Cass. pen., sez. VI, sentenza 29/04/2021, n. 16465

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 29/04/2021, n. 16465
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16465
Data del deposito : 29 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M S, nato il 23/01/1960 a Sassari avverso la sentenza del 28/11/2019 della Corte d'appello di Cagliari. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M S G;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale C A, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione per gli episodi commessi fino al 24/11/2008 e il rigetto nel resto del ricorso con conseguente rideterminazione della pena;
udito il difensore dell'imputato, Avv. A G, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 aprile 2018 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Cagliari, all'esito di giudizio abbreviato, dichiarava S M colpevole del reato di peculato continuato (dal 13 giugno 2006 al 22 dicembre 2009), previsto dagli artt. 81 cpv. e 314 cod. pen., perché, nella qualità di consigliere del gruppo UDC costituito in seno all'Assemblea della Regione Sardegna e di tesoriere del medesimo gruppo dal 23 marzo 2009 al 18 gennaio 2010, s'era appropriato delle somme di denaro erogate dal Consiglio regionale come contributo per il funzionamento del gruppo di appartenenza, per complessivi euro 168.552,00 di cui euro 78.552,00 tramite assegni e bonifici tratti dal conto corrente del gruppo da luglio 2006 a febbraio 2009 ed euro 90.000,00 prelevati in contanti dal medesimo conto da luglio a dicembre 2009, indebitamente utilizzando tali somme per finalità estranee alle previsioni normative.

2. La Corte d'appello di Cagliari, pur confermando la responsabilità dell'imputato, dichiarava non doversi procedere per nove episodi commessi fino al 7 marzo 2007 perché estinti per prescrizione, rideterminando la pena in anni 1 mesi 11 e giorni 6 di reclusione (p.b. anni 3 per il più grave episodio del 30 luglio 2009, ridotta ad anni 2 per le attenuanti generiche, aumentata di mesi 10 e gg. 25 per la continuazione, nella misura di gg. 5 per ciascuno dei 19 episodi residui della XIII legislatura, e di mesi 7 e gg. 20 per i prelievi in contanti del 2009, infine diminuita di un terzo per il rito). L'enunciato di accusa, confermato nei giudizi di merito, assume che la destinazione effettiva delle somme percepite da M sarebbe stata incompatibile con quanto dichiarato in sede di rendiconto annuale, cioè inconferente rispetto alla attività politica e istituzionale del gruppo di appartenenza. Non risultava documentato che i contributi destinati al gruppo consiliare UDC fossero stati utilizzati per l'organizzazione, l'attività, gli studi, le consulenze e gli aggiornamenti, gli eventi e incontri conviviali, i viaggi e le missioni riferibili agli interessi del medesimo gruppo, al soddisfacimento dei quali era esclusivamente mirata l'erogazione. M aveva in realtà destinato larga parte di quelle somme alla promozione dell'attività individuale, al rafforzamento del suo prestigio politico nella circoscrizione di Sassari, territorio elettorale di riferimento, con un ufficio politico gestito a tal fine dal collaboratore D, ritenuto un semplice "portaborse", non incaricato del raccordo con gli altri uffici del gruppo e da lui direttamente retribuito. I Giudici del merito hanno escluso che tali spese - come pure quelle inerenti all'uso della propria autovettura per trasferte e viaggi di tipo politico o quelle consegnate per rimborso forfettario pro quota ai singoli consiglieri del gruppo - fossero giustificate o potessero qualificarsi "di rappresentanza", in assenza di un collegamento funzionale di tali spese con gli interessi del gruppo di appartenenza e di una puntuale e coeva documentazione contabile, a riscontro delle deposizioni a discarico dei testi Rais, V, Pigliaru e Ancilotti. D'altra parte, anche a voler accreditare le generiche giustificazioni di spesa fornite dall'imputato, resterebbe privo di giustificazione contabile il consistente importo di euro 30.149,83. A prescindere da un obbligo normativo di rendiconto, sussisteva un obbligo costituzionale di giustificazione delle spese, quale indicazione puntuale e coeva della destinazione nell'ambito delle finalità connesse alle specifiche competenze, integrando il reato di peculato l'utilizzo di denaro pubblico di cui non venga data giustificazione certa, nel rispetto delle norme generali della contabilità pubblica o di quelle derogative previste dalla legge nella singola fattispecie. Sicché, l'eventuale esistenza di una pur diffusa prassi illegittima non esimeva affatto M dal corretto utilizzo delle risorse percepite. L'incensuratezza e la parziale restituzione dell'indebito consentivano tuttavia il riconoscimento delle attenuanti generiche.

3. Il difensore dell'imputato, premesso che era stata prodotta documentazione giustificativa delle spese per euro 131.207,17 e che la residua somma di euro 37.349,73 era stata restituita al Consiglio regionale in data 15 novembre 2017, proponeva ricorso avverso la suindicata decisione per i seguenti profili. Con il primo e il secondo motivo, si denunzia la violazione di legge e il vizio di motivazione quanto al giudizio di colpevolezza per il delitto di peculato, in relazione alla individuazione e all'erronea interpretazione della norma extrapenale integratrice del precetto penale, circa la disciplina dettata per lo speciale contributo riservato ai gruppi consiliari della Regione Sardegna, nonché con riferimento all'erronea inversione dell'onere probatorio e al travisamento delle prove. Si è ritenuta automaticamente sussistente la condotta appropriativa sia in caso di mancato o incompleto rinvenimento a distanza di anni di giustificativi di spesa, sia in presenza di giustificativi generici ("muti") di spese per ogni attività che è stata giudicata inadeguata o non strettamente funzionale alle attività politiche, di propaganda e rappresentanza del gruppo consiliare, pur non essendone stata dimostrata dall'accusa l'illecita destinazione. Si è negata la finalità istituzionale di spese effettuate e considerate viceversa legittime e rimborsabili dagli organi regionali di controllo (Collegio dei Questori e Ufficio di Presidenza, che avevano approvato il rendiconto), ai quali non occorreva allegare alcun documento giustificativo, ad una serie di costi niente affatto singolari ma che inerivano viceversa a tale finalità: quelli per il funzionamento dell'ufficio politico di Sassari, per la retribuzione del collaboratore esterno D (il quale aveva supportato il gruppo UDC anche negli anni 2011-2012 dopo la fuoruscita di M), per gli spostamenti e i viaggi fuori sede, per eventi politici e relativi incontri conviviali, per i contributi ad associazioni culturali, per il rimborso delle spese sostenute dai singoli componenti del Gruppo. Con il terzo motivo si censura l'illogicità e l'apparenza della motivazione quanto all'asserita assenza di coeva produzione dei giustificativi di spesa, avendo la Corte travisato il contenuto delle dichiarazioni dei testi V, già dipendente del Consiglio regionale, e Capelli, già consigliere regionale, i quali avevano invece confermato l'esistenza di documentazione giustificativa delle spese per ogni consigliere del gruppo, raccolte dall'amministratore del gruppo in cartelline nominative. Con il quarto motivo si deduce l'omessa o apparente motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato, con riguardo alla portata delle prescrizioni della normativa nazionale e regionale vigente all'epoca dei fatti, cui il ricorrente si sarebbe uniformato, e agli opposti esiti archiviativi o assolutori, per insussistenza del dolo del peculato, cui s'era pervenuto nei confronti di numerosi altri Consiglieri regionali che avevano seguito la medesima prassi per tipologie di spesa e rimborsi. Con il quinto motivo si denunzia il vizio di motivazione circa il trattamento sanzionatorio con riferimento all'aumento di pena fissato oltre il minimo di un giorno per ciascun episodio in continuazione. Con successiva memoria il difensore dell'imputato ribadisce la censura di indebita inversione dell'onere probatorio in punto di interversione del possesso nel reato di peculato, con particolare riguardo all'analisi delle giustificazioni per le singole tipologie di spesa oggetto di rimborso. Fra esse: le spese di viaggio;
le spese per eventi e incontri conviviali;
le spese per il funzionamento dell'ufficio politico di Sassari;
le retribuzioni per la collaborazione esterna di D, che era proseguita a favore del gruppo anche dopo la fuoruscita di M;
le somme consegnate pro quota ai consiglieri del gruppo, registrate dall'amministratore secondo la testimonianza V. La documentazione faticosamente recuperata a distanza di anni e fornita dalla difesa, copiosa anche se non esaustiva (rispetto ai contestati euro 168.552,00 mancano giustificativi per soli euro 37.349,73), comprovava per tali spese la destinazione istituzionale all'assolvimento di impegni politici all'interno del Gruppo di appartenenza, che, siccome ritenute pertinenti e , rimborsabili, avevano sempre superato il vaglio amministrativo-contabile di congruità da parte dei competenti organi regionali. In via subordinata, infine, il difensore chiede dichiararsi l'estinzione del reato per gli episodi in relazione ai quali è intervenuta la prescrizione in epoca successiva alla sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

2. Vanno preliminarmente, seppure sinteticamente, rimarcati i più recenti approdi giurisprudenziali in tema di natura giuridica dei gruppi consiliari e di vincolo di destinazione delle somme ad essi erogate, rilevanti ai fini della corretta definizione delle finalità per le quali è lecito fare uso delle somme messe a disposizione dei gruppi consiliari da parte del Consiglio regionale della Regione Sardegna. Secondo la Corte costituzionale (sentenze n. 1130 del 1988;
n. 187 del 1990;
n. 39 del 2014;
n. 107 del 2015) i gruppi consiliari sono organi del Consiglio regionale al cui interno esprimono i partiti o le correnti che hanno presentato liste di candidati e ogni consigliere deve essere messo in condizione di concorrere all'espletamento delle molteplici e complesse funzioni attribuite al Consiglio regionale, contribuendo così al funzionamento dell'attività assembleare mediante l'elaborazione di proposte e realizzando, nel confronto dialettico fra le diverse posizioni politiche e programmatiche, quel pluralismo che costituisce uno dei requisiti essenziali della vita democratica. Sicché risulta valorizzata la connotazione pubblicistica delle funzioni svolte dai gruppi, definiti organi del Consiglio e proiezioni dei partiti politici nell'assemblea regionale, ma anche uffici necessari e strumentali alla formazione degli organi interni del Consiglio, in quanto funzionalmente inerenti all'istituzione regionale. Si tratta di principi recepiti dal Consiglio di Stato (sentenza n. 8145 del 2010) e dalla giurisprudenza elaborata dalle Sezioni Unite civili (n. 23257/2014;
nn. 8077 e 8622/2015;
n. 6895/2016;
n. 21927/2018;
n. 32618/2018;
nn. 1034 e 1035/2019), riguardo alla gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei Consigli regionali ed alla ritenuta giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla responsabilità erariale del componente del gruppo, autore di "spese di rappresentanza" prive di giustificativi. Si è affermato che: a) i contributi pubblici sono erogati ai gruppi consiliari con gli specifici vincoli ad essi impressi dalla legge, dettagliatamente predefiniti con esplicito ed esclusivo asservimento a finalità istituzionali del Consiglio regionale e non a quelle delle associazioni partitiche o, tantomeno, alle esigenze personali di ciascun componente;
b) il presidente del gruppo, nel suo ruolo, partecipa alle modalità progettuali ed attuative della funzione legislativa regionale, nonché alla procedura di controllo del vincolo di destinazione dei contributi erogati al gruppo. In questo contesto assume speciale rilievo la sentenza delle Sez. Un. civili, n. 10772/2019, in cui la Corte ha ulteriormente chiarito che la gestione dei fondi pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità erariale, sia perché a tali gruppi va riconosciuta natura essenzialmente pubblicistica in relazione alla funzione strumentale al funzionamento dell'organo assembleare da essi svolta, sia in ragione dell'origine pubblica delle risorse e della definizione legale del loro scopo. Nell'occasione, le Sezioni unite, richiamando Corte cost. n. 235 del 2015, hanno precisato i profili rilevanti, e cioè: 1) un collegamento teleologico tra spese e finalità di preminente interesse pubblico da verificare in termini di congruità;
2) una verifica che non attiene al merito delle scelte ovvero all'attività politica, ma alla conformità alla legge dell'azione amministrativa, in cui l'astratta riconducibilità delle spese a determinate categorie, pur teoricamente previste, non esclude che le stesse siano non inerenti rispetto all'attività del gruppo;
3) una verifica che si realizza anche attraverso il parametro di ragionevolezza, in relazione all'entità, alla proporzionalità, alla effettività delle spese, alla veridicità della relativa documentazione e che può condurre alla manifesta difformità della spesa rispetto al perseguimento delle finalità sottese al funzionamento dei gruppi consiliari. Un denaro, quello attribuito ai gruppi, pubblico, gestito da pubblici ufficiali, funzionalmente vincolato nel senso indicato, perché il gruppo non è un'appendice del partito politico a cui appartiene il singolo consigliere. Il tema, decisivo rispetto ai fatti oggetto del processo, attiene dunque al se e in che limiti l'attività del singolo consigliere componente di un gruppo consiliare, esterna rispetto alla diretta partecipazione ai lavori dell'assemblea regionale, debba essere scandita da nessi di collegamento funzionale con la vita e le esigenze del gruppo, nel senso indicato dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza richiamata. La questione è quella di definire la portata del vincolo di destinazione impresso ai contributi erogati dall'ente al gruppo e, quindi, i limiti entro cui di quei contributi è possibile fare uso legittimo da parte del singolo consigliere. Limiti in relazione ai quali divenga possibile tracciare, con criteri compatibili con il principio di determinatezza delle condotte penalmente rilevanti, la pertinenzialità e la congruità dell'avvenuto impiego dei contributi da parte del gruppo (e per esso del suo presidente e dei singoli consiglieri) con riguardo agli scopi e agli obiettivi che di essi contributi costituiscono causa.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi