Cass. civ., sez. V trib., sentenza 03/06/2003, n. 8846
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E N ZIO /1986 ISTRA REG AI SENSI DEL D.PR DA TE ESEN Y08 846/03 R.G.N. 7591/99 IA R T R E T A M REPUBBLA ITALIANA Ud. 4/12/2002 Cron. 19383 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rep. F SEZIONE TRIBUTARIA Composta dai signori: CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE CAMPIONE CIVILE dott. U R presidente dott. S M consigliereN. 63796 dott. G M cons. relatore dott. G F consigliere consigliere dott. A D B ha pronunciato la seguente: Tributi/Tassa società/ Rimborso Art. 11, legge SENTENZA 23 dicembre 1998, n. 448. sul ricorso proposto da: AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE DELLO STATO, in persona Mance e.c. del Ministro, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi Manco n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende come per legge; - ricorrente - contro GRUPPO FRATI S.p.a.,[già Olimpia Finanziaria S.p.a., già I.C.R. Industrie Cucirini Riunite S.p.a.], in persona del legale G M 1 4425 rappresentante, selettivamente domiciliata in Roma, Via del Tritone n. 91, presso l'avv. Giammaria Camici, unitamente all'avv. Saverio carducci, che la rappresenta e difende in virtù di procura a margine del controricorso; - controricorrente - avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze n. 721/98 del 26 maggio 1998. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 dicembre 2002 dal relatore dott. G M; Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Vincenzo Gambardella, il quale ha concluso per il parziale accoglimento del primo motivo di ricorso con assorbimento degli altri. Svolgimento del processo 1 Con atto tempestivamente notificato, L'Amministrazione delle Finanze dello Stato conveniva in giudizio, innanzi alla Corte d'Appello di Firenze, la S.p.a. "Gruppo Frati", proponendo appello -avverso la sentenza con la quale il 29 gennaio 1997 il Tribunale - di Firenze l'aveva condannata al rimborso della somma di L. 63.000.000, versata dal 1988 al 1992 dalla società appellata per l'iscrizione annuale nel registro delle imprese, in applicazione di Giuseppe Marz 2 : disposizioni contrastanti con la direttiva CEE 17 luglio 1969, n. 335 che, in quanto tali, avrebbero dovuto essere disapplicate. L'Amministrazione censurava la sentenza impugnata, tra l'altro, per non aver rilevato che la domanda di rimborso era stata proposta dalla società dopo l'inutile decorso del termine triennale stabilito a pena di decadenza dall'art. 13, secondo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641. Il gravame era respinto dalla Corte territoriale con sentenza depositata il 20 maggio 1998. p L'Amministrazione finanziaria chiede la cassazione di 1.1 s quest'ultima decisione con due motivi di ricorso. La società intimata resiste. Motivi della decisione Con il primo motivo, l'Amministrazione finanziaria censura la 2 M sentenza impugnata per aver ritenuto tempestiva la domanda avanzata dalla società resistente, muovendo dall'erronea premessa che la decorrenza del termine stabilito a pena di decadenza dall'art. 13, secondo comma, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641, per il rimborso della tassa di concessione governativa versata in applicazione di norme incompatibili con l'art. 10 della direttiva CEE n. 335 del 17 luglio 1969 non possa aver inizio prima del momento in cui detta G M 3 direttiva sia stata correttamente trasposta nel diritto interno dei singoli paesi membri. 2.1 - La censura, così formulata, va riconosciuta fondata. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte deve ritenersi, infatti, che il termine sopra indicato si applichi ad ogni ipotesi di rimborso di pagamenti d'imposta non dovuti (Cass. S.U. 12 aprile 1996, n. 3458;21 giugno 1996, n. 5731;Cass. 12 novembre 1997, n. 11181;10 giugno 1998, n. 5742;27 agosto 1998, n. 8522), in coerenza con un orientamento normativo che, a tutela dell'interesse ad una sollecita definizione dei rapporti tra fisco e contribuente, è diretto ad assoggettare (in linea di massima) tal genere di richieste a brevi termini di decadenza, invece che all'ordinario (e più lungo) termine ordinario di prescrizione previsto per l'azione di ripetizione contemplata dal diritto comune (art. 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602;art. 21, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; art. 29, legge 29 dicembre 1990, n. 428). Ogni dubbio in proposito è stato del resto ormai eliminato dall'art. 11, secondo comma, della legge 23 dicembre 1998, n. 443, con il quale il legislatore ha stabilito espressamente che le società hanno il diritto di ottenere il rimborso, “sempre che abbiano presentato istanza... nei termini previsti" dal citato art. 13, la cui decorrenza è G M fissata a partire "dal giorno del pagamento". La compatibilità di una disciplina siffatta con i principi dell'ordinamento comunitario non può essere revocata in dubbio, posto che il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza triennale che deroga al regime ordinario dell'azione di ripetizione dell'indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole;sempre che, s'intende, detto termine "si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi fondate sul diritto comunitario e a quelle fondate sul diritto interno" (Corte di Giustizia C.E. 15 settembre 1998, in C. 260/96). Né, come si è già posto in evidenza, potrebbe per altro verso dubitarsi della conformità di tale regolamentazione ai principi della nostra Carta costituzionale (Cass. 9 luglio 1999, n. 7176). -3 Il secondo motivo si ricollega all'entrata in vigore, tra la pubblicazione della sentenza impugnata e la notificazione del ricorso, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il cui art. 11, già richiamato, con il quale è stato rideterminato l'ammontare della tassa di concessione governativa dovuta per le iscrizioni nel registro delle imprese ed è stata dettata una specifica disciplina per il G M 5 rimborso delle somme eventualmente versate in eccesso dalle imprese. Con tale mezzo si deduce che, in base alla nuova disciplina: dalle somme versate per l'iscrizione nel registro delle imprese e per il successivo mantenimento di detta iscrizione secondo le disposizioni previgenti, che l'Amministrazione è tenuta a rimborsare perché indebite, debbono essere detratte quelle dovute secondo quanto stabilito dal citato art. 11, legge 448/98; la misura degli interessi sulle somme che l'Amministrazione TE finanziaria è tenuta a rimborsare viene stabilita secondo criteri diversi da quelli fissati, in via generale, dagli artt. 1 e 5, legge 26 gennaio 1961, n. 29. Di qui la richiesta di cassazione, sotto tale duplice profilo, della sentenza impugnata, che non ha tenuto conto della nuova disciplina, essendo stata emanata nel vigore della normativa previgente. -O3.1 Il mezzo è infondato sotto entrambi i profili prospettati. Ed, anzi tutto, per quello che attiene alla determinazione degli interessi sulle somme da restituire perché versate in eccesso rispetto a quelle dovute. G M Invero, il tasso d'interesse stabilito dalla norma denunziata (2,5% annuo) è (sensibilmente) inferiore a quella fissata, in via generale, dall'art. 5, legge 26 gennaio 1961, n. 29 per la restituzione delle somme pagate "per tasse e imposte indirette sugli affari non dovute" che alla data del 1° gennaio 1999, presa in considerazione dall'art. 11 della citata legge 448/98, era del 2,5% "per ogni semestre compiuto". E' stata così prevista, per la restituzione di somme versate in pagamento di tributi incompatibili con il diritto comunitario (e, quindi, non dovute) una disciplina meno favorevole di quella stabilita, in via generale, per la ripetizione dei pagamenti non dovuti da parte del contribuente. Ma, così disponendo, il nostro legislatore si è posto, per altro verso, in contrasto con il diritto comunitario, il quale, come è stato di recente chiarito dalla Corte di Giustizia C.E., proprio in relazione a questa specifica questione, "osta a che uno Stato membro adotti norme che subordinano la restituzione di un tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario a condizioni meno favorevoli di quelle che si applicherebbero, in mancanza di tali norme, alla restituzione del tributo di cui trattasi" (sent. 10 settembre 2002, C-216/99 e C- 222/99). G r 7 Non vi è quindi dubbio che il citato art. 11 sia, per tale parte, inapplicabile, posto che le sentenze con le quali la Corte di giustizia si pronunci in via pregiudiziale sull'interpretazione del Trattato o di un atto adottato da un'istituzione della Comunità hanno valore vincolante per il giudice nazionale (Corte di giustizia 2 febbraio 1998, C.309/85;6 luglio 1995, C.62/93). ་ Un più lungo discorso richiede l'esame dell'altro profilo, 4 ས riguardante la detraibilità, dall'ammontare complessivo delle somme che l'Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare alla società ricorrente in base alle disposizioni previgenti, secondo gli accertamenti effettuati dalla Corte di merito, degli importi dovuti per l'iscrizione nel registro delle imprese dal 1988 al 1992 alla stregua della nuova disciplina. Ma le conclusioni non mutano. -4.1 L'art. 4 della Tariffa allegata al d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641, relativo alla disciplina delle tasse sulle concessioni governative, prevedeva, in origine, il versamento della somma di L. 81.000 per l'iscrizione degli imprenditori nel registro delle imprese. Successivamente l'art. 3 del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853 (convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio 1985, n. 17) elevò notevolmente l'importo del tributo, fissandolo in L. 5.000.000 2 G M 8 per le società per azioni e in accomandita per azioni, in L. 1.000.000 per quelle a responsabilità limitata e in L. 100.000 per quelle di altro tipo. Con la stessa disposizione si stabilì che la tassa era dovuta, oltre che per l'iscrizione iniziale dell'atto costitutivo, anche per ciascun anno solare successivo e, quindi, per il mantenimento di detta iscrizione. La previsione di un tributo annuale, dovuto in ragione dell'iscrizione nel registro delle imprese, apparve però in contrasto con l'art. 10 della direttiva CEE 17 luglio 1969 n. 69/335, secondo cui "oltre all'imposta sui conferimenti, gli Stati membri non applicano, per quanto riguarda le società nessun'altra imposizione, sotto qualsiasi forma per l'immatricolazione o per EL qualsiasi altra formalità preliminare all'esercizio di un'attività, alla quale una società può essere sottoposta in ragione della sua forma giuridica". Si spiega così perché l'imposta annuale, dopo essere stata aumentata fino a L. 15.000.000 per le società per azioni e L. 3.500.000 per quelle a responsabilità limitata (art. 8, D.L. 30 maggio 1988, n. 173) sia stata progressivamente ridotta (da ultimo, art. 10, quarto comma, D.L. 11 luglio 1992, n. 333, che determinò il relativo importo per le società sopraindicate, rispettivamente, in l. Giuseppe 9 4.000.000 e in L. 2.500.000) e, infine, soppressa (art. 61, primo comma, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni nella legge 29 ottobre 1993, n. 427). L'importo della tassa di iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese venne fissato da quest'ultima norma nella stessa misura (L. 500.000) per tutte le società. Con la stessa disposizione si previde il del pagamento di una tassa di concessione governativa (L. 250.000) per l'iscrizione, nello stesso registro, degli "altri" atti sociali. Quest'ultima previsione costituiva una novità, poiché, secondo le disposizioni fino a quel momento in vigore, l'iscrizione di tali atti nel registro delle imprese non comportava alcun ulteriore pagamento del medesimo tributo (da ultimo, art. 4, nota 1, Tariffa approvata con d.m. 20 agosto 1992). -4.2 Nel frattempo la Corte di Giustizia C.E. aveva dichiarato incompatibile con l'art. 10 della direttiva 69/335 l'imposizione di un tributo annuale dovuto in ragione dell'iscrizione della società nel registro il cui ammontare sia privo di qualunque nesso con il costo del servizio concretamente reso, "anche qualora il gettito di tale tributo contribuisca al finanziamento del servizio incaricato della tenuta del registro in cui sono iscritte le società" (sent. 20 aprile G M 10 1993, cause riunite C, 71/91 e C, 178/91). A sostegno della legittimità, dal punto di vista del diritto comunitario, della istituzione del tributo in esame, si era fatto riferimento all'art. 12 della direttiva 69/335, il quale prevede che gli Stati membri possano istituire, in deroga all'art. 10, "diritti di carattere remunerativo". La Corte aveva però replicato che "la distinzione tra i tributi vietati ai sensi dell'art. 10 e i diritti di carattere remunerativo, implica che questi ultimi comprendano soltanto le remunerazioni, riscosse all'atto della remunerazione o annualmente, la cui entità sia calcolata in base al costo del servizio reso", sia pure "forfettariamente", ma pur sempre in termini di ragionevolezza, "prendendo in considerazione il numero e la ... qualifica delle persone addette, il tempo da queste impiegato nonché i diversi costi materiali per il compimento dell'operazione”. Di qui la conclusione che una remunerazione priva di qualunque nesso con il costo del servizio reso, ovvero calcolata in funzione "non del costo dell'operazione di cui ... costituisce il corrispettivo, bensi dell'insieme dei costi di gestione e di investimento del servizio incaricato della detta operazione" cade sotto il divieto sancito dall'art. 10 della direttiva (Corte di Giustizia 20 aprile 1993, in cause riunite C-71/91 e C-178/91, §§ 41-43;2 dicembre 1997, C- G M 11 188/95, §§ 27-30). 4.3 - A sua volta, con sentenza n. 3458 del 12 aprile 1996, emessa a Sezioni Unite, questa Corte ha riconosciuto l'incompatibilità con gli artt. 10 e 12 della direttiva comunitaria della "tassa annuale. richiesta in misura pari a quella dovuta per la prima iscrizione", ponendo in evidenza, in particolare: da un lato, "l'insussistenza dei costi affrontati in sede di rinnovo, allorché nessun altro atto societario deve essere depositato all'ufficio competente"; -dall'altro, che il pagamento del tributo veniva ad aggiungersi a quello dei diritti di cancelleria dovuti all'atto del deposito dei singoli atti e di ogni ispezione del registro. E tale orientamento si è successivamente consolidato (Cass. 18 giugno 1997, n. 5464;12 novembre 1997, n. 11181;10 giugno 1998, n. 5742;9 luglio 1999, n. 7176). 4.4 - La validità di queste conclusioni - contrariamente a quel che mostra di ritenere l'Amministrazione ricorrente - non è venuta meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11 della legge 23 dicembre 1998, n. 448. 4.4.1 Tale disposizione, per la parte che viene in considerazione in questo giudizio, è così formulata: "L'art. 61, primo comma, del Giuseppe 12 decreto legge 30 agosto 1993, n. 331 va interpretato nel senso ... che la tassa sulle concessioni governative per le iscrizioni nel registro delle imprese è dovuta per gli anni 1985, 1986, 1987, * 1988, 1989, 1990, 1991 e 1992, nella misura di lire cinquecentomila per l'iscrizione dell'atto costitutivo e nelle seguenti misure forfetarie annuali per l'iscrizione degli altri atti sociali per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992: a) per le società per azioni e in accomandita per azioni, lire settecentocinquantamila; b) per le società a responsabilità limitata, lire quattrocentomila; c) per le società di altro tipo, lire novantamila.". Il secondo comma dello stesso articolo stabilisce, a sua volta, che le società le quali, negli anni sopra indicati, abbiano corrisposto "la tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese e quella annuale possono ottenere il rimborso della differenza fra le somme versate e quelle dovute a norma del precedente comma 1", sempre che abbiano presentato istanza di rimborso nei termini previsti dall'art. 13, secondo comma del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641. 4.4.2 La formulazione di questa disposizione non è certo felice,- come è stato sottolineato in altra occasione anche da questa Corte G M 13 (Cass. 30 marzo 1999, n. 3097;9 luglio 1999, n. 7176), Si è tuttavia consolidata l'opinione che con il citato art. 11 della legge 448/98, solo apparentemente di natura interpretativa, il legislatore sia intervenuto: per imporre retroattivamente, dal 1985 al 1992, il pagamento di una tassa di concessione governativa per l'iscrizione nel registro delle imprese degli atti societari diversi dall'atto costitutivo, che secondo le disposizioni vigenti in detto periodo non era prescritto e che è stato imposto, a partire dal 1993, dall'art. 61, d.l. 30 agosto 1993, n. 331 (retro, § 4.1); per rideterminare retroattivamente, sempre in relazione allo stesso periodo, l'ammontare della tassa di concessione governativa dovuta per l'iscrizione dell'atto costitutivo, fissandolo in L. 500.000, indipendentemente dalla forma giuridica della società, vale a dire in misura identica a quella stabilita, a far data dal 1993, dal citato art. 61, d.l. 331/93, ma (sensibilmente) inferiore a quella dovuta, al momento dell'iscrizione nel registro, secondo le norme in vigore prima della emanazione di quest'ultima disposizione (retro, § 4.1) L'Amministrazione ricorrente, richiamandosi al secondo comma del citato art. 11 della legge n. 448/98, chiede che dalle somme da G M 1 rimborsare siano "detratte" quelle dovute per l'iscrizione dell'atto costitutivo e degli altri atti sociali, nella misura stabilita dal primo comma dello stesso articolo. 4.5 La richiesta, per la parte in cui è riferita alla "tassa" prevista per l'iscrizione dell'atto costitutivo, è chiaramente inammissibile. Invero, il secondo comma dell'art. 11, legge 448/98 contempla distintamente sia il rimborso della tassa "di iscrizione" che quello della tassa "annuale": della tassa, cioè, che, fino a tutto il 1992, era prevista per il "mantenimento" dell'iscrizione negli anni successivi a quello in cui era stato iscritto l'atto costitutivo. Come si è già posto in evidenza, in base alle norme in vigore fino a tale data, il pagamento della tassa d'iscrizione dell'atto costitutivo e di quella annuale "copriva" anche l'iscrizione nel registro degli atti sociali posti in essere dopo la costituzione della società che, infatti, alcun ulteriore pagamento della tassa innon comportava questione (retro, § 4.1). Ne consegue, che la richiesta di rimborso della tassa d'iscrizione genericamente menzionata dal secondo comma del citato art. 11, legge 448/98, può, allo stato, riguardare unicamente la tassa d'iscrizione dell'atto costitutivo, il cui pagamento, nel periodo considerato, era distintamente previsto da quella annuale e il cui G M 15 ammontare è stato successivamente rideterminato da detta disposizione. E' evidente, poi, che la pretesa dell'Amministrazione finanziaria di portare in detrazione i nuovi importi della tassa d'iscrizione è necessariamente correlata ad una richiesta di rimborso della medesima tassa avanzata dall'impresa interessata, essendo l'altra (quella "annuale") radicalmente diversa nei suoi presupposti e nei suoi contenuti. Ma una domanda siffatta non è stata formulata dalla s.p.a. Gruppo Frati nel presente giudizio. Ne deriva che la richiesta di deduzione di una somma corrispondente all'importo della tassa di iscrizione dell'atto costitutivo stabilito dall'art. 11, legge 448/98 non può essere presa in considerazione in questa sede, perché totalmente estranea alle domande formulate nelle fasi di merito. Il che dispensa dall'osservare che, comunque, la società ricorrente ha, con ogni probabilità, già versato per l'iscrizione del proprio atto costitutivo una somma ben superiore a quella stabilita dalla norma da ultimo ricordata (v. retro, § 4.1). - La pretesa dell'Amministrazione finanziaria non appare 4.6 meritevole di accoglimento neppure sotto l'altro profilo, che attiene alla detraibilità, dall'importo complessivo delle somme versate in G M 16 pagamento della tassa annuale secondo le norme vigenti negli anni 1985-1992 e da rimborsare perché oggetto di un'imposizione incompatibile con il diritto comunitario (retro, § 4.1), delle somme dovute, in base a quanto stabilito (retroattivamente) dal citato art. 11, legge 448/98, per l'iscrizione, nello stesso periodo, di atti sociali diversi dall'atto costitutivo. I presupposti di applicazione dei due tributi non coincidono. Infatti, mentre la prima era dovuta per il mero mantenimento dell'iscrizione della società nel registro delle imprese negli anni successivi a quello in cui era stata effettuata l'iscrizione dell'atto costitutivo, la seconda come è stato esplicitamente riconosciuto ->> dal Governo della Repubblica nei giudizi riuniti C-216/99 e C- 222/99 innanzi alla Corte di Giustizia CE trova il suo necessario presupposto nell'iscrizione, nell'anno considerato, di (almeno) un atto sociale diverso dall'atto costitutivo (Corte di Giustizia, 10 settembre 2002, cit., § 42). Essi possono essere tuttavia assimilati, essendo entrambi, sia pure nella diversità dei loro presupposti, riferiti al periodo successivo all'iscrizione dell'atto costitutivo nel registro delle imprese. E questo spiega perché il legislatore abbia disposto, con il secondo comma dell'art. 11, legge n. 448/98, che le somme dovute in pagamento del secondo tributo debbano essere G M 17 dedotte da quelle dovute in restituzione dall'Amministrazione finanziaria per l'indebito versamento della tassa annuale. L'accoglimento della richiesta formulata a quest'ultimo riguardo dall'Amministrazione ricorrente presuppone il riconoscimento della compatibilità, con l'art. 10 della direttiva CEE n. 69/335, della (nuova) tassa introdotta per il periodoretroattivamente, considerato, dal citato art. 11 (retro, § 4.1). Compatibilità, a sua volta, subordinata alla possibilità di annoverare detto tributo tra i "diritti remunerativi" che, a norma dell'art. 12 della citata direttiva, gli Stati membri possono istituire in deroga all'art. 10 della stessa direttiva. 4.7 Al riguardo, secondo la giurisprudenza della Corte, occorre distinguere, a seconda che l'impresa interessata possa (o meno) ancora "esigere la restituzione delle tasse di concessione già versate tra il 1985 e il 1992 " (Corte di Giustizia CE, 10 settembre 2002, cit., §§ 52-57). Se la richiesta di rimborso non è più possibile, per l'inutile decorso del termine (triennale) di decadenza stabilito dall'art. 13 del d.p.r. n. 641/72, le somme a suo tempo riscosse dall'Amministrazione finanziaria a titolo di tassa annuale non dovranno essere più rimborsate. E deve pertanto escludersi, per tale assorbente ragione, G M 18 che il nuovo tributo possa essere considerato, nel caso concreto, come "remuneratoria", dal momento che l'altro tributo, come si è già detto, era diretta a "coprire" (anche) i costi di iscrizione degli atti posti in essere dopo la costituzione della società (retro, § 4.1). Negli altri casi la tassa può essere riconosciuta come "remuneratoria" solo se il suo ammontare è stato determinato, anche se forfettariamente, "in base al costo del servizio reso" (Corte di Giustizia CE 20 aprile 1993, cit.;2 dicembre 1997, cit.;10 settembre 2002, cit.). Il che non esclude che possano essere riscossi più "diritti" per uno stesso servizio, sempre che, tuttavia, il loro importo complessivo non superi il costo di detto servizio (Corte di giustizia CE 10 settembre 2002, cit.). In tal caso, pertanto, la determinazione dell'ammontare di ciascun singolo tributo dovrà essere effettuata tenendo conto degli altri tributi "parallelamente" riscossi per la medesima finalità. 4.7.1 Orbene, l'ammontare della tassa (retroattivamente) introdotta con l'art. 11, legge 448/98, per l'iscrizione, nel registro delle imprese, degli atti diversi dall'atto costitutivo "per ciascuno degli anni dal 1985 al 1992" è stato stabilito dal legislatore in modo del tutto astratto e generico. Invero, né dalla relazione del disegno di legge originario (Atto C. n. G M 19 5267, XIII legislatura), né dagli atti parlamentari risulta che esso sia stato determinato, sia pure forfettariamente, "in funzione dei costi dell'operazione" (Cass. 9 luglio 1999, n. 7176;28 novembre 2001, n. 15081). Tali elementi avrebbero dovuto, invece, essere attentamente considerati, posto: - che in quegli anni, non essendo stato ancora concretamente istituito il registro delle imprese, venivano riscossi, per quello stesso servizio, anche i diritti di cancelleria; che, in quello medesimo periodo, anche la tassa d'iscrizione dell'atto costitutivo (il cui ammontare, proprio in quegli anni, era progressivamente e notevolmente elevato: v. retro, § 4.1) era, sia pur parzialmente, destinata, anche alla "copertura" dei costi d'iscrizione degli atti sociali posti in essere dopo la costituzione della società (retro, § 4.1); che le somme versate a quest'ultimo titolo dalle società ben difficilmente avrebbero potuto essere ripetute, data la brevità del termine di decadenza stabilito dall'art. 13, d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 641. E tanto basta per escludere che al (nuovo) tributo introdotto, con effetto retroattivo, dall'art. 11, legge 448/98 possa essere riconosciuto "carattere remunerativo", ai sensi dell'art. 12, lett. e, Giuseppe Marz 20 della direttiva CEE 339/65. Non vi è quindi dubbio che la disposizione in esame debba essere, per tale parte, disapplicata perché incompatibile con il diritto comunitario. 5- In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente al primo motivo. La sentenza impugnata deve essere conseguentemente cassata entro tali limiti, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze, che si atterrà al principio di diritto formulato nel § 2.1, provvedendo anche alla liquidazione delle spese della presente fase.