di polizia recenti perché privi di collegamento con la sua persona in palese contrasto coi principi affermanti dalla giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, in tema di giudizio di attualità della pericolosità, necessariamente individualizzante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso propone censure infondate e, pertanto, deve essere rigettato.
1. Preliminarmente va disattesa l'istanza di trattazione orale presentata dall'avv. R T. Posto che il provvedimento impugnato non è una sentenza trova applicazione il modello procedimentale previsto dall'ad, 611, comma 1, cod. proc. pen., che non prevede la celebrazione di udienza alla presenza delle parti 2. Costituisce approdo ormai pacifico nella giurisprudenza costituzionale che il regime differenziato previsto dall'art. 41 -bis, comma 2, Ord. pen. mira a contenere la pericolosità di singoli detenuti, proiettata anche all'esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce, quali strumenti di reinserimento sociale (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 376 del 1997;
ordinanza n. 417 del 2004 e n. 192 del 1998 e più, di recente, sentenze n. 186 del 2018 e 97 del 2020). Con l'applicazione del regime differenziato si intende, quindi, evitare che gli esponenti dell'organizzazione in stato di detenzione, sfruttando il regime penitenziario normale, possano continuare a tenere contatti illeciti e ad impartire • direttive agli affiliati in stato di libertà, e così mantenere, anche dall'interno del carcere, il controllo sulle attività delittuose in seno all'organizzazione stessa (sentenza n. 143 del 2013).
2.
lette le conclusioni del PG PIERGIORGIO MOROSINI che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il decreto in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto il reclamo proposto da A M avverso il provvedimento ministeriale di proroga del regime differenziato di cui all'art. 41 bis Ord. Pen. Nel valutare la sussistenza dei presupposti di legge, riferiti alla proroga ed in particolare la capacità di M di mantenere, ove ammesso al regime carcerario ordinario, i collegamenti con l'organizzazione criminale, il Tribunale, valorizzando, in risposta alle doglianze difensive, quanto accertato nelle sentenze in esecuzione e nelle informative inviate dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, ha posto in evidenza: - il ruolo ricoperto per un lungo periodo nell'omonima articolazione di ‘ndrangheta", sottolineando: - il ruolo di vertice svolto da M, per un lungo periodo, nell'ambito del gruppo di 'ndrangheta operante nel quartiere Fondo Gesù di Crotoneed in rapporti di alleanza organica con altre cosche;
- l'attuale vitalità delle compagini associative tra loro federatesi;
- il mantenimento da parte di M di una posizione egemonica nella gestione delle attività estorsive e spaccio di stupefacenti, come dimostrato da recenti accertamenti processuali 2. Avverso l'illustrato decreto, A M ha proposto ricorso per cassazione affidato a due distinti atti di impugnazione, a firma dei difensori di fiducia avv. ti R T e S S, di seguito sintetizzati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. at.t. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo atto denuncia, ai sensi dell'art. 606 lett:. b) cod. proc. pen., violazione di legge in relazione agli artt. 41 -bis, comma 2, Ord. pene 111, comma 6, Cost.Lamenta l'assenza nella motivazione dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità in ordine alla verifica del pericolo attuale per l'ordine e la sicurezza pubblica, che costituisce il presupposto normativo della proroga. L'apparato giustificativo, infatti, non contiene alcun riferimento ai quasi quindici anni trascorsi dal condannato in regime differenziato, partecipando attivamente al trattamento penitenziario. Il provvedimento impugnato, anziché fondare la prognosi di perdurante pericolosità su elementi concreti ed individualizzanti, si sarebbe limitato a ribadire, in termini astratti, l'irrilevanza della risalenza nel tempo dei reati commessi da M trascurando del tutto, la mancata sopravvenienza di nuove incriminazioni, il modesto tenore di vita dei suoi familiari, i mutamenti avvenuti all'interno del clan durante la detenzione anche a seguito di numerose operazioni di polizia. Sono state considerate rilevanti perché sintomatiche dalla vitalità del gruppo di apparQrtg del M vicende criminali recenti cui quest'ultimo è, tuttavia, rimasto del tutto estraneo (operazioni Hydra, Old family). Parimenti, sono state valutate condotte ascritte ai familiari di M nei colloqui carcerari pur rimaste prive di effettivo risconto 2 2.2. L'atto a firma dell'avv. Staiano deduce violazione dell'art. 41-bis Ord. pen. in relazione all'art. 125 cod. proc. pen. e all'art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.L'ordinanza impugnata, sostiene il ricorrente, è incappata in un evidente errore di diritto ritento il proprio intervento cognitivo assimilabile ad un giudizio di pura legittimità anziché ad un giudizio di merito che impone un rigoroso accertamento in concreto concreto della sussistenza degli elementi di fatto idonei a giustificare la proroga. In quest'ottica, il Tribunale di sorveglianza si è limitato a sviluppare considerazioni generiche ed assertive, del tutto trascurando l'assenza di elementi dimostrativi dell'attuale operatività del gruppo di appartenenza, tali non potendosi considerare quelli desunti dalle operazioni di polizia recenti perché privi di collegamento con la sua persona in palese contrasto coi principi affermanti dalla giurisprudenza, costituzionale e di legittimità, in tema di giudizio di attualità della pericolosità, necessariamente individualizzante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso propone censure infondate e, pertanto, deve essere rigettato.
1. Preliminarmente va disattesa l'istanza di trattazione orale presentata dall'avv. R T. Posto che il provvedimento impugnato non è una sentenza trova applicazione il modello procedimentale previsto dall'ad, 611, comma 1, cod. proc. pen., che non prevede la celebrazione di udienza alla presenza delle parti 2. Costituisce approdo ormai pacifico nella giurisprudenza costituzionale che il regime differenziato previsto dall'art. 41 -bis, comma 2, Ord. pen. mira a contenere la pericolosità di singoli detenuti, proiettata anche all'esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà: collegamenti che potrebbero realizzarsi attraverso i contatti con il mondo esterno che lo stesso ordinamento penitenziario normalmente favorisce, quali strumenti di reinserimento sociale (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 376 del 1997;
ordinanza n. 417 del 2004 e n. 192 del 1998 e più, di recente, sentenze n. 186 del 2018 e 97 del 2020). Con l'applicazione del regime differenziato si intende, quindi, evitare che gli esponenti dell'organizzazione in stato di detenzione, sfruttando il regime penitenziario normale, possano continuare a tenere contatti illeciti e ad impartire • direttive agli affiliati in stato di libertà, e così mantenere, anche dall'interno del carcere, il controllo sulle attività delittuose in seno all'organizzazione stessa (sentenza n. 143 del 2013).
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