Cass. civ., sez. II, ordinanza 28/04/2022, n. 13266

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Massime1

Il delitto di abbandono di minore o di persona incapace (art. 591 c.p.), anche nella sua forma aggravata dall'evento morte (art. 591, comma 3, c.p.), non può a priori farsi rientrare fra le ipotesi di indegnità a succedere previste dall'art. 463, n. 2, c.c., atteso che la legge penale non dichiara applicabili, a tale fattispecie criminosa, le disposizioni sull'omicidio; nondimeno, qualora l'abbandono sia stato realizzato con la volontà di cagionare la morte del soggetto passivo del reato, ovvero il soggetto agente si sia rappresentato tale evento come probabile o possibile conseguenza della propria condotta, accettando il rischio implicito della sua verificazione, il fatto può farsi rientrare nelle ipotesi previste dall'art. 463, n. 1, c.c..

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, ordinanza 28/04/2022, n. 13266
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13266
Data del deposito : 28 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

13266-22 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SUCCESSIONI LI MANNA - Presidente - GIUSEPPE TEDESCO Rel. Consigliere - MAURO CRISCUOLO - Consigliere - Ud. 19/01/2022 - CC GIUSEPPE DONGIACOMO - Consigliere - R.G.N. 1130/2017 CHIARA BESSO MARCHEIS - Consigliere - Rep. el ha pronunciato la seguente Can 13266 ORDINANZA sul ricorso 1130-2017 proposto da: BA PO CA LI, rappresentato e difeso dagli avvocati. Francesco De Luca, Giuseppe Pandolfo;

- ricorrente -

contro

IA CE, IA CO OM, elettivamente domiciliati in Roma, via F. Civinini 85, presso lo studio dell'avvocato EN Mariani, rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Antonietta La Monica, Bruno Ganino;
ricorrenti incidentali - - controricorrenti AS CR ON HE;
- intimato avverso la sentenza n. 885/2016 della Corte d'appello di Catanzaro, depositata il 30/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/01/2022 dal consigliere Giuseppe Tedesco. 89/22 FATTI DI CAUSA La presente causa riguarda la duplice successione di AR HE e AR IU, i cui successibili ex lege sono i nipoti AS CR CA CE, AS CR ON HE, GL IN e GL ON EN. La causa è stata promossa da GL ON EN, che ha chiamato in giudizio gli altri nipoti. Fu richiesto in particolare di dichiarare l'indegnità a succedere del nipote AS CR CA CE, designato erede nei testamenti olografi della de cuius rispetto ai quali l'attore aveva dedotto l'invalidità per incapacità dei testatori e l'apocrifia. Il giudice di primo grado, con ordinanza del 2 ottobre 2012, «[...] rilevato che quanto alla domanda di indegnità a succedere a AR IN IU e per essa soltanto la causa può essere decisa senza ulteriore istruzione e che la sua sollecita definizione è di apprezzabile interesse per le parti che ne hanno fatto richiesta perché da questa discenderebbe poi il diritto alla petizione di eredità e di divisione del compendio ereditario in caso di accoglimento o la necessità di istruire il procedimento per accertare l'autenticità del testamento olografo o la capacità di intendere e volere al momento della redazione in caso di rigetto». Con sentenza non definitiva, oggetto di appello immediato, il Tribunale ha dichiarato l'indegnità di AS CR CA CE rispetto alla successione di AR IN;
in particolare, il primo giudice riteneva che il comportamento tenuto dal AS CR CA CE, il quale aveva di fatto abbandonato l'anziana zia e impedito, essendo l'unico detentore delle chiavi di abitazione della stessa, che se ne potessero occupare gli altri nipoti, in quanto inquadrabile «nell'ambito del reato di cui agli artt. 56, 591, ultimo comma del codice penale ovvero per un reato che abbia determinato, per una condotta volontaria posta یر ی Ric. 2017 n. 01130 sez. S2 - ud. 19-01-2022 -2- in essere dall'agente, un concreto pericolo di vita per il de cuius [...]», fosse conseguentemente sanzionabile ai sensi dell'art. 463, n. 2, c.c., con la declaratoria di indegnità a succedere alla congiunta. Il primo giudice osservava che «rimangono quindi assorbite e non debbono essere prese in considerazione in questa sede tutte le altre questioni compresa quella relativa alla declaratoria di indegnità ai sensi dell'art. 463 n. 4 e n. 6 che debbono ritenersi per ordine di gravità indicato dallo stesso legislatore subordinate>>. La sentenza è stata oggetto di appello immediato da parte di AS CR CA CE, che è stato accolto dalla Corte d'appello di Catanzaro, la quale ha escluso che fosse configurabile nella specie la sussistenza della causa di indegnità riconosciuta dal primo giudice, in assenza di una condotta cui la legge dichiari applicabile le disposizioni relative all'omicidio. Secondo la Corte d'appello [...] «ovviamente, l'accoglimento del presente motivo di appello e, conseguentemente, l'accertata insussistenza, nel caso di specie, della causa di indegnità a succedere prevista dall'art. 463 n. 2 c.c., lascia impregiudicata la questione concernente l'eventuale sussistenza di ulteriori cause di indegnità a succedere, sussumibili nelle previsioni di cui agli artt. 463 n. 4 e 6, questione che il giudice di primo grado ha ritenuto erroneamente assorbite dal tenore della decisione, ma sulle quali, invece, giammai avrebbe potuto pronunciarsi richiedendosi in via pregiudiziale specifici accertamenti concernenti l'autenticità del testamento e, in subordine, la sussistenza della capacità di testare della de cuius al momento della redazione del testamento, valutazioni di particolare complessità da demandarsi al giudice di prime cure presso cui prosegue l'istruttoria del presente giudizio». Per la cassazione della sentenza AS CR CA CE ha proposto ricorso, affidato a due motivi. gt Ric. 2017 n. 01130 sez. S2 - ud. 19-01-2022 -3- GL ON EN e GL IN hanno resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. AS CR CA CE ha depositato controricorso al ricorso incidentale. Le parti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 346 c.p.c. La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la Corte d'appello ha ritenuto cha la decisione assunta, lasciasse «impregiudicata la questione concernente l'eventuale sussistenza di ulteriori cause di indegnità a succedere, sussumibili nelle previsioni di cui agli artt. 463 nn. 4 e 6, questione che il giudice di primo grado ha ritenuto erroneamente assorbite dal tenore della decisione, ma sulle quali, invece giammai avrebbe potuto pronunciarsi richiedendosi in via pregiudiziale specifici accertamenti concernenti l'autenticità del testamento e, in subordine, la sussistenza della capacità di testare della de cuius al momento della redazione del testamento, valutazioni di particolare complessità da demandarsi al giudice di prime cure presso cui prosegue l'istruttoria del presente giudizio». Si sostiene che la Corte d'appello non ha tenuto conto che le questioni, riguardanti le altre cause di indegnità, che il primo giudice aveva ritenuto assorbite, non furono riproposte nel giudizio d'appello. Esse, quindi, dovevano intendersi rinunciate ai sensi dell'art. 346 c.p.c. Il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., nella quale il giudice d'appello era incorso laddove ha riconosciuto che il primo giudice male avrebbe fatto a ritenere assorbite le questioni sull'autenticità del testamento o sulla capacità della testatrice. Si fa notare Ric. 2017 n. 01130 sez. S2 - ud. 19-01-2022 -4- che l'erroneo assorbimento non aveva costituito oggetto di censura, né con appello principale, né con appello incidentale.

2. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito indicati. Viene in considerazione il principio secondo cui il giudice dell'appello, poiché è investito della piena cognizione di tutte le domande ed eccezioni ritualmente devolutegli, comprese quelle non esaminate dal giudice di primo grado per asserito assorbimento conseguente all'accoglimento di altre domande ed eccezioni, deve eliminare siffatta omissione egli stesso decidendo sul merito, senza rimettere la causa al primo giudice (Cass. n. 5785/1984;
n. 15373/2000). In tale caso, non si verifica violazione del principio del doppio grado di giurisdizione, il quale non comporta che una determinata questione sia decisa due volte da giudici diversi ma che essa sia sottoposta all'esame successivo di due giudici, uno di primo grado e l'altro di appello (Cass. n. 1162/1978). Nello stesso tempo si deve considerare la regola, consolidata nella giurisprudenza della Corte, secondo cui la parte

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