Cass. civ., sez. I, sentenza 16/07/2004, n. 13171

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Il decreto che pronunzia l'adozione di persone di maggiore età (art. 314, c.c.) è costitutivo dell'adozione, produce effetti direttamente incidenti sullo 'status' dell'adottato ed è connotato dalla stabilità, comprovata dalla circostanza della previsione della sua revocabilità soltanto in casi tassativi e specifici (artt. 305-309, cod.civ.), in conseguenza di fatti sopravvenuti e con efficacia 'ex tunc'; pertanto, poiché siffatto decreto ha natura di provvedimento decisorio e definitivo, i vizi sia processuali sia sostanziali che, eventualmente, lo inficiano e ne determinano la nullità si convertono in motivi di impugnazione e possono essere fatti valere esclusivamente con il mezzo di impugnazione previsto dall'ordinamento, con la conseguenza che la decadenza dall'impugnazione comporta che gli stessi, in applicazione del principio stabilito dall'art. 161, cod. proc. civ., non possono essere più dedotti, neppure con la 'actio nullitatis', esperibile nei limitati casi in cui una pronuncia sia stata emessa in assoluta carenza di potere giurisdizionale, in riferimento ad un provvedimento che si configura come abnorme (In applicazione del succitato principio di diritto, la S.C. ha confermato il decreto impugnato -concernente una fattispecie alla quale 'ratione temporis' non era applicabile la nuova disciplina dell'adozione introdotta dalla legge n. 149 del 2001- che aveva escluso l'ammissibilità della 'actio nullitatis' avverso il decreto che aveva pronunciato l'adozione di due persone coniugate, in quanto l'esistenza di un impedimento di legge all'adozione configura un vizio che avrebbe dovuto essere fatto valere con l'impugnazione, nei termini a detto fine stabiliti).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 16/07/2004, n. 13171
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13171
Data del deposito : 16 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C A - Presidente -
Dott. L M G - rel. Consigliere -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZYWOCKA AGNIESZKA WIOLETTA, in proprio e nella sua qualità di rappresentante legale della figlia minore M S, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 157, presso l'avvocato E D C, rappresentata e difesa dall'avvocato V T, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro
S H J, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso l'avvocato P P, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato S P, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TORINO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 1036/01 della Corte d'Appello di TORINO, depositata il 01/08/01;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/06/2004 dal Consigliere Dott. M G L;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M A che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 21 maggio 1998 Agnieszka Wioletta Zywocka, in proprio e quale rappresentante della figlia minore Milena Santysiak, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Saluzzo Henryk Josef Santysiak per sentir dichiarare la nullità del decreto emesso dallo stesso Tribunale il 30 settembre - 15 novembre 1988, con il quale era stata pronunciata l'adozione della medesima attrice e del convenuto, all'epoca coniugati, da parte di Mirella Garelli, per violazione della norma di ordine pubblico che vieta l'adozione di persone legate tra loro dal vincolo del matrimonio. Il Santysiak, costituitosi, chiedeva che la domanda fosse dichiarata inammissibile, in quanto preclusa dalla mancata impugnazione del decreto di adozione. Eccepiva inoltre la sua infondatezza nel merito, osservando che essa appariva strumentalmente preordinata alla sua esclusione dalla eredità della Garelli, deceduta il 12 novembre 1997, e rilevava che tra le parti era intervenuta sentenza di scioglimento del matrimonio.
Con sentenza del 6-25 luglio 2000 il Tribunale dichiarava l'inammissibilità della domanda.
Proposto appello dalla Zywocka, con sentenza del 29 giugno-1^ agosto 2001 la Corte di Appello di Torino rigettava l'impugnazione, - osservando in motivazione che correttamente il primo giudice aveva ritenuto l'inammissibilità della domanda, atteso che il decreto di adozione costituisce provvedimento di natura decisoria, in quanto incidente sullo status dell'adottato, ed è quindi soggetto al principio di conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione. E pertanto, in difetto di tempestiva impugnazione, il provvedimento in oggetto non era più suscettibile di accertamento di nullità con separata azione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Zywocka deducendo tre motivi. Resiste con controricorso il Santysiak. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunciando insufficienza, omissione e contraddittorietà di motivazione, si deduce che la sentenza impugnata si è limitata a ribadire le argomentazioni svolte dal primo giudice circa l'inammissibilità dell'azione proposta, senza nulla aggiungere, ed in particolare senza prendere in esame le doglianze esposte dalla Zywocka nell'atto di appello e senza dare atto della realtà processuale evidenziata e dei vari riferimenti dottrinali e giurisprudenziali svolti.
La censura è inammissibile, in quanto diretta a prospettare un difetto di motivazione in relazione ad una questione processuale. Ed invero in tale materia non sono deducibili carenze motivazionali, atteso che è compito della Corte di legittimità accertare la sussistenza del denunziato vizio processuale attraverso l'esame diretto degli atti, indipendentemente dalla esistenza o sufficienza o logicità della motivazione adottata dal giudice di merito sul punto (v. per tutte Cass. 1999 n. 2251). Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si deduce l'errore della sentenza impugnata per aver va ritenuto applicabile al provvedimento reso ai sensi dell'art. 313 c.c. il principio secondo il quale tutti i motivi di nullità si
convertono in motivi di gravame. Si rileva al riguardo, con riferimento al rito, che il provvedimento in discorso assume la forma del decreto camerale e non è pertanto suscettibile di giudicato;
si osserva altresì, in relazione alla natura, che esso è privo dei caratteri della decisorietà e definitività, e quindi non è soggetto al principio dell'assorbimento dei motivi di nullità in motivi di gravame, con la conseguenza che deve ritenersi esperibile in ogni tempo l'azione di nullità per vizi del provvedimento stesso o del procedimento.
Si sostiene ancora che gli effetti di un provvedimento non soccorrono al fine di individuarne la natura, ma possono soltanto costituire un indice di riferimento per la sua qualificazione;
che la partecipazione del pubblico ministero al giudizio non vale a configurare il procedimento come contenzioso, limitandosi il pubblico ministero a svolgere una funzione di controllo sull'esistenza dei

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