Cass. civ., sez. VI, ordinanza 25/03/2021, n. 08465

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 25/03/2021, n. 08465
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08465
Data del deposito : 25 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso 23886-2018 proposto da: PIETROLUCCI CINZIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BREGNANO

9, presso lo studio dell'avvocato C P, rappresentata e difesa dall'avvocato N R;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO , che lo rappresenta e difende, ope legis;
- resistente -

contro

MINISTERO DELL' ISTRUZIONE, DELL' UNIVERSITA' E DELLA RICERCA - UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DEL LAZIO - UFFICIO VI;
- intimato- avverso la sentenza n. 515/2018 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 14/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell' 11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. A D;
Rilevato che con sentenza pubblicata in 14/2/2018, la Corte d'appello di Roma ha accolto l'appello proposto dal Ministero della Istruzione, Università e Ricerca, nonché dall'USR per il Lazio e, per l'effetto, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Roma tra l'appellante e C P, ha rigettato la domanda proposta dalla P, avente ad oggetto la conversione dei contratti a tempo determinato in un unico contratto a tempo indeterminato o, in via subordinata, il risarcimento del danno da illegittima reiterazione di contratti a termine intercorsi inter partes, nonché la condanna dell'amministrazione al pagamento degli scatti biennali di anzianità previsti dall'art. 53, comma 3,1. n. 312/1980. A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che la intervenuta stabilizzazione del rapporto di lavoro tra le parti aveva di fatto cancellato il danno da illecita reiterazione dei contratti a tempo determinato, avendo la ricorrente ottenuto il bene della vita per il quale ha agito in giudizio;
ha rigettato altresì la domanda volta ad ottenere gli scatti biennali di anzianità previsti dall'art. 53, comma terzo della L. Ric. 2018 n. 23886 sez. ML - ud. 11-02-2021 -2- n. 312/1980, dal momento che esse erano stati aboliti e persistevano solo per gli insegnanti di religione. Contro la sentenza la P ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da successiva memoria;
il MIUR ha depositato procura al solo fine di partecipare alle eventuale discussione orale della causa.

Considerato che:

1. i primi tre motivi sono tutti formulati sub ipetiae dell'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell'art. 360, n. 5 cod.proc.civ.;

1.1. con il primo, si assume che la Corte di appello non avrebbe esaminato la questione della tempestività del deposito del ricorso in appello del MIUR, nonostante la illeggibilità della data di deposito e della nota di iscrizione a ruolo;

1.2. con il secondo motivo, si assume che la corte d'appello non avrebbe esaminato l'eccezione di inammissibilità dell'impugnazione per il mancato rispetto delle prescrizioni previste negli artt. 342 434 cod.proc.civ.;

1.3. con il terzo, si assume che la Corte d'appello non avrebbe considerato l'acquiescenza tacita prestata dall'amministrazione alla sentenza con il pagamento spontaneo delle somme come riconosciuta dal tribunale, incompatibile con la volontà di impugnare;

1.4. Con il quarto, proposto ai sensi dell'art. 360, n. 3 cod.proc.civ., si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la stabilizzazione ha cancellato l'illecito commesso dall'amministrazione attraverso la reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato;
precisa che l'immissione nei ruoli è avvenuto non attraverso il piano di assunzioni straordinario varato dalla legge n. 107/2015, bensì in forza di 1 ricalcolo dei posti della Legge Letta. Ric. 2018 n. 23886 sez. ML - ud. 11-02-2021 -3- 2. I primi due motivi sono inammissibili. Pur a voler prescindere dall'erroneo riferimento all'ipotesi di cui al n. 5 dell'art. 360 cod.proc.civ. e a voler ricondurre i vizi nell'ipotesi più appropriata, costituita dal n. 4 dell'art. 360 cod.proc.civ. (in tal senso, Cass.7/11/2017, n. 26310), essi sono del tutto privi di autosufficienza. La parte non trascrive né produce né infine indica l'attuale collocazione del ricorso in appello del MIUR sicché non è possibile esaminare sia la questione relativa alla sua tempestività sia la sua redazione nel rispetto delle prescrizioni di cui agli artt. 342 434 cod.proc.civ. In particolare, il ricorrente ha omesso di indicare gli elementi necessari per una verifica della correttezza della decisione della corte territoriale, limitandosi ad una generica quanto vaga denuncia di «non intelligibilità della data del deposito della nota di iscrizione a ruolo»;
l'omessa trascrizione del ricorso in appello impedisce altresì di valutarne la difformità dallo schema legale. Un tale onere di specificità si imponeva alla luce dell'accertamento fattuale compiuto dalla Corte territoriale che ha espressamente ritenuto tempestivo il ricorso (sentenza pubblicata in data 16/12/2014, appello depositato in data 28/5/2015, entro il termine previsto dall'art. 327 cod.proc.civ.) e specifici i motivi di impugnazione, idonei ad evidenziare le critiche mosse alla sentenza. Al riguardo va richiamato il principio consolidato di questa Corte in forza del quale «in tema di ricorso per cassazione, l'esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un "error in procedendo", presuppone l'ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto Ric. 2018 n. 23886 sez. ML - ud. 11-02-2021 -4- svolgimento dell'"iter" processuale senza compiere generali verifiche degli atti.» (Cass. 25/09/2019, n. 23834).
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