Cass. civ., sez. V trib., sentenza 30/12/2019, n. 34584
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Testo completo
Dall'esposizione in fatto della sentenza censurata e dagli atti di causa si evince che: (OMISSIS) società consortile s.r.l. aveva presentato una richiesta di rimborso del credito Iva in relazione all'esecuzione di lavori di potenziamento delle opere marittime per la messa in sicurezza del porto di (OMISSIS);
il credito Iva derivava dal fatto che, essendo i servizi prestati nei porti esenti Iva, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 6), anche le fatture relative al ribaltamento dei costi dalla società consortile alle società consorziate erano state emesse in regime di non imponibilità dell'Iva;
l'Agenzia delle entrate aveva emesso un provvedimento di diniego del rimborso per mancanza dei presupposti, avverso il quale la società contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Trapani che lo aveva accolto;
avverso la pronuncia del giudice di primo grado l'Agenzia delle entrate aveva proposto appello.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia ha rigettato l'appello, in particolare ha ritenuto che la previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 6), subordina l'applicabilità del regime di favore in materia d'Iva unicamente alla destinazione della prestazione;
l'affermazione secondo cui il suddetto regime di favore non competerebbe alla società consortile costituita per l'esecuzione dell'appalto aggiudicato al raggruppamento di imprese non trovava fondamento logico e giuridico, sicchè, venendo in considerazione solo il contratto di società, che regola i diritti ed i doveri della società nei confronti delle imprese socie, non sussisteva alcuna ragione per escludere che la società consortile potesse essere assoggettata ad un regime fiscale diverso da quello applicabile alle imprese socie, tenuto conto del fatto che, in materia di esecuzione di appalti di opere pubbliche, la società consortile, attesa la sua funzione meramente strumentale in favore dei consorziati, non assume la posizione di appaltatore, ma è una mera struttura operativa al servizio delle imprese che ne fanno parte, sicchè i costi sostenuti dalla società consortile, poi ribaltati sulle consorziate, costituiscono costi propri di queste, sostenute per mezzo della società consortile, sicchè, nei confronti del fisco, le operazioni di quest'ultima erano da considerarsi proprie delle consociate.
Avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello l'Agenzia delle entrate affidato a un unico motivo di censura.
Si è costituito il fallimento della (OMISSIS) società consortile a responsabilità limitata depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 9, comma 1, n. 6), in quanto il regime agevolativo della suddetta previsione non può essere esteso anche alla società consortile che abbia operato con mandato senza rappresentanza, in quanto il subentro della stessa alle imprese appaltatrici nel contratto di appalto configura un autonomo rapporto giuridico, distinto da quello posto in essere tra l'ente appaltante e le imprese appaltatrici, le quali soltanto, quindi, possono avvalersi del regime di favore in esame, mentre la società consortile, in questo caso, opera come autonomo centro di imputazione al momento in cui procede al ribaltamento dei costi.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha affermato, il principio secondo cui "una società consortile costituita nelle forme di società di capitale per l'esecuzione di un appalto di opere pubbliche, ai sensi della L. 8 agosto 1977, n. 584, e succ. mod., art. 23 bis, non assume la posizione di appaltatore, che resta puntualizzata sulle imprese socie riunite, ma il più modesto rilievo di una struttura operativa al servizio di tali imprese, con la conseguenza